100 e lode

 Circolare n.57 Prot.n. AOODGOS 6859
 


Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per l’istruzione
Direzione Generale per gli ordinamenti del sistema nazionale di istruzione e per l’autonomia scolastica
Ufficio VII
Allegati Destinatari
Roma, 18 giugno 2008

 

 

Oggetto: Decreto ministeriale 17 aprile 2008 relativo al programma di promozione delle eccellenze degli studenti delle scuole di istruzione secondaria superiore, statali e paritarie, per l’anno scolastico 2007/2008.

 

Con lettera circolare di questa Amministrazione n. 18 del 28 gennaio 2008, è stato illustrato il quadro generale con cui il legislatore ha inteso definire l’impegno pubblico per promuovere le eccellenze degli studenti dell’istruzione superiore delle scuole statali e paritarie.
In particolare, in attuazione delle legge 11 gennaio 2007, n. 1 (art. 2, comma 1, lett. d) ), è stato emanato il decreto legislativo 29 dicembre 2007, n. 262 che disciplina l’impianto normativo per la realizzazione di un sistema di individuazione e di valorizzazione delle eccellenze degli studenti, ottenute a vario titolo, sulla base dei predetti percorsi di istruzione.
Ai sensi dell’art. 5 del citato decreto legislativo, infatti, prima dell’avvio di ogni anno scolastico, occorre definire, con apposito decreto di natura non regolamentare del Ministro della pubblica istruzione (ora Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca), il programma nazionale delle eccellenze, per fornire alle scuole puntuale informazione sulle iniziative proposte per l’intero anno scolastico. La procedura relativa all’organizzazione per l’individuazione delle eccellenze è, tuttavia, piuttosto complessa in quanto richiede anche il coinvolgimento di soggetti pubblici e privati, ivi compresi regioni ed enti locali, nazionali o comunitari, da accreditare formalmente e con i quali stipulare specifiche intese. L’art. 7 della stessa normativa trova, però, applicazione sin dal corrente anno scolastico 2007/2008.
Per tali motivi, il Ministro pro-tempore, sulla base delle esperienze acquisite, in via sperimentale, nel corso dell’anno scolastico 2006/2007, con proprio decreto del 17 aprile 2008, registrato alla Corte dei Conti il 14 maggio 2008 registro 2 foglio 266, ha definito il programma di individuazione delle eccellenze in specifici ambiti disciplinari dei percorsi di istruzione superiore, al fine di riconoscere i risultati elevati raggiunti dagli studenti nelle relative procedure di confronto per l’anno scolastico 2007/2008.
Una ulteriore eccellenza è stata individuata nella votazione di 100 con l’attribuzione della lode conseguita dagli studenti nell’esame di Stato conclusivo del corso di studi di istruzione superiore dell’anno scolastico 2007/2008.
Si invitano, pertanto, i dirigenti scolastici delle scuole statali e paritarie di istruzione secondaria superiore ad informare i docenti, gli studenti ed i loro genitori sulle iniziative definite dal Ministro, promuovendo la partecipazione dei soggetti interessati alle procedure di eccellenza proposte.
La presente, unitamente al decreto del 17 aprile 2008, è rivolta ai diversi livelli del sistema di istruzione, alle regioni perché ne diano diffusione agli enti locali del proprio territorio, ed è immessa in internet nel sito del Ministero perché altri soggetti pubblici e privati (Associazioni professionali, Enti scientifici, ecc..) ne vengano comunque a conoscenza.
Ciò consentirà di definire anche una rete di comunicazione necessaria a quei soggetti che desiderino interagire con i vari livelli dell’amministrazione scolastica, comprese quindi le Istituzioni scolastiche di istruzione secondaria superiore, statali e paritarie, per promuovere eventuali altre tipologie di eccellenza, che potranno essere riconosciute con provvedimento ministeriale al fine di premiare ulteriori studenti risultati meritevoli.
Con successiva comunicazione saranno fornite indicazioni sulle modalità e i termini di trasmissione alla Scrivente dei nominativi degli studenti risultati meritevoli nelle diverse tipologie di eccellenza individuate col provvedimento del Ministro del 17 aprile 2008.
Inoltre, i nominativi dei predetti studenti, previa acquisizione del loro consenso, saranno inclusi nell’apposito Albo nazionale delle eccellenze pubblicato nel sito dell’INDIRE di Firenze, ora ANSAS, (http://www.indire.it/eccellenze/).
Le risorse finanziarie, destinate al riconoscimento di ogni singola tipologia di eccellenza, saranno inviate alle scuole interessate perché provvedano alla premiazione degli studenti, mediante la scelta autonoma delle varie forme di incentivo previste dall’art. 4 del più volte citato decreto legislativo n. 262 del 2007, previa acquisizione di idonea certificazione.

IL DIRETTORE GENERALE
F.to Mario G. Dutto

Storia

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La Storia locale e le iniziative della Regione

di Francesco Casula

In pieno ottocento a Pietro Martini – uno dei padri della storiografia sarda – intenzionato a introdurre fra gli studenti dell’Isola l’insegnamento della Storia sarda, capitò di sentirsi rispondere dalle autorità governative piemontesi che “ nelle scuole dello Stato debbasi insegnare la storia antica e moderna, non di una provincia ma di tutta la nazione e specialmente d’Italia”.
Tale concezione, da ricondurre a un progetto di omogeneizzazione culturale, la ritroviamo pari pari nelle Leggi sull’istruzione elementare obbligatoria nell’Italia pre e post-unitaria con programmi modulati secondo una logica rigidamente nazional-statale in quanto finalizzati a creare uno “spirito nazionale“. Questo paradigma fu enfatizzato nel periodo fascista, con l’operazione della “ nazionalizzazione” dell’intera storia italiana ma continua anche dopo la guerra.
Oggi finalmente qualcosa inizia a cambiare. Dopo interi secoli di riserve e, spesso, di vera e propria insofferenza nei confronti della “storia locale” si sta superando il paradigma storiografico secondo il quale solo la “storia generale” è degna di essere studiata. Ma programmi e testi scolastici sono ancora impostati secondo una logica rigidamente italocentrica.
Da questo punto di vista sono da salutare con favore le iniziative dell’Assessorato regionale della cultura per celebrare i suoi uomini illustri: come Giovanni Maria Angioy, Giorgio Asproni, Costantino Nivola, Giovanni Spano e altri. Per poter così divulgare, specialmente tra i giovani che – per la gran parte – li ignorano, la storia di coloro che hanno contribuito, per doti morali, intellettuali e artistiche, a tracciare la nostra contemporaneità. Una analoga iniziativa la Regione sarda l’aveva intrapresa finanziando attraverso la legge 26 sulla Lingua e la cultura sarda, la collana editoriale di “Omines e feminas de gabbale” pubblicata dall’Alfa editrice e comprendente le monografie di grandi personaggi sardi come Gramsci e Lussu, Amsicora e Eleonora d’Arborea, Antonio Simon Mossa e Francesco Masala, Tuveri e Marianna Bussalai.
Tutte iniziative lodevoli ma assolutamente insufficienti: all’ordine del giorno oggi vi è infatti la necessità improrogabile di inserire organicamente nei curricula scolastici lo studio della storia sarda: e con essa della lingua e della cultura. Almeno nella misura del 15%, come previsto dalla normativa sull’Autonomia scolastica. La Regione sarda ha il diritto e la facoltà di legiferare in questa direzione: non si capisce che cosa aspetti.

(Pubblicato su Il Sardegna del 15-3-08)


Criminalizzata e ferita ma viva.
di Francesco Casula

Il 14-15 Marzo scorsi, organizzato dal Comune di Quartucciu, dalla Biblioteca comunale e dall’Associazione “Impari po imparai” si è tenuto un interessantissimo Convegno sulla Lingua sarda avente per tema “Il sardo: una lingua per premi letterari e basta”?
All’interrogativo, da parte degli esperti –da Mariella Marras come da Eduardo Blasco Ferrer- sono state date risposte univoche e unanimi sia in merito all’utilità e al ruolo della lingua sarda nell’educazione scolastica, sia rispetto al suo uso sociale.
Da parte mia ho sottolineato come la lingua sarda sia ancora viva e attuale: ne sono tra l’altro testimonianza i cento e più romanzi pubblicati negli ultimi anni in tutte le varianti del Sardo; ma anche i risultati dell’indagine voluta dalla Giunta Regionale e svolta dal Dipartimento universitario di Ricerche economiche e sociali di Cagliari e da quello di Scienza dei linguaggi dell’Ateneo di Sassari secondo cui il 68,4% degli abitanti dell’Isola dichiara di conoscere e parlare una qualche varietà del Sardo.
Una lingua ancora viva pur fortemente ammaccata e ferita da secoli di proibizionismo, censura e di criminalizzazione: a partire dai Savoia e dalle leggi sull’istruzione elementare obbligatoria nell’Italia pre e post unitaria: impostati secondo una logica rigidamente statalista, fino al Fascismo -che proibì il sardo perchè avrebbe messo in pericolo “l’Italianità” dell’Isola!- e allo stesso dopoguerra. Ancora nel 1955 infatti nei programmi elementari si introduce l’esplicito divieto per i maestri di rivolgersi agli scolari in “dialetto”!
E in tempi a noi più vicini, con una nota riservata del Ministero del 13-2-1976 si sollecitavano Presidi e Direttori Didattici “a controllare eventuali attività didattiche-culturali riguardanti l’introduzione della Lingua sarda nelle scuole”. Una precedente nota riservata dello stesso anno del 23-1 della Presidenza del Consiglio dei Ministri aveva addirittura invitato i capi d’Istituto a “schedare“ gli insegnanti!
Oggi fortunatamente le cose iniziano a cambiare: ma l’insegnamento del Sardo e il suo inserimento nei curricula scolastici è ancora lontano: eppure vi sono ormai le leggi –regionali e statali- che non solo lo prevedono ma lo auspicano. E vi è soprattutto il favore dell’opinione pubblica sarda. Risulta infatti dalla indagine su ricordata che il 78,6%, si dichiara d’accordo sull’insegnamento del Sardo a scuola e addirittura l’81,9% vorrebbe che si insegnasse il Sardo insieme all’Italiano e a una lingua straniera.

(Pubblicato su Il Sardegna del 22-3-08)

Cina

La Cina vuole cancellare il Tibet

di Francesco Casula

Riesplode prepotentemente –e drammaticamente- la questione tibetana, come negli anni scorsi quella cecena e kurda. Ovvero la questione di popoli incorporati coattivamente, in genere con le armi, in Stati ufficiali: in quello cinese i Tibetani, in quello russo i Ceceni e i Kurdi, addirittura divisi e sparsi, in vari stati: l’Irak, l’Iran, la Siria, la Turchia ed altri.
E’ perciò riduttivo parlare –come fa gran parte dei media- di generici “diritti umani” violati: di ben altro e di ben più grave si tratta. In Cina è in atto una repressione violenta nei confronti di un’intera nazione, il Tibet, che subisce un “genocidio etnico”, come opportunamente ha sostenuto il Dalai Lama, il leader politico e religioso in esilio in India. I cinesi e i tibetani infatti non sono due semplici varietà provinciali di un medesimo popolo ma sono due popoli diversi. I Tibetani hanno una loro specifica identità etnica, storica, culturale e linguistica che i cinesi non vogliono riconoscere e tanto meno salvaguardare.E non da oggi. La storia del Tibet infatti è sempre stata travagliata: a periodi di indipendenza –come quello ultimo di cui gode dal 1912 al 1951- si alternano epoche in cui diviene un vassallo delle dinastie e/o dei regimi cinesi. E poco importa se imperiali, repubblicani, nazionalfascisti, comunisti. A prescindere dalle forme di governo e dai colori politici lo Stato ufficiale e centralista si dimostra sempre oppressore del Tibet.
A Mao, basta un anno dalla presa del potere a Pechino, per lanciare il suo esercito nell’invasione del Tibet nel 1950. All’inizio l’occupazione militare cinese mostra una certa tolleranza verso le tradizioni locali, compresa la religione. Ma nel 1959 con l’imposizione dell’ateismo di stato divampa la prima ribellione che viene repressa, con il silenzio e l’indifferenza del mondo intero. Dal 1966 al 1975 Il Tibet è vittima della campagna più feroce: i comunisti cinesi uccidono centinaia di migliaia di persone, forse un quinto dell’intera popolazione: mentre il mondo sta a guardare, ancora in silenzio. Arrviamo così all’oggi: alla rivolta iniziata il 10 Marzo che rappresenta l’ultima battaglia anticoloniale, il sussulto di un popolo oppresso dall’impero multietnico dominato dai gerarchi di Pechino. Questa volta c’è qualche timida protesta da parte dell’Occidente e degli USA. Ma c’è da star sicuri che ancora una volta si tratterà di ipocrisia e sui diritti –e la vita- dei popoli martoriati prevarranno le ragioni di Stato e il cinismo del mercato.

(Pubblicato su Il Sardegna del 5-4-08)

Scuola sarda

e5976d86bdf6ad34d17b09dd88916c13.jpgScuola sarda in liquidazione?

 

di Francesco Casula

 

Un vero e proprio tzunami sta per rovesciarsi sulla scuola sarda con un “taglio” per l’anno scolastico 2008-2009 di quasi mille docenti. Il piano di razionalizzazione –così, pudicamente, lo chiama il Ministero della Pubblica Istruzione- previsto dalla Finanziaria nazionale approvata alla fine del  Dicembre scorso, determina infatti all’art. 2 comma 412, precisi e colossali tagli agli organici della scuola sarda: 413 posti in meno nelle elementari; 178 posti in meno nelle medie; 350 posti in meno nelle superiori. La denuncia è di Paolo Maninchedda, capolista al senato nelle prossime elezioni politiche nella lista del PSD’Az, ma nei giorni scorsi era stata la CISL a lanciare il medesimo allarme. Il battagliero consigliere regionale sardista nel sottolineare le ricadute negative soprattutto nel Nuorese e nelle zone più spopolate – perché saranno quelle ad essere maggiormente colpite dalla scure ministeriale- denuncia il fatto che tali tagli sono un bel regalo del Governo Prodi ma segnatamente del Partito democratico. “Un chiaro esempio –scrive-  di come deputati e senatori, per fare carriera nei propri partiti, sono capaci di sacrificare gli interessi della loro regione di provenienza”. Gli effetti di tali tagli, a parte l’occupazione, colpiranno impietosamente la scuola nel suo complesso con l’eliminazione o l’accorpamento di intere classi, con l’inevitabile girandola e trasferimento di docenti, con la rottura della continuità didattica. A detrimento della quantità ma soprattutto della qualità dell’apprendimento e del sapere. Di converso verranno incrementate a dismisura la mortalità e la dispersione scolastica –in cui la Sardegna detiene poco invidiabili primati- che ipocritamente si dice di voler combattere, peraltro spendendo, anche da parte della Regione sarda, somme ingenti. Ma i tagli produrranno effetti ancor più devastanti, a livello sociale oltre che culturale, nei piccoli centri. In questi c’è addirittura il rischio della liquidazione di intere scuole elementari ma soprattutto medie. In molti paesi –del Nuorese ma non solo- scomparirà così l’unico presidio culturale, capace di aggregare i giovani e di offrire loro strumenti di crescita e di emancipazione. Con lo smantellamento della scuola pubblica, molti piccoli centri, ancor più di oggi andrebbero incontro allo spopolamento e all’estinzione. E la Sardegna sarebbe destinata alla progressiva desertificazione antropica, innescando il perverso meccanismo dell’inurbamento e della congestione delle città. (Pubblicato su Il Sardegna del 29-3-08)

Sentenze

Sentenze e programmi in limba

di Francesco Casula

Duas bonas novas pro sa limba sarda e duncas pro totu sos Sardos, eccole: la Corte suprema di Cassazione annulla una condanna perché la sentenza non era scritta in lingua sard, e Radio Sardegna produrrà programmi in Sardo.
Ma andiamo con ordine. Efisio Trincas –sindaco di Cabras e segretario nazionale del PSD’AZ- è imputato di non aver bloccato alcuni lavori a San Giovanni di Sinis, come aveva ordinato la Sovrintendenza ai beni archeologici di Cagliari. Al processo si difende parlando in sardo e pretende, come previsto dalla legge statale sulle Minoranze linguistiche (La 482 del 1999), che la sentenza venga scritta in Limba. Viene condannato ma solo una parte del dispositivo della sentenza viene tradotta in Sardo. Di qui la decisione della Cassazione e la cancellazione della condanna stessa.
La seconda buona notizia attiene all’intesa raggiunta l’11 Aprile scorso, fra la Regione Sardegna e la RAI per la produzione di programmi radiofonici in lingua sarda, in attuazione della stessa legge –la 482- in base alla quale la Cassazione ha annullato la condanna nei confronti di Trincas. L’uso del sardo nei programmi radiofonici inizierà nel mese di Maggio e avrà 30 minuti quotidiani per affrontare, 7 giorni su 7, temi di attualità, cultura, ambiente ecc.
I due eventi sono strettamente legati fra loro: non solo perché basati sull’applicazione della stessa legge dello Stato, ma perché ambedue sono un passo importante nella direzione dell’ufficializzazione della Lingua sarda e del suo uso ufficiale: nei tribunali come nella Rai. A sancire un diritto storico dei Sardi: l’utilizzo della propria lingua, come lingua veicolare, pubblica e non solo “privata” nell’ambito familiare o comunque non ufficiale.
I due “eventi” indicano la direzione giusta della strada verso il Bilinguismo, che occorrerà percorrere fino in fondo, coinvolgendo sia il resto della comunicazione (TV, Giornali, Internet, Pubblicità, Segnaletica, Cartellonistica, Toponomastica) che le altre Istituzioni (Chiesa, Enti Locali, Pubblica Amministrazione, ASL, Caserme). Ma soprattutto la Scuola. Occorre infatti essere consapevoli che il Bilinguismo perfetto e compiuto sarà possibile solo attraverso l’insegnamento del Sardo, come disciplina curriculare, al pari di tutte le altre, nelle scuole di ogni ordine e grado. Diversamente esso sarà solo chiacchiera, flatus vocis. Non si capisce che cosa aspetti la Regione sarda a istituire le cattedre di Lingua e di letteratura sarda: ne ha il diritto e la potestà.

(Pubblicato su Il Sardegna del 19-4-08)

Sa die

Sa die, la rinascita con la Limba.

 

 

di Francesco Casula

 

 

“Firmaisì! E arrazza de brigungia! Arrazza ‘e onori! Sardus, genti de onori! E it’ant a nai de nosus, de totus ! Chi nc’eus bogau s’istrangiu po amori ‘e libertadi ? Nossi, po amori de s’arroba! Lassai stai totu! Non toccheis nudda! Non ddi faeus nudda de sa merda de is istrangius! Chi ddi sa pappint a Torinu cun saludi! A nosus interessat a essi meris in domu nostra! Libertadi, traballu, autonomia!|”

 

   Nella divertente finzione letteraria e teatrale del dramma “Sa dì de s’acciappa”, l’autore Piero Marcialis fa dire così a Francesco Leccis, – beccaio, protagonista della rivolta cagliaritana contro i Piemontesi– rivolgendosi ai popolani che, infuriati volevano assaltare i carri, zeppi di ogni ben di dio, per sottrarre ai dominatori in fuga “s’arroba” che volevano portarsi a Torino.

 

   Ed è questo – a mio parere – il significato profondo, storico e simbolico di Sa Die,  nata con la legge n.44 del 14 Settembre 1993. Con essa la Regione autonoma della Sardegna ha voluto istituire una giornata del popolo sardo, da celebrarsi il 28 Aprile di ogni anno, in ricordo dell’insurrezione popolare del 28 Aprile del 1794, che portò all’espulsione da Cagliari e dall’Isola dei piemontesi ligi alla corte sabauda.

 

Con la cacciata dei Piemontesi da Cagliari i Sardi infatti dopo secoli di rassegnazione, di abitudine a curvare la schiena, di acquiescenza, di obbedienza, hanno un moto di orgoglio e con un colpo di reni reagiscono e si ribellano, in nome dell’Autonomia,  “po essi meris in domu nostra”. 

 

Il messaggio di Sa die è rivolto soprattutto ai giovani e l’occasione storico-culturale è destinata in primis agli studenti perché acquistino consapevolezza di appartenere a una storia e a una civiltà e di ereditare un patrimonio culturale, linguistico, artistico e musicale ricco di risorse da elaborare e confrontare con esperienze e proposte di un mondo più vasto e complesso. In cui, partendo da radici sicure e dotati di robuste ali, possano volare alti, i giovani e non solo.

 

Occorre amaramente constatare che negli ultimi anni SA DIE  è stata di fatto “cancellata”, almeno come grande Festa nazionale dei Sardi, come occasione cioè di incontro e di spettacolo che negli anni novanta ha visto un’entusiastica e diffusa partecipazione popolare. Quest’anno, l’unico dato positivo è che è stata dedicata a sa Limba. Ma non si prevedono iniziative popolari o nelle scuole. Probabilmente ci sarà solo qualche “liturgia ufficiale”, nel chiuso di qualche aula consiliare, riservata a pochi.

 

 

(Pubblicato su Il Sardegna del 26-4-08)

 

Eleonora

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Eleonora adesso sfratta i Savoia.

di Francesco Casula

Continua nei paesi sardi lo sfratto dei Savoia dalla toponomastica: nei giorni scorsi il sindaco di Escalaplano,Vincenzo Demontis, in seguito all’approvazione unanime di una delibera del Consiglio comunale riguardante la cancellazione di Via Savoia e di Via Umberto, ha fatto affiggere le targhe con le nuove vie: al posto di Via Savoia, -la strada principale del paese, lunga quasi tre km, che attraversa l’intero abitato- Corso Sardegna; mentre al posto di Via Umberto, -la tradizionale strada delle processioni religiose che gira intorno alla Chesa- Via Eleonora d’Arborea.
Con “Corso Sardegna” Scalepranu afferma la sua appartenenza e la sua identità mentre con “Via Eleonora d’Arborea” vuole ricordare, sa femina prus famada de totu s’istoria sarda e non solu sarda o italiana. Medas istoricos difatis l’ant paragonada a Santa Giuanna d’Arco, s’eroina franzese de Arles e ateros adderetura a sa zarina Caterina, s’imperatritze de sa Russia a pustis sa morte de su maridu, Pietro il Grande.
Lo scrittore Giuseppe Dessì, ebbe a scrivere che “la Sardegna ha avuto solo due grandi uomini: Eleonora d’Arborea e Grazia Deledda”! A significare la stima e l’ammirazione nei confronti del premio nobel nuorese e della massima protagonista della Sardegna giudicale indipendente, cui regalò quella Costituzione, la Carta De Logu, che rimase in vigore nell’Isola più di 400 anni: promulgata infatti nel 1392, fu estesa a tutta la Sardegna nel 1421 e durò fino al 1827, quando entrò in vigore il Codice feliciano. Anche se –osserva Antonio Pertile, eminente storico del diritto – essa rimase in vigore materialmente più a lungo ancora.
La Carta de Logu infatti, emanata da Eleonora e redatta in lingua sarda, è riconosciuta nella storiografia come uno dei più importanti statuti italiani: tanto che ancora oggi trova spazio nella storia del diritto. Ma c’è di più: essa non è una “costituzione” octroyé, una concessione della grazia sovrana di qualche imperatore o papa, ma l’espressione, anche linguistica, di un’autorità isolana. Persino lo Statuto sardo, ancorchè apprezzabile, è una concessione, in lingua italiana, dell’Assemblea Costituente italiana fatta alla fine del Gennaio del 1948 e successivamente elargita ai sardi.
Una Carta de Logu purtroppo sconosciuta alla grande maggioranza dei sardi. Per rendersene conto basta chiedere, a un giovane che ha studiato diritto nelle scuole superiori e persino a un laureato in giurisprudenza, che cosa conosce della “Costituzione” di Eleonora: nulla o quasi.

(Pubblicato su Il Sardegna del 12-4-08)