Il coraggio di osare: OLLOLAI si autocandida come capitale della cultura per il 2025.

 di Francesco Casula
Ollolai, intende candidarsi a Capitale della Cultura per il 2025. Lo ha annunciato l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Francesco Columbu. A giorni il Comune di Ollolai costituirà il comitato promotore con il coinvolgimento di personalità locali e globali, al fine di trovarsi pronto a rispondere al bando che verrà pubblicato dal ministero competente la prossima primavera. “Ollolai, piccola comunità resiliente caratterizzata da un forte senso di identità ed interazione con la natura – si legge in una nota stampa del Comune – rappresenta la matrice culturale che consentirà di prendere coscienza della forza del modello già esistente all’interno di queste piccole comunità. Resistenti e predisposte ai continui cambiamenti e adattamenti della società”. Dunque una comunità ben ancorata alle proprie radici etono-storiche ed etno-linguistiche ma insieme aperta al mondo e al suo respiro. La comunità di Ollolai è la storica Capitale della Barbagia, (già Curatoria nel Regno giudicale di Arborea), insediata in uno dei cinque territori mondiali definiti “blue zone” per la longevità della popolazione, in un compendio di boschi e fonti, tra i principali polmoni verdi d’Europa, con un allevamento certificato al 100 per cento al benessere degli animali, sede dell’associazione dei gruppi di canto a Tenore e della Federazione della lotta tradizionale sarda S’Istrumpa, espressioni culturali riconducibili al Pastoralismo, riconosciuto dall’Unesco tra i capolavori dell’umanità e comunità che valorizza la propria identità ed allo stesso tempo, anche con visionari progetti di rigenerazione urbana e ri-popolamento, non teme il confronto ed i cambiamenti. L’obiettivo è quello di partecipare alla designazione della Capitale Italiana della Cultura 2025 con un tema preciso e con un programma culturale che coinvolgerà le piccole comunità del mondo che resistono a quello che sembrava inevitabile sino a poco tempo fa: l’inurbamento incontrollato e distruttivo. Il tutto per promuovere un modello culturale resiliente. L’iniziativa di Ollolai che “valorizza la propria identità ed allo stesso tempo, anche con visionari progetti di rigenerazione urbana e ri-popolamento non teme il confronto ed i cambiamenti” è straordinaria: e dunque da sostenere senza riserve. Essa infatti prefigura un processo e un progetto di sviluppo e di futuro non della sola Ollolai ma della Sardegna intera, altro e diverso, rispetto a quelli, devastanti, che rischiano di affermarsi se proseguisse la tendenza, oggi in atto,“dell’inurbamento incontrollato e distruttivo”. Che ridurrebbe la nostra Isola a forma di ciambella: con uno smisurato centro abbandonato, spopolato e desertificato: senza più uno stelo d’erba. Con le comunità di paese, spogliate di tutto (ad iniziare dai Servizi pubblici e dai Presidi culturali, scuole in primis) in morienza. Di contro, con le coste sovrappopolate e ancor più inquinate e devastate dal cemento e dal traffico. Con i sardi ridotti a lavapiatti e camerieri.. Con i giovani senza avvenire e senza progetti. Disoccupati o disterraos. Senza più un orizzonte né un destino comune. Senza sapere dove andare né chi siamo. Girando in un tondo senza un centro: come pecore matte. Una Sardegna ancor più colonizzata e dipendente. Una Sardegna degli speculatori, dei predoni e degli avventurieri economici e finanziari di mezzo mondo, di ogni risma e zenia. Buona solo per ricchi e annoiati vacanzieri, da dilettare e divertire con qualche ballo sardo e bimborimbò da parte di qualche “riserva indiana”, peraltro in via di sparizione. Una Sardegna che si ridurrebbe in tal modo a un territorio anonimo: senza storia e senza radici, senza cultura e senza lingua. Disincarnata e sradicata. Ancor più globalizzata e omologata. Senza identità. Senza popolo. Senza più alcun codice genetico e dunque organismi geneticamente modificati (OGM). Ovvero con individui apolidi. Cloroformizzati e conformisti. Sarebbe un etnocidio: una sciagura e una disfatta etno-culturale e civile, prima ancora che economica e sociale.
 
 
 
 
 
Visualizzato da Francesco Casula alle 10:54