
Il 30 ottobre del 1812 La (tentata) Rivolta (non congiura) di Palabanda

NEOBORBONICO!
di Francesco Casula
Un’accademica cagliaritana mi ha voluto deliziare con un grazioso epiteto: Neoborbonico!
E mi pare giusto e opportuno, da parte sua. Anche in virtù del ruolo che ricopre. Presiede infatti un Ente, di derivazione monarco-fascista, che puntualmente si oppone a qualunque richiesta di cambio delle Vie, decisa dalle Amministrazioni comunali.
Richiesto infatti il parere in merito, dalle Prefetture che devono “autorizzare” per legge “ la denominazione di nuove strade e piazze pubbliche
o il cambiamento di denominazione di strade o piazze pubbliche” l’Istituto della esimia accademica, regolarmente e puntualmente, oppone il suo diniego, il suo NON LICET, perentorio: sempre e comunque.
E i Prefetti si adeguano!
Le mie critiche, rigorose e puntuali a tale Ente, dannoso funesto e liberticida: che viola violenta e comprime regolarmente la sovranità popolare espressa democraticamente dai Comuni; e insieme le posizioni che esprimo nel mio libro “Carlo Felice e i tiranni sabaudi”, devono aver spinto l’accademica a affibbiarmi quell’epiteto.
Non nuovo per la verità.
Tale epiteto fu rivolto infatti anche a una serie di intellettuali e storici che agli inizi degli anni ’70 avevano osato mettere in dubbio le magnifiche sorti e progressive del Risorgimento, compresa la “liberazione” del Sud dai Borboni.
Mi riferisco in modo particolare a Nicola Zitara1, che con alcuni intellettuali fra cui, Anton Carlo e Carlo Capecelatro2 – chiamati “nuovi meridionalisti”, – iniziò una revisione del “vecchio meridionalismo” e dell’intera “Questione meridionale” dissacrando quanto tutti avevano divinizzato: il movimento e il processo, considerato progressivo e progressista del Risorgimento; mettendo in dubbio e contestando la bontà dello Stato unitario, sempre celebrato da chi a destra, a sinistra e al centro aveva sempre ritenuto, che tutto si poteva criticare in Italia ma non l’Italia Unita e i “Savoia Boia”4.
Nel mio saggio sui tiranni sabaudi, anche sulle orme dei “Nuovi meridionalisti”, denuncio e documento “di che lacrime grondi e di che sangue” quell’Unità: con la Sardegna viepiù ridotta a colonia, scuoiata e massacrata dalle tasse, spogliata delle sue risorse minerarie, rasa al suolo nei suoi boschi, deprivata della sua lingua e della sua storia. Con i Meridionali, derubati delle loro risorse, internati nei campi di concentramento e sterminati: moriranno più persone nel Sud, con la brutale guerra di conquista del Piemonte, che durante tutte le “Guerre di Indipendenza”, scriverà Joyce Lussu, la colta e battagliera moglie di Emilio Lussu.
Da queste mie posizioni l’illustre accademica dedurrà che sono Neoborbonico.
Voglio avvertire Erri De Luca, valente giornalista, scrittore e poeta italiano, che recentemente ha scritto: Garibaldi ha invaso Napoli, non l’ha liberata4. Se lo viene a sapere la Nostra, bollerà anche lui di neoborbonismo.
Note Bibliografiche
1.. Nicola Zitara, L’Unità d’Italia. nascita di una colonia, Jaca Book, Milano, 1971; Il proletariato esterno, Jaca Book , Milano, 1972; Memorie di quand’ero italiano, Ed. Città del Sole, Reggio Calabria, 2013.
2.Anton Carlo/Carlo Capecelatro, Contro la Questione Meridionale, Ed. Savelli, Roma 1972.
3. Savoia Boia – l’Italia unita come non ce l’hanno raccontata, è il titolo di un libro di Lorenzo Del Monaco, scrittore e giornalista di valore (per 11 anni è stato presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti).
Il libro è edito da PIEMME, Milano, 2018).
4.In Napòlide e riportato da Unione Mediterranea sulla propria pagina Facebook.
Il Caso Becciu e le due Chiese
1 Ottobre 2020
[Francesco Casula]
Non sono in grado di affermare se il cardinale Becciu abbia commesso dei reati o delle irregolarità: che comunque sarà opportuno accertare con scrupolosità.
E non so neppure in che misura possano essere attribuite direttamente al Presule di Pattada una serie multipla di scelte – sicuramente non commendabili – denunciate dall’Inchiesta dell’Espresso, come l’investimento, da parte della Segreteria di Stato, di ingentissime somme di denaro in fondi speculativi con sede in paradisi fiscali (Lussemburgo,Malta eAsia); la compravendita del palazzo di lusso di Sloane Avenue a Londra; l’opaco rapporto con le Cooperative dei fratelli.
So però che quelle scelte e quei comportamenti sono sintomi segno ed epifania di un certo tipo di “Chiesa”: presenti oggi come ieri. Ma se oggi più di ieri emergono con forza è grazie al Pontificato di Papa Francesco e al cambio di rotta che ha voluto imprimere alla Chiesa cattolica. Di qui lo “scontro” sotterraneo (ma non troppo) con sorde ampie e corpose resistenze alla sua “rivoluzione”. Schematizzando (e necessariamente semplificando) a confrontarsi (o combattersi?) sono due Chiese contrapposte: quella di Bergoglio e quella rappresentata emblematicamente dai “bertoniani”. Insomma la Chiesa dei poveri e la Chiesa “costantiniana”: una dialettica, un confronto, uno scontro che ha attraversato la sua storia millenaria. E che nella storia carsicamente emerge in alcuni periodi, per inabissarsi in altri.
Da quando con l’imperatore Costantino appunto, inizia a mutare “pelle”, DNA: trasformandosi gradatamente, da Chiesa come Comunità di base, povera e solidale, perseguitata e martirizzata, in Chiesa gerarchica, di potere e di dominio: di potere economico e politico. Nel Medioevo al fine di giustificare e “legittimare”, tale potere “temporale”, dei papi e della Chiesa – evidentemente hanno la coda di paglia – gli storici “cristiani” fra l’altro “inventarono” un documento secondo cui l’imperatore Costantino con un decreto avrebbe donato a Papa Silvestro i territori di Roma e del Lazio.
Ci avrebbe poi pensato Lorenzo Valla, umanista brillante e colto, a demistificare e sbugiardare tale falso, tale documento apocrifo, con le armi finissime e scientifiche della filologia, della paleografia e dell’archeologia, con un celebre opuscolo ” De falso credita et ementita Constantini donatione” del 1440. Ma non solo su questo versante muta la Chiesa: nata per annunziare il messaggio evangelico, diventa “altro”: si dota e costruisce un apparato dottrinale e teologico, di norme, precetti, divieti, dogmi, riti, culti: che di fatto tendono a “sostituire” il messaggio originale cristiano o, comunque, lo “declassano” e, talvolta, lo stravolgono.
Il “fedele” è tale più per l’osservanza della “pratica religiosa” e cultuale o della lettera della dottrina, quasi fosse un’ideologia astratta, che per la “pratica etica” e i comportamenti morali. Il Papa gesuita invece si ispira al messaggio evangelico primigenio: dandone l’esempio e iniziando a praticarla, la povertà. Così ai sontuosi appartamenti papali preferisce la modesta foresteria di Santa Marta, dove consuma i pasti insieme agli altri. Di contro la Chiesa “costantiniana” rappresentata in modo esemplarmente paradigmatico da Bertone che – già potente Segretario di Stato – abita in un sontuoso e lussuoso e superaccessoriato attico. Papa Francesco non riduce la communio e la vita stessa della Chiesa alla struttura ecclesiastica e all’estabilishement: anzi.
Di qui la sua apertura agli extracomunitari, ai migranti, alle altre confessioni religiose. Per lui infatti il contenuto della fede non è la gerarchia ma l’evento di Cristo vivente che essa custodisce. E la Chiesa per lui è chiamata a servire tutti gli uomini, segnatamente gli ultimi e quelli che chiama con un lessico molto pregnante, gli scartati, e non solo i fedeli. Il suo servizio non è un mestiere e, ancor meno una carriera, con privilegi ed emolumenti principeschi, come troppo spesso lo è stato nel passato (e lo è ancora) per molti ecclesiastici: che Bergoglio denuncia con reprimende severe.
Per lui è un ministero evangelico e profetico di salvezza che si dispiega nella situazione storica concreta in cui vive e opera, accettando e incrociando il frastuono dell’esistenza, occupandosi degli uomini e delle donne, quali sono, e non solo delle loro anime. Egli non è il capo di una setta religiosa: è il fratello e il padre di tutti, ma soprattutto dei diseredati, dei dannati della terra: anche se, formalmente, non appartengono alla Chiesa.
Di qui la simpatia, l’apertura e il sostegno deciso e convinto alle problematiche ambientali (penso alla recente enciclica Laudato si’) e ai nuovi processi di liberazione, in sintonia con i soggetti emergenti delle trasformazioni sociali: alle donne che pur continuando ad essere discriminate, iniziano ad acquisire potere e ruoli; alle culture e lingue, un tempo distrutte che rivendicano la propria identità; alle comunità indigene che rivendicano le loro visioni del mondo autoctone non soggette alla colonizzazione occidentale; alle comunità contadine che si mobilitano contro il capitalismo selvaggio. A tali aperture si oppone la Chiesa “costantiniana”, di fatto preconciliare, più legata alla religio che alla religiosità, ma soprattutto non disposta a rinunciare ai privilegi di casta e al potere.