CIVICI E INDIPENDENTISTI

CIVICI E INDIPENDENTISTI:

il caso di Gabriele Littera, nuovo sindaco di Serramanna

di Francesco Casula

Non conosco Gabriele Littera, il nuovo sindaco di Serramanna. Ma amici – di cui mi fido ciecamente – me lo descrivono come un eccellente professionista (fra l’altro è stato uno dei fondatori di Sardex) e una gran bella persona. La sua elezione a sindaco della cittadina del Medio Campidano – sbaragliando partiti e Coalizioni italiche – è dunque ben riposta e opportuna. Mi hanno favorevolmente colpito, in una Intervista fattagli dall’Unione Sarda il 13 ottobre scorso, le sue risposte. In modo particolare una, in cui alla domanda:”Sarà un sindaco di centro sinistra” ha risposto:”No, sono un civico con un percorso politico nel mondo dell’indipendentismo”. Una risposta netta e inequivocabile. Absit a me iniuria verbis nei confronti della giornalista che gli ha fatto simil domanda, ma gli è che anche i Media sardi sono impigliati nel luogo comune e nel pregiudizio secondo il quale dovremmo schierarci, comunque, o con il centro-destra o con il centro-sinistra. Rompere la prigione e l’incatenamento rispetto alle formule de Partiti italiani è invece una necessità e un presupposto essenziale per segnare in Sardegna una svolta nella politica indipendentista, per costruire, ad iniziare dai Comuni, un’alternativa “civica” e non di Partito o Partiti. Non limitandosi però ad agitare al vento facili slogan o discorsi puramente ideologici. L’importante sarà fare le cose non limitarsi a denunciarle, sperimentare e non solo predicare, praticare l’obiettivo (ad iniziare dall’ambientalismo sociale), praticare scampoli di indipendenza (a livello economico come sul versante culturale e linguistico: per esempio praticando il bilinguismo) e non aspettare l’ora x in cui l’indipendenza di raggiungerebbe. L’importante è incrociare e coinvolgere la gente, i lavoratori, i giovani, costruendo trame che organizzino e compattino i soggetti sui bisogni, gli interessi, la crescita economica sociale e culturale-identitaria della Comunità, favorendo l’autorganizzazione dei cittadini, il protagonismo sociale, i contropoteri popolari. L’importante è “il fare” più che “il dire”: ma all’interno di una “visione”, una cultura alta e “altra”. Con la valorizzazione e l’esaltazione delle diversità, ovvero delle specifiche “Identità”: certo per aprirsi e guardare al futuro e non per rifugiarsi nostalgicamente in una civiltà che non c’è più; per intraprendere, come Comunità sarda, il recupero della nostra prospettiva esistenziale: la comunità e il comunitarismo e i suoi codici etici basati sulla solidarietà e sul dono, i valori dell’individuo/persona incentrati sulla valentia personale come coraggio e fedeltà alla parola e come via alla felicità. E insieme per percorrere una “via locale” alla prosperità e al benessere e partecipare così, nell’interdipendenza, agli scambi e ai rapporti economici e culturali.

Nuovo Statuto e Indipendenza

 NUOVO STATUTO E INDIPENDENZA

di Francesco Casula

L’ipotesi indipendentista, fino a qualche decennio fa demonizzata e criminalizzata, oggi è entrata prepotentemente nel dibattito politico e nelle più alte sedi istituzionali e. sia pure in modo spesso confuso, sposata con convinzione e “batallata” con generosità da plurimi gruppi e movimenti. Ho però l’impressione che da parte di molti venga solo “agitata” e “propagandata”: con slogan e parole d’ordine astratte; piuttosto che “costruita”, e preparata. Temo cioè che molti pensino all’Indipendenza come a un evento che possa scoccare all’ora x, quasi naturalmente. O che comunque si ottenga con la conquista del Palazzo d’inverno, pardon, di Via Roma: cosa peraltro non proprio facile: se è vero che fin’ora, in Via Roma non siamo riusciti a entrare neppure con un consigliere! Non comprendendo che l’Indipendenza, non è un obiettivo che scatta, totu in unu, in un’ora x o con una maggioranza politica-elettorale (pure necessaria) ma costituisce un processo e un progetto da perseguire e costruire, die pro die, iniziando a praticarne degli “spezzoni” a livello culturale e linguistico, come a livello economico. Ovverossia praticando obiettivi che preparino e siano propedeutici all’indipendenza stessa. In questo senso uno degli obiettivi fondamentali che occorre perseguire, con determinazione è la riscrittura di un nuovo Statuto, come Carta costituzionale della Sardegna, che ricontratti con lo Stato Italiano (e con l’Europa), su basi federali (o ancor meglio confederali) il rapporto fra la Nazione sarda e lo Stato. Sono infatti convinto che lo Statuto attuale serva solo per amministrare la nostra dipendenza (coloniale): a livello economico come a livello culturale e linguistico: E nulla spes possiamo in esso nutrire per il futuro senza una radicale modifica. Pensiamo solo alla questione della lingua: continueremo ad abbaiare alla luna, senza un nuovo Statuto che preveda appunto un preciso articolo di legge, come nello Statuto del Trentino (art.19) o della Valle d’Aosta (art.31), che semplicemente reciti: ” In Sardegna la lingua sarda è parificata a quella italiana. Per i territori di loro pertinenza, sono altresì parificati alla lingua italiana il Gallurese, il Sassarese, il Catalano di Alghero e il Tabarchino”. Senza una modifica-aggiunta di tal fatta continueremo a blaterare di bilinguismo: nel migliore dei casi potremmo affidarci a qualche esperienza – sia pur lodevole – di volontariato o di singole scuole. Solo con un preciso articolo sul bilinguismo nello Statuto potremmo pensare all’insegnamento della lingua sarda come materia curriculare. Altrimenti chiacchiere. Flatus vocis. Ho l’impressione che il Pianeta indipendentista, complessivamente, sottovaluti o, peggio, trascuri del tutto l’importanza della modifica dello Statuto. E’ un gravissimo limite: segno di minoritarismo e di cecità ideologica.