I VOLTAGABBANA
Il fenomeno del trasformismo politico e dei voltagabbana è un fenomeno storico tipicamente italico. Da sempre. Fu praticato già nel Parlamento subalpino nel 1852 con il connubbio Rattazzi-Cavour e ancor più nel nuovo stato unitario con Depretis prima : teorizzato e giustificato oltre che praticato e con Giolitti poi.
Durante il fascismo il ”trasformismo” riguarderà l’intero (o quasi) popolo italiano che diventerà “fascista”. Come poi sarà “antifascista” (tutto o quasi), dopo la caduta del regime.
Ma a livello parlamentare si accentua enormemente nelle ultime tre legislature.
Nella XVI (Governi di Berlusconi e Monti) sono 180 i cambi di casacca.
Nella XVII (Governi di Letta, Renzi e Gentiloni) i voltagabbana sono 324 (il 34,11% dell’intero Parlamento).
Nella XVVIII (quella attuale) i cambi di casacca sono stati 256 (72 nel 2019; 58 nel 2020; 126 nel 2021).
Cui occorrerà aggiungere i voltagabbana grillini di questi giorni: pare 60. Si aggiungerebbero ai 256. E dunque arriverebbero a 316.
Da sottolineare che in tutte e tre legislature molti la “casacca” l’hanno cambiata addirittuta più volte! Per cui i dati che ho riportato si ingrossano smisuratamente!
Non c’è bisogno di commenti.
Solo un interrogativo: ci si continuerà a lamentare per l’astensione, arrivata ormai al 50% e più degli elettori?
L’ISOLA DELLE STORIE a Gavoi: aspetto l’invito di Fois..
Una Repubblica dimezzata
Vittorio Emanuele II : re galantuomo o rozzo beccaio?
Vittorio Emanuele II:
re galantuomo o rozzo beccaio?
di Francesco Casula
La storia sarda, (ma anche quella italiana) così come viene raccontata dai testi scolastici come dai Media in genere, quando non è falsa e falsificata, è una storia agiografica e mistificata. Segnatamente quella riguardante il cosiddetto Risorgimento e l’Unità d’Italia: con i “protagonisti” idolatrati e, cortigianescamente, esaltati. Non a caso, a loro (come ai loro pretoriani e amici) continuano ad essere dedicate, ubiquitariamente, Piazze, Vie, Monumenti, Scuole, Edifici pubblici, di qualsivoglia genere.
A loro vengono affibiati epiteti vezzeggiativi: così Carlo Alberto,è re liberale; Umberto I, re buono: Vittorio Emanuele II, re galantuomo e Padre della Patria.
A proposito di quest’ultimo non sembra essere d’accordo Lorenzo Del Boca*, storico, saggista e per 11 anni Presidente dell’Ordine nazionale dei Giornalisti, piemontese di nascita e di formazione, a dimostrazione che l’onestà intellettuale , rimane tale a qualsisi latitudine e versante geografico venga misurata.
Per Del Boca lungi dall’essere galantuomo sarebbe un rozzo beccaio, alludendo evidentemente al fatto che morto da neonato il “vero” Vittorio Emanuele (in seguito a un incendio che avrebbe ucciso con il bambino la stessa governante), la famiglia reale avrebbe sostituito il neonato con il figlio di un certo Tonca, che di mestiere faceva appunto il macellaio.
A mio parere comunque, non è questo il problema: la critica all’osannato re galantuomo, che la storiografia ufficiale ha usato come un santino esemplare di un processo risorgimentale, deve essere condotta su altri versanti che conduce a un verdetto impietoso: il suo lascito è, per tutta l’Italia e non solo per la Sardegna, radicalmente negativo e, scrive Del Boca, “foriero di mali divenuti endemici”.
Scrive ancora Del Boca:“Vittorio Emanuele II diventò re d’Italia quasi per caso e, certo, senza che lui lo desiderasse davvero. Altri erano i suoi interessi e le sue ambizioni. Gli eroismi – di cui si disse – fu protagonista, furono operazioni di maquillage e di millantato credito costruiti a posteriori, inventati di sana pianta o aggiustati in modo da sembrare onorevoli”.
E prosegue:”Il suo principale impegno si riassumeva nel preoccuparsi dei propri affari disinteressandosi di quelli del governo. I sudditi naturalmente avevano la libertà di pagare le tasse che le ricorrenti “finanziarie” dell’epoca imponevano loro, in modo che lui avesse qualche occasione in più per rovistare nell’erario e prelevare quanto gli seviva. La lista civile a sua disposizione – cioè l’insieme dei beni economici – era la più alta fra i paesi del mondo conosciuto e, facendo un rapporto con il potere d’acquisto, mai eguaglita in nessun tempo. Gli zar costavano meno, costa meno la regina d’Inghilterra e le spese della Casa Bianca sono più modeste. Nel 1867 il suo appannaggio raggiunse la cifra di 16 milioni, pari al 2% del bilancio complessivo dello Stato.
Aveva mantenuto tutti i palazzi di casa savoia, ma rastrellando regioni e cacciando i sovrani che le governavano, acquisì le proprietà di quelle dinastie e le tenne tutte per sé…Calcoli attendibili indicano che i suoi immobili, comprese le tenute di caccia, fossero 343”.
Insomma uno famelico. Come e più dei suoi predecessori: penso in modo particolare a Carlo ferotze.
Ma qui mi fermo. Ci saranno altre puntate, per raccontare – fra l’altro – la corruzione che regnava sovrana nel suo Palazzo: altro che re galantuomo!
*Lorenzo Del Boca, SAVOIA BOIA,Piemme, Milano 2018
La censura neosabadua
TORINO :La censura neosabauda e la proposta (risibile) di “ritoccare il titolo del libro” perché “Tiranni sabaudi” poteva urtare qualche sensibilità” di Francesco Casula
Questi i fatti.
L’associazione dei sardi “Antonio Gramsci” di Torino decide di festeggiare quest’anno Sa Die de sa Sardigna presentando il libro “Carlo Felice e i tiranni sabaudi”.
In largo anticipo rispetto alla data (28 aprile) presenta una richiesta formale per poter utilizzare come location il Museo del Risorgimento, all’interno di Palazzo Carignano. sede storica del primo Parlamento subalpino (1848-1861) e del primo Parlamento del Regno d’Italia (1861-1864).
Per settimane l’Associazione aspetta inutilmente una risposta. Che non arriva.
Arriva invece – dichiara Enzo Cugusi, componente del direttivo dell’Associazione e già Consigliere comunale a Torino – “una richiesta informale di ritoccare il titolo dell’appuntamento perché poteva urtare qualche sensibilità”.
Richiesta risibile e provocatoria che giustamente e opportunamente viene respinta: si doveva cambiare il titolo stesso del libro! E magari il contenuto?
Alla provocazione della richiesta, si aggiunge l’ipocrisia del direttore del Museo del Risorgimento, Ferruccio Martinotti che nega il tutto. “Sono innocente – scherza – e sottoporrò al consiglio del Museo la proposta dell’associazione il 26 aprile e se sarà approvata daremo disponibilità della sala prossimamente”.
Sapendo che la presentazione del libro si farà il 28 aprile e quindi mancherebbero comunque i tempi necessari. Tempi che il Direttore ha avuto a iosa, essendo stata presentata la richiesta più di un mese fa.
Insomma ai neosabaudi torinesi fa paura la stessa parola “tiranni sabaudi”. Ma non si preoccupino: la sentiranno forte e decisa. Perché il libro, a Torino, alla faccia della loro censura, lo presenteremo ugualmente. E invitiamo Sardi, Torinesi e Piemontesi e Italiani a partecipare numerosi.
L’appuntamento è per il 28 aprile nel Municipio (Sala rossa), Palazzo di Città,1 alle ore 16.
Coordinerà i lavori Enzo Cugusi. Presenterà il libro Giuseppe Melis Giordano. Mentre Francesco Caula concluderà.
Tina Cosseddu canterà, accompagnata dalle launeddas di Nicola Diana, alcune ottave dell’Inno “Su patriota sardu a sos feudatarios” e di “Nanneddu meu” de Peppino Mereu.
Connoschere sa limba -Micheli Ladu –
Il coraggio di osare: OLLOLAI si autocandida come capitale della cultura per il 2025.

Violenza sulle Donne
VIOLENZA SULLE DONNE:
Non b’at rivolutzione indipendentista sena rivolutzione culturale natzionale.
Non b’at rivolutzione indipendentista Sena rivolutzione culturale natzionale.
di Francesco Casula
Non b’at indipendenztia sena una cussentzia nazionale meda forte: l’at naradu Elisenda Paluzie, Presidente de s’Assemblea nacional catalana, chi chenapura e sabadu colau, at atobiadu s’Assemblea nazionale sarda (ANS) e sos Partidos e Movimentos indipendentistas. Prus de chimbant’annos sa matessi idea aiat tentu e e su matessi meledu aia fatu Antonio Simon Mossa, su prus mannu teoricu e ideologu del s’indipendentismu sardu modernu. Pro Simon Mossa su sinnu e su simbulu prus craru e prus fungudu de s’identidade natzionale de unu populu est sa limba. Issu difatis ischit bene chi unu populu sena identidade, mesche linguistica e culturale, est destinadu a si-nche morrere: “Se saremmo assorbiti e inglobati nell’etnia dominante e non potremmo salvare la nostra lingua, usi costumi e tradizioni e con essi la nostra civiltà, saremmo inesorabilmente assorbiti e integrati nella cultura italiana e non esisteremo più come popolo sardo. Non avremmo più nulla da dare, più niente da ricevere. Né come individui né tanto meno come comunità sentiremo il legame struggente e profondo con la nostra origine ed allora veramente per la nostra terra non vi sarà più salvezza. Senza Sardi non si fa la Sardegna”. E, semper sighinde, iscriet: “I fenomeni di lacerazionedel tessuto sociale sardo potranno così continuare, senza resistenza da parte dei Sardi, che come tali, più non esisteranno e così si continuerà con l’alienazione etnica, lo spopolamento, l’emarginazione economica. Ma questo discorso è valido nella misura in cui lo fanno proprio tutti i popoli parlanti una propria originale lingua e stanzianti in un territorio omogeneo, costituenti insomma una nazione che sia assoggettata e inglobata in uno Stato nel quale l’etnia dominante parli una lingua diversa” . A cara de custu perigulu e de custu arriscu mannu chi resultat dae su fatu chi sos Sardos sunt disamparende unu de sos elementos prus essentziales de s’Identidade issoro, balet a narrer sa limba materna, Simon Mossa traballat in custu tretu e in cussu prus mannu puru chi pertoccat sa sardidade e duncas s’etnos, cun sos iscritos e umpare cun s’atzione e sa faina politica. S’atividade sua pro sa costrutzione e ricostrutzione de si’Identidade etnonatzionale de sos Sardos, cussiderada dae cada puntu de bista, -amus giai allegadu de cussu architetonicu e artisticu- fiat meda manna mescamente in s’istudiu e in s’avaloramentu de sa limba sarda e de su catalanu de Alighera. Istudiosu de limba e de linguistica meda amantiosu, amento, ma est sceti un assmbru, chi traduit in limba sarda s’Evanzeliu e iscriet otavas bellas e galena, pessat chi su Sardu : “lungi dall’essere un dialetto ridicolo è già, ma in ogni modo può e deve essere una lingua nella misura in cui sia parlato e scritto da un popolo libero e capace di riaffermare la propria identità”. A propositu de custa chistione ponet custa pregunta “Hai mai meditato su ciò che significa l’esclusione della nostra lingua madre dalle materie di insegnamento delle scuole pubbliche e il divieto di farne uso negli atti “ufficiali”? Ci regalano insegnanti di un italiano spesso approssimativo e zeppo di provincialismo e noi non abbiamo il diritto di esprimerci adeguatamente nella nostra lingua! Ci hanno privato del primordiale e più autenticamente strumento di comunicazione fra gli uomini!” . Narat custa cosas in su mese de Triulas de su del 1967 a su Cunvegnu de “Istudios dotrinarios sardistas” a Bosa, medas annos a in antis chi in Sardigna si faeddet de sa Chistione de su “Bilinguismu perfetu”. Pro custu podimus giustamente narrer chi Simon Mossa est istadu su chi at amaniadu e inditadu sas fainas, sas propostas e sas lutas chi in custos urtimos annos si sunt fatas pro otenner una Leze pro su Bilinguismu. Simon Mossa cun ividriu aiat cumpresu chi sa chistione de sa Limba sarda non fiat solu cussa de la faeddare, – mancari sceti a intro de su foghile – ma de l’iscrier e mescamente de l’imparare in sas Iscolas, e de l’impreare in s’Aministratzione publica: in ateras paraulas sa chistione fiat de l’ufitzializzare.
Carlo Felice e i tiranni sabaudi verso la 150° Presentazione (e oltre)
Francesco Casula
Carlo Felice e i tiranni sabaudi: verso la 150° Presentazione (e oltre). L’opera “Carlo Felice e i tiranni sabaudi” si avvia a raggiungere e superare le centocinquanta presentazioni entro il 18 dicembre prossimo. Ecco nello specifico: – La 147° in DESULO il 13 novembre (ore 16, Ex Chiesa di Sant’Antonio abate). Organizzata dall’Amministrazione comunale si svolgerà all’interno del “Premio letterario della montagna” dedicato a MONTANARU”. Con l’Autore dialogheranno Gian Carlo Casula (nipote di Montanaru) e Antonangelo Liori. – La 148° in BONORVA il 20 novembre (ore 17.30, Sala Consiliare, Piazza Santa Maria). Organizza il Partito indipendentista LIBERU, con la collaborazione dell’Associazione “Obiettivo Meilogu”. Presiede e introduce Salvatore Sechi. Interviene il sindaco Massimo D’Agostino. Presenta l’Opera l’Autore Francesco Casula. – La 149° in SERRAMANNA il 3 dicembre (ore 17.30, Aula Consiliare). Organizza l’Amministrazione comunale. Porterà i saluti il neosindaco Gabriele Littera. Presenterà l’Opera Giuseppe Melis Giordano. Concluderà l’Autore. – La 150° in CAGLIARI il 4 dicembre (ore 11, Biblioteca Emilio Lussu a Monteclaro). Organizza la Compagnia teatrale “IL CROGIUOLO”. Presenta l’Opera Giuseppe Melis Giordano. Leggeranno alcuni passi del libro attrici/attori della Compagnia. Concluderà l’Autore. – La 151° in CAGLIARI il 10 dicembre (ore 17.30, Sede nazionale della Confederazione sindacale sarda, Via Ancona 9). Organizza la CSS. Presiede il segretario nazionale del Sindacato sardo Giacomo Meloni. Presenta l’Opera Giuseppe Melis Giordano. Conclude l’Autore. – La 152° in BONNANARO il 18 dicembre (ore 17.30, Biblioteca comunale). Organizza la Biblioteca comunale. Introduce e presiede Antonio Carai. Presenta l’Opera l’Autore Francesco Casula. Breve sintesi dell’Opera Carlo Felice e i tiranni sabaudi: verso la 150° Presentazione (e oltre). L’opera “Carlo Felice e i tiranni sabaudi” si avvia a raggiungere e superare le centocinquanta presentazioni entro il 18 dicembre prossimo. Ecco nello specifico: – La 147° in DESULO il 13 novembre (ore 16, Ex Chiesa di Sant’Antonio abate). Organizzata dall’Amministrazione comunale si svolgerà all’interno del “Premio letterario della montagna” dedicato a MONTANARU”. Con l’Autore dialogheranno Gian Carlo Casula (nipote di Montanaru) e Antonangelo Liori. – La 148° in BONORVA il 20 novembre (ore 17.30, Sala Consiliare, Piazza Santa Maria). Organizza il Partito indipendentista LIBERU, con la collaborazione dell’Associazione “Obiettivo Meilogu”. Presiede e introduce Salvatore Sechi. Interviene il sindaco Massimo D’Agostino. Presenta l’Opera l’Autore Francesco Casula. – La 149° in SERRAMANNA il 3 dicembre (ore 17.30, Aula Consiliare). Organizza l’Amministrazione comunale. Porterà i saluti il neosindaco Gabriele Littera. Presenterà l’Opera Giuseppe Melis Giordano. Concluderà l’Autore. – La 150° in CAGLIARI il 4 dicembre (ore 11, Biblioteca Emilio Lussu a Monteclaro). Organizza la Compagnia teatrale “IL CROGIUOLO”. Presenta l’Opera Giuseppe Melis Giordano. Leggeranno alcuni passi del libro attrici/attori della Compagnia. Concluderà l’Autore. – La 151° in CAGLIARI il 10 dicembre (ore 17.30, Sede nazionale della Confederazione sindacale sarda, Via Ancona 9). Organizza la CSS. Presiede il segretario nazionale del Sindacato sardo Giacomo Meloni. Presenta l’Opera Giuseppe Melis Giordano. Conclude l’Autore. – La 152° in BONNANARO il 18 dicembre (ore 17.30, Biblioteca comunale). Organizza la Biblioteca comunale. Introduce e presiede Antonio Carai. Presenta l’Opera l’Autore Francesco Casula. – Breve sintesi dell’Opera – Il libro “Carlo Felice e i tiranni sabaudi” di Francesco Casula (Edizioni Graficadel Parteolla, 2019). – documenta in modo rigoroso la politica dei Savoia, sia come sovrani del regno di Sardegna (1726-1861) che come re d’Italia (1861-1946). – Per quanto riguarda specificamente la nostra Isola, la presenza dei sovrani sabaudi, con le loro funeste scelte (economiche, politiche, culturali) “ritardò lo sviluppo di quasi cinquant’anni, con conseguenze non ancora compiuta¬mente pagate”: a scriverlo è il più grande conoscitore della “Sardegna sabauda”, lo storico Girolamo Sotgiu. – – Carlo Felice in particolare fu il peggiore fra i sovrani sabaudi, da vicerè come da re fu infatti crudele, feroce e sanguinario (in lingua sarda incainadu), famelico, gaudente e ottuso (in lingua sarda tostorrudu). E ancora: Più ottuso e reazionario d’ogni altro principe, oltre che dappocco, gaudente parassita, gretto come la sua amministrazione, lo definisce lo storico sardo Raimondo Carta Raspi. Mentre per un altro storico sardo contemporaneo, Aldo Accardo, – che si basa sulle valutazioni di Pietro Martini – è Un pigro imbecille. – Il volume è rivolto in modo specifico agli studenti ma ha un carattere divulgativo per fare conoscere una storia – o meglio una controstoria – poco nota anche perché assente e/o mistificata e manomessa dalla storia ufficiale. Pensiamo al Risorgimento e all’Unità d’Italia, presentati come espressione delle “magnifiche orti e progressive”, dimenticando i drammi e le tragedie, le lacrime e il sangue, che comportarono, ad iniziare dalla “creazione” della Questione Meridionale ancora oggi più presente che mai, – Il libro vuole anche essere uno strumento di informazione nei confronti delle Comunità sarde e in specie dei Consigli comunali che decidessero di rivedere la toponomastica, ancora abbondantemente popolata dai Savoia, che campeggiano, omaggiati, in Statue, Piazze e Vie. A dispetto delle loro malefatte e persino “infamie” da loro commesse: una per tutte: le leggi razziali.