Polemica su sa Limba

 

La divisione politica della lingua

di Francesco Casula*

Si riaccende la polemica sul Sardo. L’occasione, questa volta, è stata offerta dall’approvazione da parte del Consiglio provinciale di Cagliari di una delibera della Giunta relativa all’adozione della norma campidanese contenuta nel testo ”Arregulas po ortografia, fonetica, sa morfologia e fueddariu de  sa norma campidanesa de sa lingua sarda”,  elaborato dal Comitato scientifico per la norma campidanese del sardo standard. Contro tale delibera è insorto Su comitadu pro sa limba con una durissima nota: “Sacrificare –scrive- come vuol fare la Provincia di Cagliari, l’unità della lingua sarda sull’altare di una campagna elettorale è quanto di peggio la politica potesse immaginare. Ma questo non farà dimenticare che la Provincia di Cagliari ha dovuto
restituire allo Stato, per incapacità di spenderlo, l’intero finanziamento pubblico:  367.000,500 Euro nel 2005; 149.000,250 nel 2006; e 30.000,00 nel 2007, ottenuti con l’impegno di utilizzarli per la tutela e la valorizzazione della lingua sarda e lasciando senza tutela alcuna i cittadini sardofoni della provincia stessa”. Altrettanto dura è la posizione degli Indipendentisti, sia di Sardigna Natzione che dell’IRS, questa volta uniti, che parlano di proposta che “divide arbitrariamente la lingua sarda in due lingue, sfruttando le costruzioni mentali e culturali frutto di decenni di opposizione al processo di rivivificazione della lingua sarda”. Molto critico è anche il senatore del PDL Piergiorgio Massidda che bolla l’iniziativa come “elettoralistica”, e mette sotto accusa soprattutto il presidente Milia che, con la delibera, avrebbe consumato una vendetta nei confronti di Soru, compagno di partito, ma di una corrente rivale. E con qualche ragione. Oggettivamente infatti la scelta di uno standard sardo-campidanese si pone contro sa  Limba Sarda Comuna, fortemente voluta da Soru e adottata sperimentalmente dalla Regione con delibera della  Giunta del 18 aprile 2006 (Limba Sarda Comuna. Adozione delle norme di riferimento a carattere sperimentale per la lingua scritta in uscita dell’Amministrazione regionale) come lingua ufficiale per gli atti e i documenti emessi dalla Regione Sardegna. Sia come sia, la scelta della Provincia di Cagliari rappresenta un ulteriore elemento di divisione, un evento sciagurato per il futuro della lingua sarda e un ostacolo per il bilinguismo perfetto.

*storico

(Pubblicato su Il Sardegna del 30-3-10)

 

 

 

Il Sardo a scuola

I sardi senza lingua. Sradicati. E quindi poveri.

header_logo_usSu questa stessa pagina, Matteo Porru il 25 febbraio scorso ha denunciato il fatto che in Sardegna, i diritti dei bambini ad apprendere la propria lingua a scuola, garantiti dalla Convenzione Internazionale dei Diritti dell’Infanzia del 1989, diventata in Italia vera e propria legge dello Stato, sono calpestati.
Nonostante i nuovi programmi della Scuola elementare – e, sia pure ancora in misura insufficiente della scuola media e superiore– raccomandino di portare l’attenzione degli alunni “sull’uomo e la società umana nel tempo e nello spazio, nel passato e nel presente, nella dimensione civile, culturale, economica, sociale, politica e religiosa, per creare interesse intorno all’ambiente di vita del bambino, per accrescere in lui il senso di appartenenza alla comunità e alla propria terra”.
“E’ compito della scuola elementare – si afferma ancora – stimolare e sviluppare nei fanciulli il passaggio dalla cultura vissuta e assorbita direttamente dall’ambiente di vita, alla cultura come ricostruzione intellettuale”.
Ciò significa –per quanto attiene per esempio alla lingua materna– partire da essa per pervenire all’uso della lingua italiana e delle altre lingue, senza drammatiche lacerazioni con la coscienza etnica del contesto culturale vissuto, in un continuo e armonico arricchimento della mente e dell’intelletto, per aprire nuovi e più ampi orizzonti alla formazione e all’istruzione.
La pedagogia moderna più attenta e avveduta infatti ritiene che la lingua materna e i valori alti di cui si alimenta siano i succhi vitali, la linfa, che nutrono e fanno crescere i bambini senza correre il gravissimo pericolo di essere collocati fuori dal tempo e dallo spazio contestuale alla loro vita. Solo essa consente di saldare le valenze e i prodotti propri della sua cultura ai valori di altre culture. Negando la lingua materna, non assecondandola e coltivandola si esercita grave e ingiustificata violenza sui bambini, nuocendo al loro sviluppo e al loro equilibrio psichico. Li si strappa al nucleo familiare di origine e si trasforma in un campo di rovine la loro prima conoscenza del mondo. I bambini infatti –ma il discorso vale anche per i giovani studenti delle medie e delle superiori– se soggetti in ambito scolastico a un processo di sradicamento dalla lingua materna e dalla cultura del proprio ambiente e territorio, diventano e risultano insicuri, impacciati, “poveri” sia culturalmente che linguisticamente.  Francesco Casula

Da L’Unione sarda del 25-3-10)

I 96 anni di Lilliu

La preziosa lezione sarda di Lilliu

di Francesco Casula*

sudIl 14 marzo scorso Giovanni Lilliu ha compiuto 96 anni. Una bella età ma tutti i sardi, ne son certo, gli augurano a chent’annos e prus puru. Per continuare la sua battaglia per la difesa e valorizzazione dell’identità etno-linguistica ed etno-culturale della Sardegna. Una battaglia di lunga data: fin da quando nel 1948 in un articolo suggeriva ai Costituenti sardi di rivendicare per l’Isola competenze primarie ed esclusive almeno per quanto riguardava i “Beni culturali”, dopo gli avvertimenti di Lussu sulla necessità di sancire l’obbligo dell’insegnamento della Lingua sarda nelle scuole in quanto “patrimonio millenario” che occorreva conservare, difendere e valorizzare. La risposta sarà negativa: su tutti i fronti. Lo Statuto sardo nascerà sul crinale esclusivamente “economicistico”. E forse, non sarà un caso che esso brancolerà come un cieco, nel mondo sardo tutto segnato da specificità etnonazionali.. Questa sciagurata scelta Lilliu l’ha ricordata il 21 gennaio 1998 nella relazione, in perfetto sardo-campidanese, con cui introdusse a Bauladu “Il Congresso del popolo sardo”. Ecco cosa scriveva:“Is consultoris sardus hiant stimau chi s’istruzioni e sa cultura, in cussu momentu de recuberamentu materiali de sa Regioni fessint de interessu segundariu e hiant lassau a su Stadu de nci pessai issu esclusivamenti. E poita is Consultoris no hiant bofiu sa cumpetenzia primaria in sa istruzioni, eus a nai sa scola e sa cultura sarda, no figurant in sa lei de su 23 de friaxiu n.3. Aici est nasciu unu statutu sardu zoppu, fundau sceti apitzus de s’economia reali in sa cali, po s’effettu de operai in sa politica de su renascimentu, s’est scaresciu propriu de is valoris idealis e de is concettus po ponniri in movimentu su renascimentu, eus a nai cussu chi est sa basi de sa venganza autonomistica. Valoris is calis, in prus, donant arrexonis e fundamentus perennis a sa spezialidadi de sa Regioni sarda, ch’est verdaderamenti una Regioni-Natzioni: una terra chi tenit fronteras prezisas, unu paisu fisicu e morali chi non assimbilat a aterus, unu populu cun sinnus proprius de etnia, storia, limba, cultura, maneras de si cumportai, de gestus, de pensai is calis calant a fundu in sa vida de dognia dì e balint e operant a totus is livellus de sa sociedadi. Sa repulsa de sa cultura est stetiu su peccau mannu de is consultoris sardus in su ’45”.

*storico
(Pubblicato su Il Sardegna del 23-3-10)

Titolo: Arcipelaghi

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Editore: Ipotesi Cinema Sire
Produzione: Ipotesi Cinema Sire
Data di registrazione: 1999
Comune: Ovodda
Tipologia: film
Argomento: storia e tradizioni
Lingua: italiano, sardo
Sottotitoli: inglese
Descrizione: Un bambino assiste involontariamente a un furto di cavalli in un ovile e viene barbaramente ucciso. Dopo avere inutilmente atteso giustizia, la madre decide di affidare a un altro figlio, anch’esso poco più che un bambino, l’atroce compito di vendicare il fratello durante lo svolgimento di una festa nel paese. I concetti di onore, famiglia, rispetto, omertà, giustizia e vendetta si intrecciano in una Sardegna vigile e silenziosa.

Editore: RAI Sardegna

 

Titolo: Passaggi di Tempo : n. 14
Autore:
Mocco Roberta
Regia: Mocco Roberta
Tecnico audio: Casti Simone, Zurru Davide
Interventi: Columbu Michele, Farenzana Stefano, Granara Nino, Jarzombek Katharina
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Editore: RAI Sardegna
Data di registrazione: 2010/01/31
Data di trasmissione: 2010/01/31
Emittente:
Radio RAI Sardegna
Programma: Passaggi di Tempo
Raccolta: Archivio Rai
Descrizione: Passaggi di tempo è nel 1965: l’isola attende con fiducia i primi frutti del piano di Rinascita. Ma nei paesi dell’interno la miseria è tanta e c’è chi non può aspettare. A Ollolai, il sindaco Michele Columbu chiede interventi straordinari per fronteggiare il malessere ma non ottiene risposta. Decide così di intraprendere la sua personale protesta contro il silenzio delle istituzioni mettendosi in marcia per la Sardegna, a piedi. Il ‘sindaco maratoneta’ diventa il simbolo di una resistenza silenziosa all’indifferenza mostrata dalle autorità. Columbu oggi ha 96 anni e in un’intervista riflette sull’attualità di quella protesta clamorosa, ricorda il suo incontro con Emilio Lussu e ragiona su cosa significhi oggi il concetto di autonomia. Nel 1965, nel Sulcis spira già vento di crisi per le storiche miniere di carbone. Di lì a qualche anno chiuderà i battenti Serbariu. Ci si interroga su quale futuro garantire ai tanti minatori che traggono dal sottosuolo la propria fonte di reddito. Lo sviluppo economico e sociale del territorio è un problema aperto ancora oggi, ché ancora si attende le riconversione a fini turistici e culturali dei vecchi siti dismessi. In un’intervista al commissario straordinario del consorzio del Parco geominerario Nino Granara, Passaggi di Tempo prova a ragionare sul perché, a quasi dieci anni dalla sua istituzione, il Geoparco non abbia centrato l’obiettivo di produrre lo sviluppo promesso. Dalla Germania, l’esempio concreto di come una regione ricca di edifici minerari dismessi abbia saputo conquistare sul campo – attraverso una sapiente opera di riconversione del territorio- il titolo di Capitale europea della cultura. La rubrica del Controgiornale propone “Se qualche volta canta”, riflessione sull’asprezza del vivere sottoterra. Cosa significhi lavorare nel sottosuolo nel 2010, Pdt lo chiede a Stefano Farenzana, giovane ingegnere della Carbosulcis che ogni giorno scende nei pozzi un tempo frequentati da minatori con piccone.

C’è poca Sardegna nella scuola

sudPeppino Loddo, riconfermato segretario regionale della Flc-CGIL nel recente Congresso, propone alla Regione «di aprire con determinazione la vertenza con lo Stato per ottenere il riconoscimento con standard più favorevoli di quelli nazionali, delle specificità della Sardegna in materia di istruzione e di formazione». Individua quindi i capisaldi: organici, edilizia e dispersione scolastica. Si tratta di obiettivi sacrosanti, soprattutto tenendo conto della drammatica crisi della scuola sarda. Ma che sono insufficienti a sciogliere i nodi che la stritolano. Essi infatti sono certo di ordine strutturale, ma non solo: attengono infatti anche – per non dire soprattutto – alla didattica, ai programmi, ai metodi. Certo i nuovi programmi della Scuola elementare – e, sia pure ancora in misura insufficiente, della media e superiore – raccomandano di portare l’attenzione degli alunni “sull’uomo e la società umana nel tempo e nello spazio, nel passato e nel presente, nella dimensione civile, culturale, economica, sociale, politica e religiosa, per creare interesse intorno all’ambiente di vita del bambino, per accrescere in lui il senso di appartenenza alla comunità e alla propria terra”. Ma si tratta di grida manzoniane, chiacchiere, flatus vocis. La realtà è che la scuola italiana in Sardegna è rivolta a un alunno che non c’è: tutt’al più a uno studente metropolitano e nordista. Non a un sardo. È una scuola che con i contesti sociali, ambientali, culturali e linguistici degli studenti non ha niente a che fare. Nella scuola la Sardegna è assente nei programmi, nelle discipline, nei libri di testo. Si studia l’Italia “dalle amate sponde” e “dell’elmo di Scipio”: di Orazio Coclite e Muzio Scevola, fantasie con cui Tito Livio intende mitizzare Roma. Non si studia invece – perché lo storico romano non poteva scriverlo – che i Romani fondevano i bronzetti nuragici per modellare pugnali e corazze; per chiodare giunti metallici nelle volte dei templi; per corazzare i rostri delle navi da guerra. Ma la Sardegna, con le sue vicissitudini storiche, le dominazioni, la sua civiltà e i suoi tesori ambientali, culturali e artistici è del tutto assente: un diplomato sardo e spesso persino un laureato, esce dalla scuola senza sapere nulla dell’architettura nuragica, della Carta De Logu, della Lingua sarda. (Prof. Francesco Casula, Storico)

Da “Il Giornale di Sardegna” del 16/03/2010

ÒMINES E FÈMINAS DE GABBALE

Alfa Editrice –

Con la pubblicazione della monografia su Grazia Dore, l’Alfa editrice di Quartu ha completato la collana “Omines e feminas de gabbale” (Uomini e donne di valore) che comprende 15 volumi  dedicati a personaggi illustri della Sardegna: da Amsicora, eroe della resistenza sarda contro i romani nel 215 a.c. a Eleonora d’Arborea; da Sigismondo Arquer, l’intellettuale cagliaritano condannato dall’Inquisizione, perchè sospettato di eresia, e bruciato nel rogo, a Toledo in Spagna, nel 1570, a Giovanni Maria Angioy, il protagonista della rivoluzione antifeudale sarda di fine Settecento; da Gramsci a Lussu: forse i due Sardi che hanno maggiormente caratterizzato  il ‘900; da Grazia Deledda a Montanaru, il più grande poeta in lingua sarda; dal villacidrese Giuseppe Dessì, a  Francesco Masala, l’indimenticabile autore di “Quelli dalle labbra bianche”; da Giovanni Battista Tuveri, il teorico del federalismo a Egidio Pilia, il primo grande sostenitore dell’Autonomia della Sardegna e a Antonio Simon Mossa, l’architetto algherese studioso delle Minoranze nazionali europee e teorico dell’indipendentismo. Infine a due donne barbaricine: Marianna Bussalai, femminista, antifascista e sardista di Orani e Grazia Dore, poetessa di Olzai, sulle cui liriche Pier Paolo Pasolini espresse giudizi molto lusinghieri. Gli autori dei volumi sono molteplici: Francesco Casula (autore di 11 monografie), Matteo  Porru, Gianfranco Contu, Marcello Tuveri, Tonino Langiu e altri, soprattutto giovani. Sono tutti scritti in Lingua sarda: in Logudorese, Campidanese e anche in Limba sarda comuna, senza traduzione a fronte perché –è scritto in una prefazione- “Ischimus pro esperientzia chi medas bortas cando b’est sa versione in italianu, mescamente pro mandronia, sa tentatzione est de dassare su sardu pro legher solu s’italianu”. Nel recensire la collana Franca Marcialis, docente e scrittrice, ha osservato:”Is librus si podint umperai  beni po sa didatica de su sardu in sa scola: funt iscritus po is giovunus de oi in manera chi issus, conoscendu genti de cabali, pozant conosci sa storia sarda, su chi nosu seus stetius, pozant conosci is arrexinis de sa cultura nosta e dda pozant apreziai de prus”. Mentre per il romanziere Vincenzo Mereu, già direttore didattico, la collana ”offre un contributo inestimabile per la riscoperta e la divulgazione della storia, della cultura e della lingua della Sardegna”.

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ÒMINES E FÈMINAS DE GABBALE

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Formato: cm 21,5 x 29
Pagine: 48 – Brossura – colori
Prezzo: € 10,00 cadauno

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1. Gratzia Deledda de Frantziscu Casula
2. Emiliu Lussu de Matteu Porru
3. Leonora d’Arborea de Frantziscu Casula
4. Antoni Gramsci de Frantziscu Casula / Matteu Porru
5. Antoni Simon Mossa de Frantziscu Casula
6. Franziscu Masala de Matteo Porru / Toninu Langiu
7. Zuanne M. Angioy de Frantziscu Casula / Giuanna Cottu
8. Amsicora de Frantziscu Casula / Matteu Porru
9. Marianna Bussalai de Frantziscu Casula / Giuanna Cottu
10. Giuanni B. Tuveri de Gianfranco Contu / Ivo Murgia
11. Sigismondo Arquer de Frantziscu Casula / Marco Sitzia
12. Giuseppe Dessì de Frantziscu Casula / Veronica Atzei
13. Montanaru de Frantziscu Casula / Joyce Mattu
14. Egidio Pilia de Marcello Tuveri / Ivo Murgia
15. Gratzia Dore de Frantziscu Casula

Presentazione libro

 

Mercoledì 10 marzo 2010 alle ore 18.00 nell’ambito della Manifestazione “Il mercoledì dell’Autore” presso la Biblioteca comunale di Monserrato, in Via Porto Cervo (Angolo di Via Carbonara) verrà presentato il saggio storico di Massimo Pistis

 

RIVOLUZIONARI IN SOTTANA

 

Parteciperà con un proprio intervento prof. Francesco Casula, autore della prefazione.

 

Sintesi

L’eco della Rivoluzione francese risuona in una piccola ma millenaria diocesi del mondo occidentale: siamo ad Ales, in Sardegna, sotto il vescovado di mons. Michele Aymerich, un vescovo spagnolo naturalizzato alle prese coi nuovi padroni dell’isola, i Savoia. La tesi tratta del decennio in cui sono inseriti i cosiddetti “vespri sardi”, dai tentativi di barattare l’isola con altri territori del continente alla cacciata di tutti i piemontesi, dalla repressione alla normalizzazione frutto della naturale subordinazione della classe dirigente locale allo straniero… fino alla svendita della Statualità, perfetta fusione regalata a Carlo Alberto e da questi fatta passare per “concessione”. Un saggio puntuale e divertente, “che offre un arricchimento e un prezioso contributo per la comprensione del movimento antifeudale sardo di fine Settecento e del triennio rivoluzionario in primis”, come il professor Francesco Casula afferma nella brillante prefazione.

 

 

Nucleare? No, grazie!

                               

Verso il referendum sul nucleare

di Francesco Casula*

Sulla ipotesi di costruire una centrale nucleare scoppia il conflitto all’interno del Pdl: il presidente della Regione ribadisce la sua opposizione in occasione di una visita del vice ministro allo Sviluppo economico Urso, a Cagliari per partecipare a un convegno. A fronte del rappresentante del governo, che ha inneggiato alle “magnifiche e progressive sorti” del nucleare, Cappellacci ha sostenuto che in Sardegna non c’è posto per le centrali :”perché la realizzazione di impianti nucleari rappresenterebbe un inaccettabile danno, anche dal punto di vista simbolico, per una terra che affida le sue speranze di sviluppo all’ambiente, al paesaggio ed alla propria identità. Siamo contrari ad una simile ipotesi ed un referendum non farebbe altro che confermare questa volontà”. Ben detto. E al Referendum infatti occorre andare. Fra l’altro è stato già chiesto. Sardigna Natzione ha già depositato nella cancelleria della Corte d’Appello di Cagliari 16.286 firme autenticate e certificate con cui si chiede appunto un referendum consultivo avente per oggetto questo interrogativo:”Sei contrario all’installazione in Sardegna di centrali nucleari e di siti per lo stoccaggio di scorie radioattive da esse residuate o preesistenti ?”. L’Ufficio Regionale Referendum,  dovrà pronunciarsi sulla legittimità della richiesta e sulla validità delle firme. Stabilita la legittimità della richiesta sarà il presidente della regione ad indire il referendum. Se si avesse la volontà politica di farlo, ci sarebbero i tempi per accorparlo alle elezioni provinciali: è questa comunque la volontà di Sardigna Natzione che –in pochi mesi- ha raccolto le firme assieme al comitato NO NUKE e alla CSS. Il pericolo che incombe sulla Sardegna e sui sardi –ha affermato il leader indipendentista Bustianu Cumpostu- è estremamente grave, occorre dare una risposta decisa e adeguata al pericolo. Il popolo sardo ha il diritto ed il dovere di difendere il proprio territorio, le proprie risorse, la propria salute e quella delle generazioni future, nonché di riaffermare la sua esclusiva sovranità sulla Sardegna. Questa volta non sarà sufficiente il normale cerimoniale di opposizione: solo creando un clima di netta e chiara ostilità ambientale verso la proposta nucleare si riuscirà a fermare il business politico-economico che sta dietro la proposta dell’imposizione radioattiva.

*storico

(Pubblicato su Il Sardegna del 6-3-10)