carta costituzionale

Verso una Carta costituzionale della Sardegna

 

 

di Francesco Casula

 

 

Abbandonata -sciaguratamente- l’ipotesi dell’Assemblea Costituente, fallita –miseramente- la legge sulla Consulta, seppellita dai cittadini sardi con il referendum la Statutaria, si riparla della riscrittura dello Statuto.

Sono al lavoro un gruppo di studiosi che fanno riferimento alla Sinistra che ha sostenuto il No al Referendum e i Sardisti,

Intanto il comitato “Firma per la tua Sardegna” -presieduto dal giornalista e scrittore Gianfranco Pintore, autore di pregevoli romanzi in lingua sarda, ricordo per tutti Nurai- ha presentato nelle settimane scorse la bozza del nuovo Statuto, chiamata Carta de logu nova de sa Nazione sarda, che dovrà essere sottoposta alla discussione e alla sottoscrizione dei Sardi. Questo meccanismo consentirà la presentazione di una proposta di legge di iniziativa popolare da sottoporre al Parlamento Italiano per l’approvazione.

Particolarmente interessante è il prologo, in cui si sostiene che la Sardegna è una Nazione con proprio territorio, storia, lingua, cultura, tradizioni, identità e aspirazioni distinte da quelle della Nazione Italiana… per questo gestisce e coltiva in sovranità la propria eredità culturale, materiale e immateriale, in un ordinamento istituzionale nel quale la Regione sarda è dotata di sovranità a titolo eguale a quella dello stato centrale, ripartita consensualmente secondo la presente Costituzione sarda.

Il Comitato della Sinistra come i Sardisti farebbero bene a prendere spunto da tali contenuti, sostanzialmente condivisibili.

 

(Pubblicato su Il Sardegna del 10-1-08)

ca1ed3aeadf5b5a3f66b420176127575.jpg

Sos Gosos

Sos Gosos, le antiche preghiere in Lingua Sarda

 

di Francesco Casula

 

Sos Gosos (in logudorese) o “Goccius/Gogius” (in campidanese) o “Gosus” (un misto fra logudorese e campidanese) sono antichissime composizioni poetiche religiose popolari in Sardo. Il termine deriva dallo spagnolo “Gozo” e dal latino “gaudium” (gioia, godimento) Rispetto alla forma presentano schemi metrici ben definiti. In genere si aprono e si chiudono con una quartina (ripetuta) seguono le strofe (quasi sempre sestine –ma nella tradizione sarda potevano anche essere ottave e quintiglie) Si trattava per lo più di lodi, inni, canti festosi innalzati in occasione delle feste liturgiche o di feste popolari, ma sempre cristiane. Le finalità esplicite erano essenzialmente di natura religiosa, ma alcuni Gosos hanno anche significative valenze letterarie e persino poetiche. E comunque rappresentano veri e propri tesori culturali e linguistici che occorre valorizzare. Ecco alcuni versi tratti da “Is Goccius de Nadali” di un archivio privato.

Celesti Tesoru d’eterna allegria / Dormi fill’ ‘e coru riposa a ninnia /Angelus cantai su fill’ ‘e Maria/Dormi fill’ ‘e coru riposa a ninnia/ Riposa Signori dormi fill’ amau /Su Verbu incarnau fattu Redentori/Po su peccadori patti’ s’ agonia/Dormi fill’ ‘e coru riposa a ninnia-  Giuseppi diciosu ti podi lamai/Podendi mirai su Rei poderosu /Gosa de su gosu chi gosa’ a Maria /Dormi fill’ ‘e coru riposa a ninnia. – Ind’unu portali nasciu è Gesusu/Misterius dusu non c’est uguali/Tra dus animalis e Giuseppi e Maria/Dormi fill’ e coru riposa a ninnia.

 

(Pubblicato su Il Sardegna il 2-1-08)

 

 

Vietata messa in sardo

Vietata la celebrazione della messa in Sardo

 

di Francesco Casula

 

Il 15 Dicembre in una Chiesa di Cagliari, si sarebbe dovuta celebrare la Messa in Sardo. L’iniziativa promossa dalla Fondazione Sardinia –che avrebbe dovuto proseguire ogni Sabato- è stata troncata sul nascere. Infatti, mentre i fedeli nella chiesa strapiena aspettavano l’inizio della cerimonia, Don Cugusi, il celebrante, informa i presenti che il vescovo Mani ha imposto il divieto. Sarebbe stata illegittima secondo le norme canoniche. Si deve celebrare solo in italiano o in latino.

E sia. Qualche riflessione occorre però farla. Perché per intanto sia possibile celebrare ad Alghero la Messa in Catalano e a Cagliari in Sardo no. Perché nel passato, in altre diocesi, si sia egualmente ufficiato in lingua sarda e oggi Mani lo impedisce.

Ma soprattutto –è questo il punto decisivo- al di là dei cavilli, il divieto di celebrare la Messa in sardo, non è forse anticonciliare? Come non ricordare Giovanni XXIII che afferma:”Va affermato nel modo più esplicito che ogni azione diretta a comprimere e soffocare il flusso vitale delle minoranze è grave violazione della giustizia”? O lo stesso Papa Wojtyla in <Slavorum Apostoli>: ”Ogni uomo, ogni nazione, ogni cultura hanno un proprio ruolo da svolgere”? O ancora l’attuale papa che nel 1999, da cardinale, in <Il santo viaggio. Pellegrinaggio e vita cristiana>  scrive:” La Religiosità Popolare è la forma fondamentale della fede. Qui la fede diventa vita, qui discende dalla ragione nel cuore… qui la fede viene radicata nelle profondità dell’anima”?

 

(Pubblicato su Il Sardegna il 21-12-07)

 

Identità

L’Identità nella poesia estemporanea locale

 

di Francesco Casula

 

 

 

 

La poesia sarda improvvisata dopo il periodo buio del fascismo, in cui venne proibita, ha ripreso con forza dopo la guerra. Oggi, pur senza la diffusione degli anni ’50 e ’60, continua ad essere praticata, seguita e studiata. Soprattutto nei paesi. Proprio questo pomeriggio a Seulo si terrà un Incontro, organizzato dall’Associazione culturale “Su Scusorgiu” (Tesoro nascosto) in cui si discuterà dei poeti estemporanei, specie di quelli seulesi: da Giovanni Murgia a Espedito Murgia,  a  Cosimo Murgia.

Con il Convegno l’Associazione, vuole soprattutto rivolgersi ai giovani, offrendo testimonianze di vita della propria comunità, per riscoprire la propria storia e rafforzare la propria identità, arricchendoli di strumenti idonei a contrastare la globalizzazione selvaggia che domina la società moderna e che rischia di far perdere all’individuo la sua specificità.

A tal proposito mi sembra quanto mai attinente quanto scrive il liberal americano Jeremy Rifkin nel suo ultimo libro “La fine del lavoro” : solo riuscendo a costituire comunità locali forti e capaci di autosostenersi sarà possibile battere lo spiazzamento della tecnologia e del mercato globale che minacciano il benessere se non la sopravvivenza del consorzio umano.

Il Convegno sarà introdotto dal Prof. Enzo Murgia, vicepresidente dell’Associazione che affronterà il rapporto fra poesia dotta e poesia estemporanea, cui seguirà la relazione di Don Luca Fadda che parlerà della Lingua sarda nella liturgia, con i Gocios e le Perdicas.

 

(Pubblicato su Il Sardegna del 14-12-07)

 

Incintro istituto gramsci

41e013c620b19e91a942e9e622342b80.jpg

Critica alla modernità e utopia sarda in Spiga

                                                                di Francesco Casula 

di Fra

 

In un Incontro organizzato dall’Istituto “Gramsci”, nei gioni scorsi a Cagliari la psichiatra Nereide Rudas ha presentato l’ultimo saggio di Eliseo Spiga: “La sardità come utopia-note di un cospiratore”.

Questo il suo esordio: “Dopo un pungente e clamoroso panflet politico, “Sardegna, rivolta contro la colonizzazione” e un significativo romanzo “Capezzoli di pietra”, Spiga, uno degli intellettuali sardi più acuti, brillanti e impegnati ritorna, come importante scrittore, con questa sua ultima opera”.

Difficile non condividere il giudizio della Rudas: l’autore di  “La sardità come utopia” intrecciando la narrazione autobiografica con un’analisi acuta e una riflessione cruda e serrata, critica radicalmente la “modernità” e le ideologie che la sottendono, siano essere l’illuminismo e il liberalismo o il marxismo e il comunismo.

Dalla modernità –scrive- non si salta verso altri luoghi. Si affonda nel vuoto. Dall’uomo attualmente superaccessoriato, all’uomo robotizzato, comandato da microcips sensori e mappe satellitari, svuotato di idee e di sentimenti. Dalla società di massa alla società della megalopoli, ossia della meganecropoli. Dalla democrazia all’oligarchia e alla tecnocrazia. Dall’economia della truffa all’economia apertamente criminale. Dalla natura mutilata e avvelenata alla natura disidratata e asfissiata. Dalla guerra preventiva alla guerra definitiva.

Quello che occorre è fare i conti con la nostra tradizione e assumere l’utopia sarda come prospettiva attuale e futura. 

(Pubblicato su Il Sardegna del 18-12-07)

Editore: RAI
Produzione: RAI
Data di registrazione: 1972
Data di pubblicazione: 1972/02/06
Raccolta: Archivio Rai
Tipologia: documentari
Argomento: Letteratura, Storia e tradizioni
Lingua: italiano
Descrizione: Mario Erpichini conduce una trasmissione dedicata alla figura di Antonio Gramsci, soffermandosi in particolare sul periodo trascorso in carcere dal fondatore del Partito Comunista Italiano e sulla fitta corrispondenza di quest’ultimo con i suoi familiari. Scritte nel periodo di detenzione che va dal 1926 al 1937, pubblicate per la prima volta da Einaudi nel 1947, le Lettere dal carcere, opera propedeutica o perlomeno parallela alla lettura dei Quaderni, mostrano un uomo conscio della propria scrittura e del proprio percorso personale che, volendo scrivere qualcosa “für ewig” (per sempre), ovvero qualcosa destinata al futuro e a chi fosse vissuto dopo di lui, appronta una sorta di “Bildungsroman” (romanzo di formazione), “moderno breviario dei laici” secondo Valentino Gerratana, capace di dare voce a una universale idea dell’esistere in quanto “logos”, parola e pensiero della comunità umana.
Note: Le lettere di Gramsci sono lette in studio dall‘attore Stefano Satta Flores

Parco Gennargentu

Il no dei Sardi al Parco statale del Gennargentu

 

di Francesco Casula

 

  • Il Ministro all’Ambiente ripropone il Parco del Gennargentu e divampa nuovamente la polemica. Un documento del Movimento sardo pro territorio parla “di tentativo di riesumare il cadavere del Parco; di un modello di parco che non lascia alcun spazio nè alcuna prospettiva di trasformazione economica e di sviluppo; di statalismo ecologista burocratico e vessatore che ha ucciso intere comunità terrestri e marine, usi secolari, culture materiali profondamente radicate nei territori e nella storia di popolazioni di molte regioni”. E conclude “non siamo più disponibili a sopportare un autentico genocidio sociale, economico e culturale e la libertà dei  sardi non è in vendita”.
  • Certo si può essere d’accordo o meno con la posizione del Movimento pro territorio, ma è indubitabile che che le popolazioni gravitanti sul Gennargentu vivano l’stituzione del Parco statale come delle “nuove chiudende”, come un ulteriore esproprio delle loro terre. Non si capisce diversamente la loro opposizione, peraltro condivisa e spesso organizzata dai rispettivi Consigli comunali e dai Sindaci, a prescindere dal colore politico.
  • All’ottimo Pecoraro Scanio che sta conducendo importanti battaglie di ambientalismo sociale (a favore delle energie alternative e dell’agricoltura biologica, contro gli OGM, il nucleare, etc) suggeriamo sommessamente di archiviare una buona volta il Parco statalista. I sardi non lo vogliono: hanno subito fin troppi sequestri della loro terra, ad iniziare dalle basi e servitù militari.

 

(Pubblicato su Il Sardegna del 12-12-07)

Parco Gennargentu

Il no dei Sardi al Parco statale del Gennargentu

 

di Francesco Casula

 

  • Il Ministro all’Ambiente ripropone il Parco del Gennargentu e divampa nuovamente la polemica. Un documento del Movimento sardo pro territorio parla “di tentativo di riesumare il cadavere del Parco; di un modello di parco che non lascia alcun spazio nè alcuna prospettiva di trasformazione economica e di sviluppo; di statalismo ecologista burocratico e vessatore che ha ucciso intere comunità terrestri e marine, usi secolari, culture materiali profondamente radicate nei territori e nella storia di popolazioni di molte regioni”. E conclude “non siamo più disponibili a sopportare un autentico genocidio sociale, economico e culturale e la libertà dei  sardi non è in vendita”.
  • Certo si può essere d’accordo o meno con la posizione del Movimento pro territorio, ma è indubitabile che che le popolazioni gravitanti sul Gennargentu vivano l’stituzione del Parco statale come delle “nuove chiudende”, come un ulteriore esproprio delle loro terre. Non si capisce diversamente la loro opposizione, peraltro condivisa e spesso organizzata dai rispettivi Consigli comunali e dai Sindaci, a prescindere dal colore politico.
  • All’ottimo Pecoraro Scanio che sta conducendo importanti battaglie di ambientalismo sociale (a favore delle energie alternative e dell’agricoltura biologica, contro gli OGM, il nucleare, etc) suggeriamo sommessamente di archiviare una buona volta il Parco statalista. I sardi non lo vogliono: hanno subito fin troppi sequestri della loro terra, ad iniziare dalle basi e servitù militari.

 

(Pubblicato su Il Sardegna del 12-12-07)

Antonio Gramsci


 

   

e76a92c7d3cf854c2c5664100d1ab004.jpg

Cun sa Sardigna, cun sa genti e cun is logus suus, Antoni Gramsci no iat pèrdiu mai sa relatzioni: ma non sceti –comenti contant is Lìtteras suas scrittas in presoni- po s’affettu e po sa stima. Is regordus de sa pitzinnia e de sa primu gioventudi passadas in Ghilarza e in Casteddu candu studiàt in su Liceu “Dettori”, (1908-1911) fiant aturaus sempri fissus in sa memoria sua po cantu issu iat bìviu e dd’iant agiudau a si fai òmini de grandu dinnidadi. Ddi iant permìttiu puru de si fai unu caràtteri forti e corriatzu, s’ùnicu mèdiu, po issu, de fai fronti a is difficurtadis de sa vida sua turmentada e de ddas bìnciri : bastat a pensai, primu de totu, a su pesu de sa galera. Cussus regordus, dì po dì, iant donau a Gramsci is ideas po sighiri a pensai e po iscriri coment’e filòsofu e coment’e polìticu. De custas sufferèntzias, Gramsci iat chistionau meda e non pagu in un’artìculu de su 16 de abrili de su 1919, scrittu in s’ Avanti imprentau in Piemonte. Cuss’artìculu, intitulau I dolori della sa Sardegna, regordat totu su chi…
… iat nau:“nell’ultimo congresso sardo tenuto a Roma, un generale sardo: che cioè nel cinquantennio 1860-1910 lo Stato italiano, nel quale hanno sempre predominato la borghesia e la nobiltà piemontese, ha prelevato dai contadini e pastori sardi 500 milioni di lire che ha regalato alla classe dirigente non sarda. Perché –aggiungeva- è proibito ricordare, che nello Stato italiano, la Sardegna dei contadini e dei pastori e degli artigiani è trattata peggio della colonia eritrea in quanto lo stato <spende> per l’Eritrea, mentre sfrutta la Sardegna, prelevandovi un tributo imperiale”.
E non sunt cosas de nudda. Pròpiu in su Cungressu chi narat Gramsci, Enricu Carboni-Boy, deputau de su Parlamentu, iat demostrau cun un’appòsita relata ca is tassas fattas pagai in Sardigna coment’e prelievo fiscale fiant esageradas non sceti po totu su chi sa Sardigna podiat prodùsiri, ma po su rèdditu effettivu de is abitantis suus. “Il balzello finiat aici po paralizzare ogni forza produttiva e ogni risparmio”. De fattu, po effettu de cussu regimi fiscali, un’abitanti de sa Sardigna versàt a su Stadu 3,53 francus de impostas e resultàt, duncas, “gravato come quasi e anche di più sosteneva il Carboni-Boy – di quello di regioni ricchissime” coment’e su Piemonte (3,78 francus), su Lazio (3,56 francus) e sa Toscana (2,66 francus). Sempri Gramsci, su 14 de abrili de su 1919, in un’àteru artìculu intitulau a posta La Brigata Sassari e pubricau in l’Avanti! de su Piemonte, iat chistionau de isfruttamentu coloniali de sa borghesia de Torino in Sardigna. “Non siamo –narat s’istoricu sardu Federico Francioni- di fronte all’uso di una parola ad effetto, in quanto Gramsci dimostra di essere convinto dell’esistenza di un colonialismo esercitato ai danni dell’Isola” “Colonia, colonialismo –sighit Francioni- ecco due termini, potremmo dire quasi due parolacce che gli storici, gli intellettuali sardi, fatte poche, pochissime eccezioni, hanno sempre cercato di rimuovere, come dire di esorcizzare” E de colonialismu si trattàt, comenti si trattat ancora, oi in dì? -cun sa fura de su capitali verdaderu chi sa Sardigna teniat, primu de totu cun su sfruttamentu de is minieras e cun sa destrutzioni de is forestas sardas; -cun s’impositzioni de tassas esageradas e isproportzionadas chi s’abogau Carboni- Boy, in sa relata cosa sua in su Cungressu de is sardus in Roma, iat postu in craru, cun documentus pretzisus; -cun sa polìtica doganali –a pustis de su refudu de accordus cummertzialis cun sa Frantza- chi iat proibiu de fattu, a totus is produttus de sa traditzioni sarda, de èssiri presentis in is mercaus foras de sa Sardigna; -cun su disterru de is operàjus sardus –sa fortza chi podiat prodùsiri ricchesa vera- in America: nd’iat partiu prus de centumila; -cun s’affidamentu de is detzisionis prus importantis e de su poderi –coment’e sempri- a is baronis de Torino: cumentzendi de su Cunsillu de Amministratzioni de is Ferrovias Sardas e de calincuna sotziedadi mineraria aundi –comenti naràt Gramsci- is salarius fiant sustantziosus. :: Frantziscu Casula