Violenza sulle Donne

 

VIOLENZA SULLE DONNE:

Un infame femminicidio savoiardo. Il caso di Ambrogia Soddu.
Fallito il generoso ed eroico tentativo (sfortunato) di liberare la Sardegna dal giogo feudale e dalla tirannia sabauda, si scatenò la repressione savoiarda, crudele e sanguinaria: ad essere colpiti furono innanzitutto due Comunità simbolo della resistenza antifeudale: prima Bono poi Thiesi.
Bono è anche il paese natale di Giovanni Maria Angioy: dunque doppiamente simbolo, da distruggere.
Fra il 18 e il 19 luglio del 1796 nel paese del Goceano arrivano 900 giannizzeri con 4 cannoni, per bombardare, devastare, incendiarlo. A guidare la soldataglia sono tre voltagabbana Ignazio Musso, Nicolò Guiso ed Efisio Pintor: solo due anni prima democratici e seguaci di Giovanni Maria Angioy, passati poi nel campo della reazione e vendutisi per un piatto di lenticchie. Pintor per essere diventato amministratore di un feudo e nel 1807 sarà podatario dei Marchesati di Villacidro, Palmas, Musei ed Orani.
Incendiano le case e devastano il paese. Fortunatamente gli abitanti, avvertiti dai paesi vicini, sono tutti scappati. E’ rimasta solo Ambrogia Maria Soddu di 60 anni, paralitica. Che non è potuta scappare in virtù della sua disabilità. Le strappano le mammelle, la violentano e la uccidono e così, testimoniano i documenti, violenter animam Deo redditit. Una titulia. Una vera e propria infamia.
Persino lo storico ufficiale (e cortigianesco) dei tiranni sabaudi, Giuseppe Manno ebbe a dire:”Non hanno avuto pieà di una povera invalida”.
Oggi Bono non ha Vie o Piazze dedicate ai savoia. Ma neppure a Ambrogia Maria Soddu: sarebbe ora che ne dedicassero a questa loro martire innocente e sfortunata!

Non b’at rivolutzione indipendentista sena rivolutzione culturale natzionale.

Non b’at rivolutzione indipendentista Sena rivolutzione culturale natzionale.

di Francesco Casula

Non b’at indipendenztia sena una cussentzia nazionale meda forte: l’at naradu Elisenda Paluzie, Presidente de s’Assemblea nacional catalana, chi chenapura e sabadu colau, at atobiadu s’Assemblea nazionale sarda (ANS) e sos Partidos e Movimentos indipendentistas. Prus de chimbant’annos sa matessi idea aiat tentu e e su matessi meledu aia fatu Antonio Simon Mossa, su prus mannu teoricu e ideologu del s’indipendentismu sardu modernu. Pro Simon Mossa su sinnu e su simbulu prus craru e prus fungudu de s’identidade natzionale de unu populu est sa limba. Issu difatis ischit bene chi unu populu sena identidade, mesche linguistica e culturale, est destinadu a si-nche morrere: “Se saremmo assorbiti e inglobati nell’etnia dominante e non potremmo salvare la nostra lingua, usi costumi e tradizioni e con essi la nostra civiltà, saremmo inesorabilmente assorbiti e integrati nella cultura italiana e non esisteremo più come popolo sardo. Non avremmo più nulla da dare, più niente da ricevere. Né come individui né tanto meno come comunità sentiremo il legame struggente e profondo con la nostra origine ed allora veramente per la nostra terra non vi sarà più salvezza. Senza Sardi non si fa la Sardegna”. E, semper sighinde, iscriet: “I fenomeni di lacerazionedel tessuto sociale sardo potranno così continuare, senza resistenza da parte dei Sardi, che come tali, più non esisteranno e così si continuerà con l’alienazione etnica, lo spopolamento, l’emarginazione economica. Ma questo discorso è valido nella misura in cui lo fanno proprio tutti i popoli parlanti una propria originale lingua e stanzianti in un territorio omogeneo, costituenti insomma una nazione che sia assoggettata e inglobata in uno Stato nel quale l’etnia dominante parli una lingua diversa” . A cara de custu perigulu e de custu arriscu mannu chi resultat dae su fatu chi sos Sardos sunt disamparende unu de sos elementos prus essentziales de s’Identidade issoro, balet a narrer sa limba materna, Simon Mossa traballat in custu tretu e in cussu prus mannu puru chi pertoccat sa sardidade e duncas s’etnos, cun sos iscritos e umpare cun s’atzione e sa faina politica. S’atividade sua pro sa costrutzione e ricostrutzione de si’Identidade etnonatzionale de sos Sardos, cussiderada dae cada puntu de bista, -amus giai allegadu de cussu architetonicu e artisticu- fiat meda manna mescamente in s’istudiu e in s’avaloramentu de sa limba sarda e de su catalanu de Alighera. Istudiosu de limba e de linguistica meda amantiosu, amento, ma est sceti un assmbru, chi traduit in limba sarda s’Evanzeliu e iscriet otavas bellas e galena, pessat chi su Sardu : “lungi dall’essere un dialetto ridicolo è già, ma in ogni modo può e deve essere una lingua nella misura in cui sia parlato e scritto da un popolo libero e capace di riaffermare la propria identità”. A propositu de custa chistione ponet custa pregunta “Hai mai meditato su ciò che significa l’esclusione della nostra lingua madre dalle materie di insegnamento delle scuole pubbliche e il divieto di farne uso negli atti “ufficiali”? Ci regalano insegnanti di un italiano spesso approssimativo e zeppo di provincialismo e noi non abbiamo il diritto di esprimerci adeguatamente nella nostra lingua! Ci hanno privato del primordiale e più autenticamente strumento di comunicazione fra gli uomini!” . Narat custa cosas in su mese de Triulas de su del 1967 a su Cunvegnu de “Istudios dotrinarios sardistas” a Bosa, medas annos a in antis chi in Sardigna si faeddet de sa Chistione de su “Bilinguismu perfetu”. Pro custu podimus giustamente narrer chi Simon Mossa est istadu su chi at amaniadu e inditadu sas fainas, sas propostas e sas lutas chi in custos urtimos annos si sunt fatas pro otenner una Leze pro su Bilinguismu. Simon Mossa cun ividriu aiat cumpresu chi sa chistione de sa Limba sarda non fiat solu cussa de la faeddare, – mancari sceti a intro de su foghile – ma de l’iscrier e mescamente de l’imparare in sas Iscolas, e de l’impreare in s’Aministratzione publica: in ateras paraulas sa chistione fiat de l’ufitzializzare.

Carlo Felice e i tiranni sabaudi verso la 150° Presentazione (e oltre)

Francesco Casula

Carlo Felice e i tiranni sabaudi: verso la 150° Presentazione (e oltre). L’opera “Carlo Felice e i tiranni sabaudi” si avvia a raggiungere e superare le centocinquanta presentazioni entro il 18 dicembre prossimo. Ecco nello specifico: – La 147° in DESULO il 13 novembre (ore 16, Ex Chiesa di Sant’Antonio abate). Organizzata dall’Amministrazione comunale si svolgerà all’interno del “Premio letterario della montagna” dedicato a MONTANARU”. Con l’Autore dialogheranno Gian Carlo Casula (nipote di Montanaru) e Antonangelo Liori. – La 148° in BONORVA il 20 novembre (ore 17.30, Sala Consiliare, Piazza Santa Maria). Organizza il Partito indipendentista LIBERU, con la collaborazione dell’Associazione “Obiettivo Meilogu”. Presiede e introduce Salvatore Sechi. Interviene il sindaco Massimo D’Agostino. Presenta l’Opera l’Autore Francesco Casula. – La 149° in SERRAMANNA il 3 dicembre (ore 17.30, Aula Consiliare). Organizza l’Amministrazione comunale. Porterà i saluti il neosindaco Gabriele Littera. Presenterà l’Opera Giuseppe Melis Giordano. Concluderà l’Autore. – La 150° in CAGLIARI il 4 dicembre (ore 11, Biblioteca Emilio Lussu a Monteclaro). Organizza la Compagnia teatrale “IL CROGIUOLO”. Presenta l’Opera Giuseppe Melis Giordano. Leggeranno alcuni passi del libro attrici/attori della Compagnia. Concluderà l’Autore. – La 151° in CAGLIARI il 10 dicembre (ore 17.30, Sede nazionale della Confederazione sindacale sarda, Via Ancona 9). Organizza la CSS. Presiede il segretario nazionale del Sindacato sardo Giacomo Meloni. Presenta l’Opera Giuseppe Melis Giordano. Conclude l’Autore. – La 152° in BONNANARO il 18 dicembre (ore 17.30, Biblioteca comunale). Organizza la Biblioteca comunale. Introduce e presiede Antonio Carai. Presenta l’Opera l’Autore Francesco Casula. Breve sintesi dell’Opera Carlo Felice e i tiranni sabaudi: verso la 150° Presentazione (e oltre). L’opera “Carlo Felice e i tiranni sabaudi” si avvia a raggiungere e superare le centocinquanta presentazioni entro il 18 dicembre prossimo. Ecco nello specifico: – La 147° in DESULO il 13 novembre (ore 16, Ex Chiesa di Sant’Antonio abate). Organizzata dall’Amministrazione comunale si svolgerà all’interno del “Premio letterario della montagna” dedicato a MONTANARU”. Con l’Autore dialogheranno Gian Carlo Casula (nipote di Montanaru) e Antonangelo Liori. – La 148° in BONORVA il 20 novembre (ore 17.30, Sala Consiliare, Piazza Santa Maria). Organizza il Partito indipendentista LIBERU, con la collaborazione dell’Associazione “Obiettivo Meilogu”. Presiede e introduce Salvatore Sechi. Interviene il sindaco Massimo D’Agostino. Presenta l’Opera l’Autore Francesco Casula. – La 149° in SERRAMANNA il 3 dicembre (ore 17.30, Aula Consiliare). Organizza l’Amministrazione comunale. Porterà i saluti il neosindaco Gabriele Littera. Presenterà l’Opera Giuseppe Melis Giordano. Concluderà l’Autore. – La 150° in CAGLIARI il 4 dicembre (ore 11, Biblioteca Emilio Lussu a Monteclaro). Organizza la Compagnia teatrale “IL CROGIUOLO”. Presenta l’Opera Giuseppe Melis Giordano. Leggeranno alcuni passi del libro attrici/attori della Compagnia. Concluderà l’Autore. – La 151° in CAGLIARI il 10 dicembre (ore 17.30, Sede nazionale della Confederazione sindacale sarda, Via Ancona 9). Organizza la CSS. Presiede il segretario nazionale del Sindacato sardo Giacomo Meloni. Presenta l’Opera Giuseppe Melis Giordano. Conclude l’Autore. – La 152° in BONNANARO il 18 dicembre (ore 17.30, Biblioteca comunale). Organizza la Biblioteca comunale. Introduce e presiede Antonio Carai. Presenta l’Opera l’Autore Francesco Casula. – Breve sintesi dell’Opera – Il libro “Carlo Felice e i tiranni sabaudi” di Francesco Casula (Edizioni Graficadel Parteolla, 2019). – documenta in modo rigoroso la politica dei Savoia, sia come sovrani del regno di Sardegna (1726-1861) che come re d’Italia (1861-1946). – Per quanto riguarda specificamente la nostra Isola, la presenza dei sovrani sabaudi, con le loro funeste scelte (economiche, politiche, culturali) “ritardò lo sviluppo di quasi cinquant’anni, con conseguenze non ancora compiuta¬mente pagate”: a scriverlo è il più grande conoscitore della “Sardegna sabauda”, lo storico Girolamo Sotgiu. – – Carlo Felice in particolare fu il peggiore fra i sovrani sabaudi, da vicerè come da re fu infatti crudele, feroce e sanguinario (in lingua sarda incainadu), famelico, gaudente e ottuso (in lingua sarda tostorrudu). E ancora: Più ottuso e reazionario d’ogni altro principe, oltre che dappocco, gaudente parassita, gretto come la sua amministrazione, lo definisce lo storico sardo Raimondo Carta Raspi. Mentre per un altro storico sardo contemporaneo, Aldo Accardo, – che si basa sulle valutazioni di Pietro Martini – è Un pigro imbecille. – Il volume è rivolto in modo specifico agli studenti ma ha un carattere divulgativo per fare conoscere una storia – o meglio una controstoria – poco nota anche perché assente e/o mistificata e manomessa dalla storia ufficiale. Pensiamo al Risorgimento e all’Unità d’Italia, presentati come espressione delle “magnifiche orti e progressive”, dimenticando i drammi e le tragedie, le lacrime e il sangue, che comportarono, ad iniziare dalla “creazione” della Questione Meridionale ancora oggi più presente che mai, – Il libro vuole anche essere uno strumento di informazione nei confronti delle Comunità sarde e in specie dei Consigli comunali che decidessero di rivedere la toponomastica, ancora abbondantemente popolata dai Savoia, che campeggiano, omaggiati, in Statue, Piazze e Vie. A dispetto delle loro malefatte e persino “infamie” da loro commesse: una per tutte: le leggi razziali.

NUOVO STATUTO E INDIPENDENZA

NUOVO STATUTO E INDIPENDENZA
di Francesco Casula
L’ipotesi indipendentista, fino a qualche decennio fa demonizzata e criminalizzata, oggi è entrata prepotentemente nel dibattito politico e nelle più alte sedi istituzionali e. sia pure in modo spesso confuso, sposata con convinzione e “batallata” con generosità da plurimi gruppi e movimenti. Ho però l’impressione che da parte di molti venga solo “agitata” e “propagandata”: con slogan e parole d’ordine astratte; piuttosto che “costruita”, e preparata. Temo cioè che molti pensino all’Indipendenza come a un evento che possa scoccare all’ora x, quasi naturalmente. O che comunque si ottenga con la conquista del Palazzo d’inverno, pardon, di Via Roma: cosa peraltro non proprio facile: se è vero che fin’ora, in Via Roma non siamo riusciti a entrare neppure con un consigliere! Non comprendendo che l’Indipendenza, non è un obiettivo che scatta, totu in unu, in un’ora x o con una maggioranza politica-elettorale (pure necessaria) ma costituisce un processo e un progetto da perseguire e costruire, die pro die, iniziando a praticarne degli “spezzoni” a livello culturale e linguistico, come a livello economico. Ovverossia praticando obiettivi che preparino e siano propedeutici all’indipendenza stessa. In questo senso uno degli obiettivi fondamentali che occorre perseguire, con determinazione è la riscrittura di un nuovo Statuto, come Carta costituzionale della Sardegna, che ricontratti con lo Stato Italiano (e con l’Europa), su basi federali (o ancor meglio confederali) il rapporto fra la Nazione sarda e lo Stato. Sono infatti convinto che lo Statuto attuale serva solo per amministrare la nostra dipendenza (coloniale): a livello economico come a livello culturale e linguistico: E nulla spes possiamo in esso nutrire per il futuro senza una radicale modifica. Pensiamo solo alla questione della lingua: continueremo ad abbaiare alla luna, senza un nuovo Statuto che preveda appunto un preciso articolo di legge, come nello Statuto del Trentino (art.19) o della Valle d’Aosta (art.31), che semplicemente reciti: ” In Sardegna la lingua sarda è parificata a quella italiana. Per i territori di loro pertinenza, sono altresì parificati alla lingua italiana il Gallurese, il Sassarese, il Catalano di Alghero e il Tabarchino”. Senza una modifica-aggiunta di tal fatta continueremo a blaterare di bilinguismo: nel migliore dei casi potremmo affidarci a qualche esperienza – sia pur lodevole – di volontariato o di singole scuole. Solo con un preciso articolo sul bilinguismo nello Statuto potremmo pensare all’insegnamento della lingua sarda come materia curriculare. Altrimenti chiacchiere. Flatus vocis. Ho l’impressione che il Pianeta indipendentista, complessivamente, sottovaluti o, peggio, trascuri del tutto l’importanza della modifica dello Statuto. E’ un gravissimo limite: segno di minoritarismo e di cecità ideologica.