Ricordando ancora Eliseo

 

 

 

 

Le utopie del cospiratore Spiga

 di Francesco Casula*

Eliseo Spiga, uno degli intellettuali più lucidi della Sardegna, il 19 Novembre ci ha lasciato. Intellettuale sanguigno, irregolare e disorganico a Partiti e camarille, renitente e utopistico, è stato militante indipendentista, organizzatore di circoli politico-culturali, (come Città e Campagna), giornalista e fondatore dì giornali periodici, (come Nazione sarda e Tempus de Sardinnia)), animatore del movimento per il Bilinguismo, ideatore della Confederazione sindacale sarda (CSS). Nel 1968, già uscito dal  PCI, comincerà ad allontanarsi dalle ideologie della sinistra, nei confronti delle quali svilupperà una polemica costante finita successivamente nel distacco totale. E’ di questo periodo la pubblicazione con lo pseudonimo di Giuliano Cabitza, del saggio “Sardegna, rivolta contro la colonizzazione”, in cui comincia ad affacciare la sua propensione per l’autogoverno comunitario, inteso non soltanto come aspirazione ideale, ma anche come prospettiva politica generale. Questo libro indica che Cabitza compie una svolta culturale definitiva, mai revocata ed anzi sempre più radicalizzata. La Sardegna, infatti, era diventata il centro del suo universo, da cui aveva cacciato la città, il partito, quello comunista e gli altri, il marxismo-leninismo, lo Stato. La Sardegna non gli appariva più un puntino sperduto nel mappamondo, ma gli si ergeva come torre d’osservazione dei problemi del mondo e come oracolo premonitore di possibili destini diversi dell’umanità. Dopo un’intensa e pluridecennale attività pubblicistica, nel 1998 consegna alla stampa un suo romanzo, “Capezzoli di pietra”, Zonza editori. Nel 2000, lo stesso editore pubblica “Manifesto della gioventù eretica e del comunitarismo”, nel quale tenta di interpretare in riferimento alla realtà sarda, i principi e i valori della cultura nuragica comunitarista.

Alla fine del 2006 l’Editrice CUEC cura l’edizione dell’ultimo libro di Spiga col titolo “La sardità come utopia, note di un cospiratore”. In esso l’Autore, si ribella allo sfacelo e alla società alienata della apparente razionalità capitalistica del sistema occidentale, rifiutando le ideologie della modernità quali illuminismo, liberalismo e socialismo e auspicando la ricomposizione dell’unità del genere umano gravemente minacciato dai pericoli insiti nella “crisi dell’età moderna e dell’intera civiltà  prodotta dalla Storia”.

 

*storico

 

(Pubblicato su Il Sardegna del 24-9-09)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Onore e gloria a Eliseo Spiga

 

 

L’Unione sarda Domenica 22 novembre 2009

 

Sardista non allineato, animatore del movimento per il bilinguismo

Addio a Eliseo Spiga un utopista fuori dai recinti

Eliseo Spiga, uno degli intellettuali più lucidi della Sardegna, ci ha lasciati il 19 novembre. Sanguigno, irregolare e disorganico a partiti e camarille, renitente e utopistico, è stato militante etnicista, organizzatore di circoli politico-culturali, (come Città e Campagna), giornalista e fondatore dì giornali periodici, (Nazione sarda e Tempus de Sardinnia), animatore del movimento per il bilinguismo, ideatore della Confederazione sindacale sarda.

Nel 1968, già uscito dal Pci, comincerà ad allontanarsi dalle ideologie della sinistra, nei confronti delle quali svilupperà una polemica costante, finita nel distacco totale. È di questo periodo la pubblicazione, con lo pseudonimo di Giuliano Cabitza, del saggio “Sardegna, rivolta contro la colonizzazione”, in cui comincia ad affacciare la sua propensione per l’autogoverno comunitario, inteso non soltanto come aspirazione ideale, ma anche come prospettiva politica generale. Questo libro indica una svolta culturale definitiva, mai revocata, ed anzi sempre più radicalizzata.
La Sardegna, infatti, era diventata il centro del suo universo, da cui aveva cacciato la città, il partito (quello comunista e gli altri) il marxismo-leninismo, lo Stato. La Sardegna non gli appariva più un puntino sperduto nel mappamondo, ma gli si ergeva come torre d’osservazione dei problemi del mondo, e come oracolo premonitore di possibili destini diversi dell’umanità.
Dopo un’intensa e pluridecennale attività pubblicistica, nel 1998 consegna alla stampa un suo romanzo, “Capezzoli di pietra”, Zonza editori. Nel 2000, lo stesso editore pubblica “Manifesto della gioventù eretica e del comunitarismo”, nel quale tenta di interpretare in riferimento alla realtà sarda, i principi e i valori della cultura nuragica federalista e comunitari sta

Alla fine del 2006 l’Editrice Cuec cura l’edizione dell’ultimo libro di Spiga col titolo “La sardità come utopia, note di un cospiratore”. L’autore si ribella allo sfacelo e alla società alienata della apparente razionalità capitalistica del sistema occidentale, rifiutando le ideologie della modernità quali illuminismo, liberalismo e socialismo, e auspicando la ricomposizione dell’unità del genere umano gravemente minacciato dai pericoli insiti nella «crisi dell’età moderna e dell’intera civiltà prodotta dalla Storia».


FRANCESCO CASULA

 


Ottant’anni da compiere: non è un’età per morire, oggi. Ma l’oggi, inteso come capolinea di un’odiata modernità, piaceva sempre meno a Eliseo Spiga. «L’economia, o meglio quella attività di rapina a cui è stata attribuita la definizione di economia, appare sempre più come una immane e micidiale truffa a cui è difficile scampare. La politica è ormai un terreno impraticabile per chi nutre sentimenti di cittadinanza e rifiuta la sudditanza clientelare», scriveva nel marzo scorso sul blog di Gianfranco Pintore. Cercava nella civiltà dei nuraghi i semi del mondo che sognava di costruire: una società di liberi solidali, capaci di autogoverno. Le sue utopie non gli hanno portato soldi, né incarichi o amici potenti. Forse era davvero un ingenuo fuori dal mondo. Un visionario senza senso pratico. Ma che sollievo, e che onore, veder passare un uomo per il quale l’orizzonte dell’azione politica andava dal Mito della Preistoria al futuro più lontano. E non si fermava alla spartizione dei privilegi, al «pascolo recintato delle oligarchie».


DANIELA PINNA

 

 

Ricordando Eliseo Spiga

 

 

Eliseo Spiga se ne è andato senza poter compiere il suo ottantesimo compleanno. È stato uno degli intellettuali sardi più importanti della nostra contemporaneità autonomista. Dire che fu scomodo, e per questo mai molto amato dal potere con cui entrò in contatto, può sembrare frase fatta, ma non lo è. Basta vedere come sui quotidiani sardi si parla e non si parla della sua morte.
Per chi lo conobbe, questo ricordo può apparire minimalista, chi non lo ha conosciuto penserà impossibile che in una società della comunicazione come la nostra, Eliseo sia passato tanto leggero da non lasciare se non scarse tracce nella coscienza dei nostri contemporanei.
I ricordi, nella immediatezza della sua scomparsa, fanno salti di tempo e di spazio e si comprimono affastellati l’uno sull’altro. La sua militanza nel Pci, l’amicizia con Feltrinelli, il suo “Sardegna, rivolta contro la colonizzazione” scritto sotto lo pseudonimo Giuliano Cabitza, la proposta di legge popolare sul bilinguismo, il Circolo Città-campagna, la nascita di Nazione sarda, la militanza nel Partito sardo d’azione, la fondazione della Confederazione sindacale sarda, le decine di interventi con articoli, opuscoli, manifesti di alta cultura politica come quello “della gioventù eretica”. E quindi, da grande, lo splendido romanzo “Capezzoli di pietra” e lo straordinario “La sardità come utopia. Note di un cospiratore”.
Uno legge questo libro e s’immagina un saggio etnologico, antropologico e politico, quasi un dossier sulla Sardegna e si trova davanti a un grande romanzo sul nuragismo e non solo. Non capita spesso leggere e riflettere su un libro, in questi anni in cui troppi sono gli scrittori che narrano non la Sardegna che c’è, quanto piuttosto quella che fuori di essa si immagina reale. Guide indiane, mescaleros che prendono per mano i soldati del re lungo i sentieri dei salti sardi. Per compensare questo servizio, i soldati del re, a volta mascherati da sindaci, a volta da partito di riferimento, li portano in giro per paesi e per città a raccontare ai sardi quanto arcaica sia la sardità, quanto obsoleta sia e inutile la lingua sarda, come sia giusto che il progresso l’abbia vinta sull’identità.
Eliseo, in questo romanzo-saggio e saggio-romanzo, parte dal contrario. Dalla sardità come valore grande della Sardegna, dalla balentia come concetto del mondo e della vita. Naturalmente, i soldati del re non hanno mai portato libro e autore a sedere nei salotti buoni della “Cultura che conta”.
Secondo quanto scrive, le classi dirigenti sarde hanno una “percezione autonoma” assai scarsa. E cita come esempi l’opposizione fatta, quando era segretario della Confederazione sindacale sarda, alla contrattazione regionale dei dipendenti dell’Arst da un lato e al bilinguismo dall’altro.
“M’indispettiva la loro insofferenza per quanto era sardo come la lingua o le usanze, ma non il porcetto e l’agnello arrostiti” confida. E poi: “La Regione ha cambiato molte cose. Ha deteriorato l’esistenza dei sardi. Ha stravolto il cielo della Sardegna, un tempo popolato di molte stelle comunitarie e oggi occupato da opachi astri istituzionali. Riuscirà a scampare all’assalto delle sempre più fameliche oligarchie, e a dare l’avvio ad una potente organizzazione di autogoverno popolare o esploderà come una pecora gonfia?”
Nelle sue note di un cospiratore, Eliseo descrive quale sia il fulcro della sua utopia. I nuragici, scrive, ci sono apparsi già divergenti rispetto alla Storia, ma la prova principale del loro antagonismo assoluto ce la porta il fatto che non costruirono città. Neppure una. Fatto inconfutabile, ma occultato o tenuto in pochissima considerazione, perché scandalosa testimonianza del rifiuto della civiltà, tutta imperniata sulle città. Con il rifiuto della città, c’è la resistenza strenua ad uscire dalla preistoria per entrare nella storia,il rifiuto della gerarchia, l’opposizione alla monarchia sotto qualsiasi forma. Pressoché tutte le città – si legge nel suo libro – sono riferite ad un monarca o a una divinità. Per scampare al pericolo del comando unico, bisognava, insomma, scampare alla città. Quale monarca, quale divinità si scomoderebbe per dedicarsi a un villaggio?
Un giovanotto di quasi ottanta anni, contento del fatto che la senilità non comporta in persone come lui l’obbligo della maturità e della “saggezza”, ha scritto molto e bene di utopia (la Sardegna come “l’isola di Utopia”) ed è questo che lo fa scomparire giovanissimo dai nostri occhi ma non dalla mente.

Onore e gloria a Eliseo Spiga

Dr. ELISEO SPIGA

Il Segretario Generale, la Segreteria, la Direzione, il Consiglio Nazionale e la Com
missione di Garanzia, l’Ufficio Studi G.M. Angioy e tutte le iscritte ed iscritti della CSS, unitamente alle Federazioni Territoriali e di Categoria, si stringono attorno ai parenti e piangono il carissimo Dr. Eliseo Spiga, Fondatore e primo Segretario Generale della Confederazione Sindacale Sarda. Uomo generoso e forte, intellettuale scomodo, politico e sindacalista, scrittore e poeta, combattente per l’affermazione dei valori identitari e comunitari della Nazione Sarda e del Popolo Sardo. Innamorato della Sardegna. A Eliseo, messaggero di libertà e democrazia,
un abbraccio fraterno ed un bacio infinito.


Eliseo che bentu e che profeta A suidu fruscu chi no asseliat mai Donau as fortza a is Sardus Natzioni Po ch’in su mundu tengant vida noa. Prus de una de istima as fatu proa, T’eus a portai sempiri in remoni Ca friscu e forti sighis a sulai In coru e menti de genti dereta. Bai cun Deus,nascidu in bonora, E ti luxat eterna luxi sua, In sa paxi,e no ti tochit mali ! Nosu cun tui si poneus ancora Ca teneus de fai s’istrada tua, Sardu balenti,omini ‘e cabbali !

Mario Puddu

Rebelle mai domadu, fitzu liberu de Sardigna, armadu de pinna e de limba liberas at postu semenes de rebellione e de dignidade in meda de nois. Est istadu leghenne “Per una universita’ contadina” e ateros iscritos suos e de Simon Mossa chi meda indipendentistas de oje ant potidu distruere sas categorias culuniales chi sa cultura anzena nos aiat fraigadu in conca. Ti torramus gratzias mannas, Elise’ as semenadu bene, s’incuntza no at a mancare e ateros semenes ant a esser postos a pastinu finas chi sos  sardos no ant a torrare meres in sa terra e in su pessare issoro.

Ti cheglio ammentare chin sa cara lisa e pasada chi aias pro sos isperos mannos chi giughias in Bauladu sa die de “Su Cungressu de sos Sardos”. S’unidade de sos patriotas ti pariat beru beru, cosa gia’ fata. Tantu de importu ti pariat su che ponner in s’ismentigu su “male unidos”, chi s’isperu ti pariat beru. Nois puru gratzias a tie credimus chi s’isperu depat diventare veru e amus a sichire sa pelea tua faghende ammentu fitianu de sos mastros che a tie.
A nos bider in s’ammentu, Elisè!

Bustianu Cumpostu

 

Ricordando Eliseo Spiga

 

 

RICORDANDO ELISEO SPIGA

di Francesco Casula

Onore al nostro grande Maestro

Giovedì pomeriggio, in un ospedale cagliaritano, Eliseo Spiga ci ha lasciato.

Se n’è andato in silenzio, senza clamore. Sofferente. Negli ultimi mesi soprattutto, quando le sue fibre fisiche hanno iniziato a cedere. Ma la sua testa continuava, lucida, a produrre. Ha continuato fino agli ultimi giorni a studiare e a scrivere. Stava lavorando per un nuovo romanzo. E stava scrivendo poesie in sardo. Dieci giorni prima di morire è venuto nella mia casa di Flumini di Quartu –abitava a qualche chilometro di distanza, nelle campagne di sant’Isidoro- per ritirare il bando di Concorso del Premio Ozieri, cui voleva partecipare. Negli ultimi due anni infatti si era dedicato anche alla poesia in limba: aveva persino vinto premi nei Concorsi di Escalaplano e Iglesias.

Con Eliseo Spiga scompare un grande combattente, uno degli intellettuali più lucidi e creativi della Sardegna: un intellettuale sanguigno, irregolare e disorganico a Partiti e camarille, renitente e utopistico. Spiga si ribellava infatti allo sfacelo e alla società alienata della apparente razionalità capitalistica del sistema economico e sociale occidentale. In altre parole non si conformava e non si arrendeva alle logiche e alle ragioni della modernizzazione tecnicista, al mito dello Stato e del mercato, al dio moneta

Ci lascia costernati. Abbiamo perso un amico e un maestro. “Un uomo storto” si definiva fra il serio e il faceto: per me, per noi militanti etnicisti, per noi della Confederazione sindacale sarda, era una guida intellettuale e morale, un combattente, fino all’ultimo respiro, perché questa malfatata nostra Isola,  si liberasse dalle catene che la inchiodavano alla dipendenza e alla marginalità.

 

 

Nato ad Aosta il 14 giugno 1930 da genitori emigrati dalla Sardegna per ragioni vagamente politiche. Riportato nell’Isola subito dopo, svolge la sua esistenza a Cagliari e dintorni, compiendo tutti gli studi con scarso impegno e pari profitto.

L’infanzia e l’adolescenza vengono profondamente segnate dalle ultime persistenze comunitarie nel suo paese, Quartucciu, dal trauma della seconda guerra mondiale, fatto di fame paura e malattie, e dalle tormentate vicissitudini della sua famiglia pienamente contadina ed operaia. E’ nel clima culturale dell’immediato dopoguerra, carico di forti emozioni che lambivano anche il suo pur ristretto ambito familiare, che Spiga comincia a sentire l’attrazione delle grandi ideologie che domineranno i decenni successivi.

L’incontro con Emilio Lussu, già leggenda eroica dei Sardi, combattente sardista e antifascista nonché grande scrittore, segnerà definitivamente le sue scelte e i suoi umori per tutti gli anni a venire.

Si dedicherà, infatti, all’attività politica nell’ambito della sinistra, assumendo ruoli diversi sempre segnati dalla sua originaria vena utopica. Agitatore politico, dirigente di partito, militante etnicista, organizzatore di circoli politico-culturali, (come Città e Campagna), giornalista e fondatore dì giornali periodici, (come Nazione sarda e Tempus de Sardinnia)), animatore del movimento per i diritti linguistici dei Sardi, ideatore del primo ed unico sindacato etnico dei lavoratori. la Confederazione sindacale sarda (CSS). Al suo impegno politico accompagna un costante approfondimento dei temi fondamentali della cultura sarda, il sardismo, l’autonomismo e un rinnovamento economico-sociale.

Nel 1968, già uscito dalla militanza di partito, (il PCI) comincerà ad allontanarsi dalle ideologie della sinistra, nei confronti delle quali svilupperà una polemica costante finita successivamente nel distacco totale. E’ di questo periodo la pubblicazione di un libro collo pseudonimo di Giuliano Cabitza: Sardegna,  rivolta contro la colonizzazione, in cui comincia ad affacciare la sua propensione per l’autogoverno comunitario, inteso non soltanto come aspirazione ideale, ma anche come prospettiva politica generale.

Questo libro indica che Cabitza compie una svolta culturale definitiva, mai revocata ed anzi sempre più radicalizzata: soprattutto negli ultimi anni.

La Sardegna, infatti, era diventata il centro dei suo universo, da cui aveva cacciato la città, il partito, quello comunista e gli altri, il marxismo-leninismo, la classe operaia, lo Stato.

La Sardegna non gli appariva più un puntino sperduto nel mappamondo, ma gli si ergeva come torre d’osservazione dei problemi del mondo e come oracolo premonitore di possibili destini diversi dell’umanità. Dopo un’intensa e pluridecennale attività pubblicistica, nel 1998 consegna alla stampa un suo romanzo, Capezzoli di pietra, Zonza editori.

Nel 2000, lo stesso editore Zonza pubblica un altro libro, che Spiga scrive assieme allo scrittore e poeta Francesco Masala e al filosofo Placido Cherchi, intitolato Manifesto della gioventù eretica e del comunitarismo nel quale si tenta di interpretare in riferimento alla realtà sarda corrente i principi e i valori della cultura nuragica e, in particolare, della concezione comunitaristica.

Alla fine del 2006 l’Editrice CUEC cura l’edizione dell’ultimo libro di Spiga col titolo La sardità come utopia, note di un cospiratore. In esso l’Autore, rifiutando le ideologie della modernità quali illuminismo, liberalismo e socialismo, pone la propria biografia come base di un pensiero di terra, come base, cioè, di una elaborazione concettuale sospinta e sostenuta direttamente dalla personale esperienza esistenziale. L’ipotesi dì fondo é che la vita dì ogni essere umano contiene un messaggio, quali che siano la sua importanza e il suo contenuto, e che tale messaggio debba essere confrontato con gli altri messaggi personali per ricostituire  un dialogo capace di diventare fonte di ricomposizione dell’unità del genere umano gravemente minacciato dai pericoli insiti nella crisi dell’età moderna e dell’intera civiltà prodotta dalla Storia.

 

 

La Sardizzazione da completare

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Su comitadu pro sa limba incalza la Giunta

La sardizzazione da completare

di Francesco Casula*

Su comitadu pro sa limba, sul fronte del bilinguismo incalza la Giunta e il Consiglio regionale. Riunitosi a Sassari martedì scorso, ha stilato un vero e proprio decalogo che sottoporrà all’attenzione della Giunta e del Consiglio regionale, perché intervengano con atti legislativi finalizzati a rendere coufficiale la lingua sarda con la lingua italiana, in ogni ambito della vita civile dell’Isola e, in modo particolare, a inserire il Sardo come materia curriculare, nelle scuole di ogni ordine e grado. Su comitadu, in dieci stringati punti, scritti rigorosamente in sardo, individua con nettezza le linee per una politica linguistica che renda possibile l’utilizzo del Sardo nella vita di ogni giorno. Per intanto il Sardo occorre studiarlo e conoscerlo: a tal fine particolarmente importante è il punto 8 che testualmente recita: Su sardu siat, in iscola, in totu sas modalidades educativas, una de sas matèrias de su currìculum, limba veiculare e de aprendimentu de sas matèrias e limba de sos materiales in pabiru e telemàticos. Dischentes e mastros, in sas mèdias e in s’universidade, potzant seberare sa limba chi cherent. Ovvero che non solo a scuola si insegni il Sardo ma si insegni in Sardo: come del resto prevede la legge statale 482 del 1999. Anche perché –è il linguista Renzo Titone a sostenerlo-“l’insegnamento della lingua come materia a sé, non produce effetti significativi, se la lingua non è usata come strumento di insegnamento di altre materie e come mezzo per l’espletamento delle attività ordinarie, ossia come mezzo di comunicazione nelle situazioni di vita”. Per il Comitato ugualmente importante è la possibilità di avere in Limba strumenti di informazione, a tal fine il punto 9 afferma: in sos mèdios de informatzione, sa Regione garantat sa nàschida su nessi de un’emitente pùblica ràdiutelevisiva, de unu cuotidianu generalista in pabiru e in forma telemàtica, non cumertziales, in limba sarda, e chi promovat s’informatzione in sardu fata dae mèdios privados. Bilingue dovrà inoltre essere tutta la toponomastica e la segnaletica. Per favorire la “sardizzazione” della comunicazione, nell’ultimo punto, il 10° è  richiesta :sa presèntzia de servìtzios linguìsticos cun operadores ispetzializados, in provìntzias, entes territoriales, comunas, e tzircoscritziones. Ora tocca alla Giunta e all’intero Consiglio regionale. Amus a biere!

*storico

(Articolo pubblicato su Il Sardegna del 17-11-09)

 

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