La 52° Edizione del Premio OZIERI

 

OZIERI E DINTORNI

 

UN PREMIO

 

PER LA LIMBA

 

E PER I SARDI

 

di Francesco Casula

 

Il 25 Settembre scorso al Teatro civico di Ozieri sono stati premiati i vincitori della 52° Edizione del premio letterario in limba più prestigioso e più antico dell’Isola, in seguito alla scelta della Giuria, presieduta da Nicola Tanda, Professore emerito di Letteratura e Filologia Sarda dell’Università di Sassari. Per la sezione poesia ha vinto Teresa Piredda Paoloni di Escolca.

 

Il Premio nasce ad Ozieri nel 1956, per opera di Tonino Ledda che matura l’idea di fondare il Premio grazie all’amicizia Angelo Dettori, con il poeta Cicitu Masala e con il linguista Antonio Sanna; ma anche grazie alla spinta innovatrice della rivista letteraria S’Ischiglia che, tra il 1949 al 1957, dichiara guerra alle nenie georgiche trite e ritrite, pubblicando le prime poesie in lingua sarda non rimate e le prime poesie in italiano di poeti sardi. I collaboratori della rivista sono personaggi di spicco nel panorama culturale dell’epoca: fra gli altri Pietro Casu –autore di un pregevolissimo Vocabolario sardo e traduttore della Divina Commedia in Sardo- e lo stesso Tonino Ledda. Sarà determinante, ai fini della crescita e del successo del Premio l’ingresso graduale in giuria e l’alternarsi di spiccate personalità del mondo letterario e intellettuale sardo, tra cui Cicito Masala, Manlio Brigaglia, Antonio Sanna. Ancor più determinante, anche ai fini della visibilità del Premio, saranno i vincitori tra i quali vanno ricordati Pedru Mura Benvenuto Lobina,Aquilino Cannas. Ma qual è il ruolo e la funzione del Premio? Lo spiegano due esperti, l’attuale segretario dell’Ozieri Antonio Canalis e Gian Gabriele Cau :”Il proposito del Premio Ozieri è stato quello di riaffermare la funzione de sa Limba nella società sarda e di rafforzarne la circolazione letteraria, svolgendo un ruolo che oggi possiamo correttamente collocare in una prospettiva storica. Intorno all’”Ozieri” si svolsero dibattiti e si coagulò una sempre più diffusa consapevolezza dei temi centrali –non solo, quindi, linguistici e letterari– della cosiddetta “questione sarda“. In un quadro in cui la Sardegna scontava le conseguenze della sua perifericità e della sua marginalizzazione, il Premio operò come costante richiamo alle ragioni della specificità isolana, attraverso un uso “politico” dell’attività poetica, quale momento di riflessione sugli atavici problemi della Sardegna”.

 

Pubblicato su Sardegna Quotidiano del 29-9-2011

 

       

 

LA DECRESCITA FELICE E LA SARDEGNA

 

 

 

I SARDI E LA CRISI

 

LA DECRESCITA

 

PUO’ PERSINO

 

ESSERE “FELICE”

 

di Francesco Casula

 

Quotidianamente, su tutti i media, politici di destra sinistra e centro, economisti di ogni risma zenia e colore, ossessivamente ci ripetono la giaculatoria della “crescita”. Senza la quale non sarebbe possibile nessuna uscita dalla crisi che attanaglia l’Italia e non solo. Pena il fallimento. A tentare di liquidare tale mania, ci ha pensato nei giorni scorsi a Cagliari, al “Festival Marina Cafe noir”, il  filosofo e sociologo francese Serge Latouche. Ma quale crescita –ha sostenuto- quello che occorre, per uscire dalla crisi, è la “Decrescita felice”. Di cui non a caso è il principale teorico. Non crescerà il PIL ma aumenterà il FIL (Felicità interna lorda). Semplici provocazioni di un intellettuale eretico? Può darsi. Certo che è difficile non prendere atto del fallimento delle magnifiche e progressive sorti dello “sviluppo” e della produttività: nella duplice versione del socialismo reale e del capitalismo. “Una parola tossica” – ha definito Latouche lo sviluppo. Alla base delle guerre, della fame, dello sconvolgimento planetario del clima (con l’iper produzione di CO2), della devastazione della natura, delle disuguaglianze economiche e sociali vieppiù accentuate negli ultimi decenni. Anche la Sardegna è stata vittima dello sviluppismo, con un intero ciclo fatto di promesse e di illusioni programmatorie, industrialiste e petrolchimiche, che ci ha consegnato un cimitero di ruderi industriali ma soprattutto disoccupazione e malessere. Uno sviluppo che ha devastato e depauperato il territorio: la risorsa più pregiata che l’Isola detenga. Che ha degradato e inquinato l’ambiente e il mare: pensiamo solo a Sarrok e a Porto Torres, con danni incalcolabili per la pesca. Che ha sconvolto gli equilibri e le vocazioni naturali. Che ha distrutto il tessuto economico tradizionale e quel minimo di industria e di imprenditorialità locale. Che ha attentato alla cultura e all’identità nazionale dei Sardi, tentando di eliminare le diversità linguistiche, culturali, storiche, magari con il pretesto di combattere il banditismo: è il caso, soprattutto, di Ottana. La narrazione del filosofo francese ci riguarda dunque da vicino. Per questo occorre cambiare radicalmente rotta. Magari iniziando a praticare scampoli del programma latouchiano: l’autoproduzione e lo scambio comunitario, conviviale e quindi non mercantile, per esempio.

 

Pubblicato su Sardegna quotidiano del 21-9-2011

 

 

 

EMOLUMENTI DEI CONSIGLIERI REGIONALI SARDI: scandalosi!

 

I COSTI DI CASTA

 

IN CONSIGLIO LO STIPENDIO NON SI TOCCA

 

di Francesco Casula

 

Il 14 settembre 2005 il Comitato Lu Puntulgiu di Alghero, nella persona di Franco Masu, insieme alla CSS (Confederazione sindacale sarda) rappresentata dal segretario Giacomo Meloni, consegnavano al Presidente del Consiglio regionale i plichi delle 17.300 firme a sostegno di una proposta di legge di iniziativa popolare, composta di tre scarni articoli, che prevedono il dimezzamento degli emolumenti dei Consiglieri regionali. A sei anni esatti di distanza, il 14 scorso, Masu e Meloni, -insieme alla consigliera regionale indipendentista Claudia Zuncheddu, sostenitrice della proposta- tornano alla carica, con una Conferenza stampa, per dare la sveglia ai nostri Consiglieri. Tutto infatti è silente e niente è dato sapere di quella iniziativa popolare. Le firme giacciono in qualche polveroso cassetto del Consiglio regionale. Un silenzio bipartisan e trasversale: né il precedente Consiglio a maggioranza di centro-sinistra e con Soru Presidente né quello attuale a maggioranza di centro-destra con Cappellacci Presidente, ha avuto la sensibilità democratica di prendere in esame la proposta. A confermare ancora una volta che la “casta”, quando si tratta di difendere i propri privilegi, non ha colore né schieramento e si trova compatta e unita nel respingere chiunque ad essi attenti. Perché –come risulta dagli emolumenti principeschi che mensilmente ricevono- di privilegi si tratta non di semplici compensi. Ecco la composizione, tratta dal sito ufficiale della Regione: indennità di 4.062,23 €, al netto delle ritenute previdenziali; diaria di 4.003,11 € (integrata del 30 per cento per i consiglieri regionali la cui abitazione sia situata ad oltre 35 chilometri da Cagliari -€ 1.200). Per chi ha cariche sono previste ulteriori indennità: dai 3.288,63 € del Presidente del Consiglio ai 392,18 € dei vicepresidenti di Commissione. E non basta: a titolo di rimborso forfetario per le spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori, al consigliere è attribuita una somma mensile di 3.352,00 €. Inoltre al consigliere compete un rimborso forfetario annuo, erogato in tre quote, di 9.362,91 € per spese di documentazione, aggiornamento, stampa e strumentazioni tecnologiche. C’è da chiedersi: significa ridurli all’indigenza, se si dimezzano i loro compensi? In una Sardegna peraltro piegata e piagata dalla povertà e dalla disoccupazione?

 

Pubblicato su Sardegna quotidiano del 18-9-2011

 

 

 

LA SCUOLA ITALIANA? ANTISARDA.

 

UNA SCUOLA CARICA

DI “RESIDUI RETORICI”

di Francesco Casula

In Sardegna inizia oggi, ufficialmente, il nuovo anno scolastico. In una scuola disastrata dal punto di vista delle strutture. Con aule fatiscenti o, comunque, insicure e fuori norma per la gran parte. Con brutali roncolate del Ministero sugli organici: per quest’anno sono previsti 1200 posti in meno (670 docenti e 512 personale ATA). Che verosimilmente diventeranno 1600 nell’organico di fatto. Non sono tagli: ma veri e propri sfregi. Che certo sono una conseguenza della diminuzione degli alunni. Ma anche –per non dire soprattutto-  di una politica ministeriale che ha ridotto il sostegno, azzerato la lingua straniera nelle elementari, eliminato i corsi serali, creato cattedre oltre le canoniche 18 ore, accorpato le classi. Il tutto a detrimento dell’apprendimento  e del sapere. Ad aggravare ulteriormente i poco invidiabili record negativi che abbiamo sul versante della dispersione e mortalità scolastica. Ad allontanare l’Isola dagli obiettivi dell’istruzione e della formazione stabiliti 11 anni fa a Lisbona dal Consiglio europeo per gli stati membri.

In questa scuola straziata, inoltre, permangono una didattica vecchia e contenuti astratti, nel migliore dei casi “residui retorici”: così li definiva Pasolini.

La realtà infatti è che la scuola italiana in Sardegna con i contesti sociali, ambientali, culturali e linguistici degli studenti non ha niente a che fare. Nella scuola la Sardegna è assente nei programmi, nelle discipline, nei libri di testo. Si studia l’Italia “dalle amate sponde” e “dell’elmo di Scipio”: con Orazio Coclite e Muzio Scevola, fantasie con cui Tito Livio intende esaltare Roma. Nella scuola si studia qualche decina di Piramidi d’Egitto, erette da centinaia di migliaia di schiavi, sotto la frusta delle guardie, ma non si studiano le migliaia di nuraghi, eretti da migliaia comunità libere e indipendenti..

La Sardegna, con le sue vicissitudini storiche, le dominazioni, la sua civiltà e i suoi tesori ambientali, culturali e artistici è del tutto assente: un diplomato sardo e spesso persino un laureato, esce dalla scuola senza sapere nulla dell’architettura nuragica, della Carta De Logu, della Lingua sarda, di Salvatore Satta.

A fronte di tutto ciò la Regione –che pure statutariamente ha competenze (art.5, comma a)- latita. E’ silente. Quando si sveglia è per dare 22 milioni alle scuole materne private.

 

 Pubblicato su Sardegna quotidiano il 15.09.2011

In Sardo si può eprimere la modernità

 

VERSI DIVERSI

 

IN LIMBA SARDA

 

SI PODET

 

NARRERE TOTU

 

di Francesco Casula

 

Uno dei pregiudizi più diffusi sulla  Lingua sarda è che sia arcaica, espressione di un mondo agro-pastorale ormai tramontato e, dunque, un residuo del passato, incapace di esprimere la modernità, la scienza, la tecnologia.

 

Ecco come risponde l’americano Joshua Aaron Fishman, il più grande studioso del bilinguismo a base etnica (è il caso della Sardegna):”Qualunque lingua è pienamente adeguata a esprimere le attività e gli interessi che i suoi parlanti affrontano. Quando questi cambiano, cambia e cresce anche la lingua. In un periodo relativamente breve, la lingua precedentemente usata solo a fini familiari, può essere fornita di ciò che le manca per l’uso nella tecnologia, nell’Amministrazione Pubblica, nell’Istruzione”.

 

Ma, sempre di più, a tale machine e tontesa rispondono,concretamente, i poeti e gli scrittori sardi. Domenica scorsa, a Cagliari, al sesto festival letterario San Bartolomeo che aveva per tema l’Energia, per la sezione in lingua sarda ha vinto Maddalena Frau, ollolaese, valente poetessa in limba. A dimostrazione di come il sardo sia una lingua duttile e capace di esprimere l’universo culturale, compreso quello moderno, ecco alcune parti della sua poesia vincitrice. Dopo le prime tre sestine, di introduzione al tema, descrive la funzione dell’energia oggi :

 

 «E duncas s’Energia universale,/ponende in motu turbos e motores,/lughe e calore dat a iscurigores,/a domos, ofitzinas, ispidales,/compiuter, laser, mezos digitales/in sas chircas de cura e de dolores».

 

Prosegue con i tipi di energia : quelle pulite e quelle « mortifere » come la nucleare: 

 

«Tenet formas diversas s’Energia/in sa vida politica e sociale;/in chelu, in mare e in terra mundiale/est issa mesu fada e mesu istrìa:/“Termo-idro-eolica”, pulìa,…/mala e arma atomica, mortale».

 

Gli scienziati progettano sia la nucleare –cui però si rivoltano il cielo, la terra e il mare- che le “pulite”, che stentano a decollare per il brutale dominio dei petrolieri.

 

«Chimicos, fisicos, issentziaos/prozetant sa cultura nucleare,/ma si rivortant chelu, terra e mare:/sos bator elementos allupaos./Isperimentos  de male, sestaos/cun sònnios de cumandu e de dinare».

 

«Prozetant puru cudda “ alternativa”/sa chimica cun sa filosofia,/cun s’aba, sole e bentu, sa “pulìa”,/cudda mama operosa e riverida,/ma non partit s’umana comitiva/ca su petrollu at suprematzìa».

 

Pubblicato su Sardegna quotidiano del 9-9-2011

 

 

 

 

 

L’ANTIFASCISMO E’ MORTO’?

 

FESTE SCAMPATE

 

1 MAGGIO SALVO

 

25 APRILE PURE

 

E L’ITALIA CHISSA’

 

di Francesco Casula 

 

Pare che le Festività civili siano salve. Hanno rischiato di essere sacrificate sull’altare delle bronzee leggi della produttività e del mercato. Volevano infatti, ex lege, liquidare ricorrenze come il 25 Aprile e il 1° Maggio, cariche di alti significati simbolici e degli stessi valori fondativi della Costituzione italiana. Semplicemente per “fare cassa”. Fortunatamente qualcuno ha avuto scampoli di resipiscenza. Tutto bene allora? No. Permane forte il pericolo che tali valori: il lavoro come l’antifascismo, vengano liquidati, de facto.

 

Segnatamente per quanto attiene all’antifascismo non possiamo infatti dimenticare che da anni ormai monta un’onda revisionista che vorrebbe abrogare la ricorrenza del 25 Aprile o, per lo meno, una volta sterilizzata, ridurla a rito unanimistico, puramente celebrativo.

 

Non possiamo infatti dimenticare che anche recentemente, abbiamo avuto sinistre e inquietanti avvisaglie in tal senso: così un parlamentare ha proposto che venga abolito il divieto costituzionale di “ricostituzione del partito fascista” e altri che i “repubblichini” vengano equiparati ai partigiani, dal punto di vista pensionistico.

 

E’ stato anche detto che il Fascismo è morto e l’Antifascismo è roba vecchia, consegnata ormai al passato remoto.

 

Può darsi. Ma pensiamo veramente che siano morte e sepolte le coordinate ideologiche, culturali e persino economiche e sociali che hanno fatto nascere, alimentato e fatto crescere e vivere il fascismo? Pensiamo sul serio che la cultura – o meglio l’incultura – della guerra e della violenza, del sopruso e del privilegio, della sopraffazione e dell’intolleranza, dell’ipocrisia e del perbenismo, del servilismo e dell’informazione velinara, sia morta per sempre?

 

Che si continui dunque nella celebrazione del 25 Aprile soprattutto come occasione di studio del nostro passato. Ma in modo particolare disseppelliamo e studiamo gli eroi sardi della libertà e dell’antifascismo: da Gramsci a Lussu, da Bellieni a Puggioni, a Efisio Melis, il primo martire sardista antifascista che il 26 Novembre del 1922 viene ferito a morte da un fascista a cavallo, che gli conficca nel petto la lancia del gagliardetto, davanti al quale il giovane di Monserrato si era rifiutato di togliersi il capello.

 

O questa storia dobbiamo dimenticarla, magari per giustificare e avallare la miseria politica del presente? 

 

 

 

Pubblicato su Sardegna quotidiano del 6-9-2011

 

 

 

 

 

L’imbroglio del referendum: cambiare tutto per non cambiare niente.

 

REPLICANDO

 

TRA PORCELLUM

 

E MATTARELLUM

 

SI SALVI CHI PUO’

 

di Francesco Casula

 

Su questo Quotidiano il 31 Agosto scorso, due rappresentanti del Comitato “Sardegna contro il porcellum”, Gianluca Medas e Simone Spiga, replicano a una mia nota del giorno prima. Sul giudizio negativo rispetto all’attuale sistema elettorale, nulla quaestio:siamo d’accordo. Il dissenso attiene al Mattarellum, che il Referendum sostenuto da Medas e Spiga, risusciterebbe se dovesse andare in porto.

 

Si tratta del sistema elettorale che è stato in vigore nelle elezioni politiche del 94-96-001, che attribuiva il 75% dei seggi ai collegi uninominali e il 25% al proporzionale con sbarramento del 4% e che ha dato pessime prove di sé.

 

Quel sistema uninominale e maggioritario, nonostante la retorica che si è fatta sul nuovismo, è un vecchio arnese dell’Italia prefascista, “uno dei principali strumenti di potere- cito testualmente da <La conoscenza storica, di De Bernardi Guarraccino, Il Novecento, Ed. Mondadori, pag.130>-  del Partito liberale, dato che i suoi esponenti, in genere appartenenti alle èlites locali, riuscivano a raccogliere senza troppe difficoltà – grazie anche a rapporti personali, d’ amicizia e di clientele – l’appoggio di un esiguo manipolo di elettori”.

 

Con l’introduzione del suffragio universale (maschile) nel 1913 e del sistema elettorale proporzionale nel 1919, il vecchio sistema politico finì gambe all’aria e si affermarono proprio quei grandi Partiti democratici e di massa, quello Socialista e quello Popolare, che si erano battuti contro il Partito dei notabili, delle clientele e della corruzione e dunque contro il sistema uninominale e maggioritario che lo favoriva.

 

  Dimentichi di tutto ciò, oggi i suoi sostenitori  di fatto lo ripropongono, facendo finta di non capire che il Mattarellum, ha gli stessi difetti del Porcellum, ha scritto il sen. Passigli (Pd). Sfido chiunque a dimostrare –ha aggiunto- che i candidati nei collegi non sono scelti dai partiti ma voluti dai cittadini, e a dimostrare che la necessità di vincere nei collegi non porta agli stessi difetti del premio di maggioranza: frammentazione e coalizioni di governo disomogenee e paralizzate dalle loro divisioni. Ricordo che lo stesso Passigli ha presentato un referendum per l’abolizione del Porcellum, ma per ritornare al proporzionale, sia pure con lo sbarramento del 4% e non per riproporre l’antidemocratico uninominale e maggioritario.

 

Pubblicato su Sardegna quotidiano del 2-9-01