SA DIE

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SA DIE, una Festa sottovalutata .

di Francesco Casula*

Si celebra oggi Sa Die de sa Sardigna, Festa de su Populu sardu: l’unica Festa auctotona che abbiamo. Tutte le altre infatti –sia civili che religiose- pur importanti, sono Feste importate o imposte dall’esterno. Purtroppo, anche quest’anno, come negli anni più recenti, sarà rievocata in tono minore: sono previste pochissime iniziative e per lo più limitate a Cagliari: come la Cerimonia celebrativa nel Consiglio regionale e la Festa popolare in Piazza del Carmine. Eppure in tutti gli anni novanta è stata una formidabile occasione di incontro e di spettacolo, che ha visto un’entusiastica e diffusa partecipazione popolare, e ha coinvolto migliaia di studenti delle scuole di ogni ordine e grado nello studio della storia sarda. Non si capisce dunque perché, progressivamente, si tenda, di fatto, a liquidarla. Quando oramai non vi erano neppure più contestazioni in merito alla scelta dell’avvenimento e della data: ovvero che si era trattato di una semplice congiura, ordita da un manipolo di borghesi illuministi, per cacciare il viceré e qualche centinaio di piemontesi. A questa tesi infatti ha risposto con grande autorevolezza lo storico sardo Girolamo Sotgiu, che polemizza proprio con l’interpretazione data al 28 Aprile, da storici conservatori e filosabaudi, come il Manno o l’Angius, considerato alla stregua, appunto, di una congiura. Simile interpretazione offusca –a parere di Sotgiu– le componenti politiche e sociali e, bisogna aggiungere senza temere di usare questa parola, <nazionali>, non consentendo di cogliere il reale sviluppo dello scontro sociale e politico né di comprendere la carica rivoluzionaria che animava larghi strati della popolazione di Cagliari e dell’Isola nel momento in cui insorge contro coloro che avevano dominato da oltre 70 anni. Altro che congiura o improvviso ribellismo: la popolazione sarda, dopo secoli di asservimento e di inerzia, per troppo tempo usa a piegare il capo e a curvare la schiena, subendo ogni genere di sfruttamento, soprusi e umiliazioni, con un moto di orgoglio e di dignità e con un colpo di reni, si ribella, alza il capo e raddrizza la schiena dicendo: basta! E caccia i piemontesi e savoiardi, prima da Cagliari e poi da altre città sarde: non per motivi etnici, ma perché rappresentavano la prepotenza e il potere. E’ questo il significato simbolico più profondo, politico e ideale, de SA DIE.

*storico

(Pubblicato su Il Sardegna il 28-4-2009)

 

Lettere

Lettere

Cristiano Sabino, dirigente di A Manca pro s’Indipendentzia scrive a Francesco Casula in merito all’articolo “Indipendentisti, microspie e non violenza” pubblicato su Il Sardegna il 31-3-09

 

Gentile Prof. Casula

 

ho letto il suo articolo e la ringrazio a nome mio e di tutti i compagni per la sensibilità che ancora una volta ha dimostrato nel difendere i diritti civili e politici in questa strana terra, dove risulta impossibile elaborare una teoria di liberazione senza essere perseguitati, additati e senza rischiare la propria libertà. Il cammino che abbiamo intrapreso è ancora lungo,dobbiamo migliorare, imparare a lavorare con la nostra gente, ma la linea progettuale che fa leva sui valori profondi della
liberazione nazionale congiunta alla liberazione sociale è
corretta e risponde ad un bisogno comunitario del nostro
popolo.Non siamo pazzi, criminali, terroristi o invasati!
Siamo semplicemente persone sensibili alle drammatiche
contraddizioni storiche, etiche, politiche ed economiche che i
sardi vivono giorno per giorno e siamo convinti che lavorare
al loro e nostro riscatto non sia solo possibile, ma doveroso
e quindi ci impegnamo a fondo su questa strada che
riconosciamo come giusta e non ulteriormente prorogabile.
per questo motivo, e le assicuro non si tratta di retorica o
verbalismo, posso assicurarle che la repressione non ci
fermerà, perché ci sono valori non mediabili come la libertà
di espressione e partecipazione politica e il diritto-dovere
ad impegnarsi per l’emancipazione sociale e nazionale.
La ringrazio di cuore per le sue parole semplici e chiare,
esempio di rara onestà intellettuale e civile in un mondo
ormai votato alla paura, all’oscurantismo e alla devozione
sempre più cieca nei confronti del potere.


Cristiano Sabino a nome di tutta la sinistra indipendentista sarda

Billia

billia.jpgScomparso il poeta di Sindia

Righe per omaggiare Billia Piu

di Francesco Casula

Il 16 Aprile scorso, carico di anni e di prole, -di cui andava orgoglioso- è scomparso Giovanni Maria (a tutti noto Billia) Piu. Uomo d’altri tempi, con forti simpatie per il ventennio, dai tratti autoritari e persino burberi, era però dotato di una profonda umanità. Lo piangono i sindiesi e coloro che lo hanno conosciuto, come uomo e come poeta improvvisatore. Fin da giovane coltiva la poesia sarda e ha modo di conoscere i maggiori poeti sardi improvvisatori. Si vantava con orgoglio di essere amico personale di Remundu Piras, il nostro più grande poeta improvvisatore. Nonostante abbia poetato da sempre, solo recentemente, nel 2007, si era deciso a mettere per iscritto e a pubblicare alcune sue poesie con il volume “Modas a su tempus antigu e a su tempus de oe”. In esse affronta una pluralità di tematiche spaziando dalla Scienza alla Religione; dai problemi internazionali (la guerra in Irak) alla Politica interna con critiche pungenti al governo italiano. Particolarmente toccante è la “Moda” dedicata al suo paese natale “Po sa idda de Sindia”: “Onorende sa idda de Sindia/ Naschidu e bi vivo tota vida/ E de sos fizos tuos digna mama/ Custa lode azzeta de parte mia”. Ancor più sentita è la poesia dedicata a Remundu Piras: “Onorende a Remundu su menzus poeta sardu” di cui celebra entusiasticamente le doti poetiche. Ecco l’introduzione (S’isterrida) e la parte finale (Sa serrada).  ISTERRIDA: Po no ismentigare a Remundu/ De sos poetas su pius distintu/ Fit su menzus improvvisadore/ Sempre primu, mai segundu/Ogni sardu de custu est cunvintu/Totus de bonu coro dan amore/Poeta interessante de valore/Ti dan s’etichetta de sardu Dante/Poeta de valore interessante/Ti dan de sardu Dante s’etichetta/Interessante de valore poeta/Totus a Dante l’an assimizzadu/ In gara sempre issu at balanzadu/Po cussu a Dante l’an paragonadu/No nd’amos tentu a issu uguale/Pagos assimizzadu l’ana appena/Coronadu de gloria terrena. SERRADA: ”Ti coronana sos sardos cun istima/Ti onorana de rispettu e riguardos/Cun istima ti coronana sos sardos/Sos sardos cun istima ti coronana/De rispettu e riguardu ti onorana/Custu tributu de fama e merittu/Riconnottu t’ana custu dirittu/Fama onore e tantu rispettu/Che cando fias biu cun affettu/Ne miminadu né aggiuntu valore/Soe cuntentu si no appo fattu errore/T’amos iscrittu in s’album de oro/Osannadu dae totus a bonu coro.

*storico

(Pubblicato su Il Sardegna del 21-4-09)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Scolaro Sassarese

Uno scolaro sassarese  scrive in limba

L’esempio sardo di Franziscu

di Francesco Casula*

Franziscu, un bambino sassarese di 8 anni scrive i temi in limba. E ugualmente in Sardo inventa racconti fantasiosi. Ma sa scrivere anche in italiano e conosce l’analisi logica e grammaticale meglio di molti altri bambini, precisa la maestra, Maria Teresa Caravatti, dell’VIII Circolo scolastico di Sassari, che incoraggia lo scolaro e fa apprezzare sa limba anche agli altri bambini. Sembrano lontani i tempi in cui due maestre nel 1989, in una scuola elementare di Olbia, bocciarono due fratellini, di 2° e 4° elementare, perché “il loro lessico era influenzato dal dialetto”. E ugualmente distante –per fortuna- sembra essere l’attuale atteggiamento del Ministero rispetto a quello del passato. Ricordo che ancora nel 1955, nei programmi elementari si introduceva l’esplicito divieto per i maestri di rivolgersi agli scolari in “dialetto”. E in tempi a noi più vicini, con una nota riservata del Ministero –regnante Malfatti– del 13-2-1976, si sollecitavano Presidi e Direttori Didattici a “controllare eventuali attività didattiche-culturali riguardanti l’introduzione della Lingua sarda nelle scuole”. Una precedente nota riservata dello stesso anno del 23-1 della Presidenza del Consiglio aveva addirittura invitato i capi d’Istituto a “schedare“ gli insegnanti. Certo, non siamo ancora al Bilinguismo, né nella Scuola né nella società, ma abbiamo delle Leggi (europee, statali e regionali) che in qualche modo lo sollecitano e lo favoriscono. Ma soprattutto sta maturando la consapevolezza  anche fra i docenti, che la presenza della lingua materna e della cultura locale nel curriculum scolastico si configurano non come un fatto increscioso da correggere e controllare ma come elementi indispensabili di arricchimento, di addizione e non di sottrazione, che non “disturbano” ma anzi favoriscono lo sviluppo comunicativo degli studenti perché agiscono positivamente nelle psicodinamiche dello sviluppo. E che nell’insegnamento occorra partire dall’individuazione del retroterra linguistico, culturale, personale, familiare, ambientale dell’allievo e del giovane, non per fissarlo e inchiodarlo a questo retroterra ma, al contrario, per arricchire il suo patrimonio linguistico. E per potenziare l’autostima, come ha scritto Fabritziu Dettori, giovane sassarese impegnato sul fronte del bilinguismo, che per primo ha fatto conoscere ai giornali il caso di Frantziscu.

*storico

(Pubblicato su Il Sardegna del 14-4-09)

 

Nucleare

Tutti i costi e i pericoli del nucleare.

di Francesco Casula*

Due studiosi, Vincenzo Migaleddu, medico radiologo ed esponente dell’’International Society of Doctors for the Environment, e Michele Saba, docente di fisica all’Università di Cagliari, con relazioni zeppe di numeri, dati e statistiche hanno impietosamente demolito, pezzo per pezzo le tesi nucleariste indicando nel contempo alternative energetiche credibili e praticabili. E’ successo sabato scorso nel Convegno tenutosi a Cagliari e organizzato da Sardigna Nazione Indipendentzia e dalla Confederazione sindacale sarda. Migaleddu ha insistito soprattutto sulla pericolosità delle centrali e sui costi: il problema più grave e ancora irrisolto –ha sostenuto- è quello delle scorie che continueranno ad emettere radiazioni  per ben 250.000 anni. Ma la centrali rilasciano materiale radioattivo anche durante la loro attività. Se malauguratamente si costruisse una centrale in Sardegna, assisteremmo a un ulteriore aumento delle malattie in un Isola che già oggi è la più malata d’Italia.Per quanto attiene ai costi ha ricordato l’incertezza degli stessi: le previsioni infatti vengono regolarmente sforate: è successo negli USA (con lievitazioni del 150%) in India (del 300%) e recentemente in Finlandia (del 50%). E questi sono i costi esclusivamente aziendali cui occorre aggiungere quelli sociali e ambientali, difficilmente quantificabili, ma comunque giganteschi. Non è un caso dunque che la costruzione di centrali nel mondo si stia riducendo, che altre vengano fermate e ben 100 stiano andando in dismissione. Saba invece si è soffermato sulle alternative al nucleare, individuandole sull’energia idroelettrica ma soprattutto su quella solare. A chi ritiene che per poter produrre energia sufficiente per i nostri fabbisogni occorrerebbe coprire l’Isola intera di pannelli, calcoli alla mano, ha dimostrato che sono sufficienti 60 Km² di pannelli, ovvero un piccolo quadrato con otto Km² di lato. Pannelli che potrebbero essere ubicati nelle discariche o in alcune zone militari dimesse, per non sottrarre ai sardi terreno utile. Fra l’altro lo sfruttamento in larga scala del solare, in alternativa anche al petrolio e al gas naturale, risponderebbe alla necessità non più procrastinabile di ridurre le immissioni di anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera, causa prima del riscaldamento del Pianeta, dello scioglimento dei ghiacci, dello stravolgimento del clima.

*storico

(Pubblicato su Il Sardegna del 7-4-09)