Limba

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La posta in gioco del Referendum sulla Statutaria

 

 

di Francesco Casula

 

La posta in gioco del referendum del 21 Ottobre è alta: attiene alle forme della democrazia rappresentativa e non solo.

Allo svuotamento delle autonomie locali, alla riduzione dei consiglieri regionali a figuranti e del Consiglio regionale ad ancilla del Presidente –sottoposto al ricatto di scioglimento se non obbedisce ai suoi comandi- si unisce nella Statutaria l’attacco diretto alle forme di protagonismo popolare e di democrazia di base : basti pensare a questo proposito al fatto che il numero di firme per la sottoscrizione di un referendum passa da 10 a 15 mila.

Al di là comunque dei singoli punti, ciò che caratterizza la complessiva filosofia della Statutaria è il privilegiamento del decisionismo, la concentrazione e la verticalizzazione del potere, sacrificando ogni meccanismo e sede di rappresentanza e di controllo, e dunque da una parte i meccanismi elettorali coerenti con la citata verticalizzazione; dall’altra la personalizzazione della lotta politica con tutte le distorsioni di immagine e di comunicazione di massa.

          Da questo punto di vista il NO al referendum significa mettere in discussione la concentrazione del potere del leader, lo scivolamento oligarchico della rappresentanza, la divaricazione abissale fra i cittadini e il Palazzo, la commistione del potere castale con quello pubblico, il deficit di rappresentatività del corpo legislativo. E nel contempo significa affermare la voglia di partecipazione e l’autorganizzazione sociale.

 

(Pubblicato il 17 10-07 su Il Sardegna)

 

Statutaria

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La posta in gioco del Referendum sulla Statutaria

 

 

di Francesco Casula

 

La posta in gioco del referendum del 21 Ottobre è alta: attiene alle forme della democrazia rappresentativa e non solo.

Allo svuotamento delle autonomie locali, alla riduzione dei consiglieri regionali a figuranti e del Consiglio regionale ad ancilla del Presidente –sottoposto al ricatto di scioglimento se non obbedisce ai suoi comandi- si unisce nella Statutaria l’attacco diretto alle forme di protagonismo popolare e di democrazia di base : basti pensare a questo proposito al fatto che il numero di firme per la sottoscrizione di un referendum passa da 10 a 15 mila.

Al di là comunque dei singoli punti, ciò che caratterizza la complessiva filosofia della Statutaria è il privilegiamento del decisionismo, la concentrazione e la verticalizzazione del potere, sacrificando ogni meccanismo e sede di rappresentanza e di controllo, e dunque da una parte i meccanismi elettorali coerenti con la citata verticalizzazione; dall’altra la personalizzazione della lotta politica con tutte le distorsioni di immagine e di comunicazione di massa.

          Da questo punto di vista il NO al referendum significa mettere in discussione la concentrazione del potere del leader, lo scivolamento oligarchico della rappresentanza, la divaricazione abissale fra i cittadini e il Palazzo, la commistione del potere castale con quello pubblico, il deficit di rappresentatività del corpo legislativo. E nel contempo significa affermare la voglia di partecipazione e l’autorganizzazione sociale.

 

(Pubblicato il 17 10-07 su Il Sardegna)

 

statutaria

La posta in gioco del Referendum sulla Statutaria

 

 

di Francesco Casula

 

La posta in gioco del referendum del 21 Ottobre è alta: attiene alle forme della democrazia rappresentativa e non solo.

Allo svuotamento delle autonomie locali, alla riduzione dei consiglieri regionali a figuranti e del Consiglio regionale ad ancilla del Presidente –sottoposto al ricatto di scioglimento se non obbedisce ai suoi comandi- si unisce nella Statutaria l’attacco diretto alle forme di protagonismo popolare e di democrazia di base : basti pensare a questo proposito al fatto che il numero di firme per la sottoscrizione di un referendum passa da 10 a 15 mila.

Al di là comunque dei singoli punti, ciò che caratterizza la complessiva filosofia della Statutaria è il privilegiamento del decisionismo, la concentrazione e la verticalizzazione del potere, sacrificando ogni meccanismo e sede di rappresentanza e di controllo, e dunque da una parte i meccanismi elettorali coerenti con la citata verticalizzazione; dall’altra la personalizzazione della lotta politica con tutte le distorsioni di immagine e di comunicazione di massa.

          Da questo punto di vista il NO al referendum significa mettere in discussione la concentrazione del potere del leader, lo scivolamento oligarchico della rappresentanza, la divaricazione abissale fra i cittadini e il Palazzo, la commistione del potere castale con quello pubblico, il deficit di rappresentatività del corpo legislativo. E nel contempo significa affermare la voglia di partecipazione e l’autorganizzazione sociale.

 

(Pubblicato il 17 10-07 su Il Sardegna)

 

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Statutaria

 

La posta in gioco del Referendum sulla Statutaria

 

 

di Francesco Casula

 

La posta in gioco del referendum del 21 Ottobre è alta: attiene alle forme della democrazia rappresentativa e non solo.

Allo svuotamento delle autonomie locali, alla riduzione dei consiglieri regionali a figuranti e del Consiglio regionale ad ancilla del Presidente –sottoposto al ricatto di scioglimento se non obbedisce ai suoi comandi- si unisce nella Statutaria l’attacco diretto alle forme di protagonismo popolare e di democrazia di base : basti pensare a questo proposito al fatto che il numero di firme per la sottoscrizione di un referendum passa da 10 a 15 mila.

Al di là comunque dei singoli punti, ciò che caratterizza la complessiva filosofia della Statutaria è il privilegiamento del decisionismo, la concentrazione e la verticalizzazione del potere, sacrificando ogni meccanismo e sede di rappresentanza e di controllo, e dunque da una parte i meccanismi elettorali coerenti con la citata verticalizzazione; dall’altra la personalizzazione della lotta politica con tutte le distorsioni di immagine e di comunicazione di massa.

          Da questo punto di vista il NO al referendum significa mettere in discussione la concentrazione del potere del leader, lo scivolamento oligarchico della rappresentanza, la divaricazione abissale fra i cittadini e il Palazzo, la commistione del potere castale con quello pubblico, il deficit di rappresentatività del corpo legislativo. E nel contempo significa affermare la voglia di partecipazione e l’autorganizzazione sociale.

 

(Pubblicato il 17 10-07 su Il Sardegna)

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Ollolai riabbraccia il suo crocifisso.


 

di Francesco Casula56b4456566fb3bd2962a3a4bf8468f8f.jpg

 La comunità di Ollolai, dopo più di 500 anni s’inginocchia davanti al suo crocifisso ligneo che i frati francescani, abbandonando il paese, si portarono via con sé il 3 Agosto 1490.

Sarà riportato domenica 28 Ottobre dalla basilica di Santa Giusta dove è custodito gelosamente dal 1866 e rimarrà nel centro barbaricino qualche giorno. Fuggendo dal convento di Ollolai, secondo la leggenda, i francescani lanciarono una maledizione contro il paese: con il ritorno del crocifisso si spera di cancellare quel malaugurio.

Ma, a parte la leggenda, ecco la storia, ricordata in un’opera magistrale sui “Frati minori di Sardegna” da Padre Leonardo Pisanu. Nel 1471 i Frati minori di Silì, a causa dell’insalubrità degli stagni, arrivano a Ollolai “in un contesto boschivo, luogo ideale, nell’incanto di una natura selvaggia, al primato dello spirito di orazione”. L’insediamento avvenne in una località dove “corre un christalino torrente de puras y salubres aguas”.

La presenza dei frati fu drammaticamente interrotta nel 1490 a causa dello scontro lungo e violento fra due fazioni, in cui era spaccata la grossa villa, ricca sì di “mil vassallos feudales, y agiados” pari a circa 5.000 abitanti, ma anche dominata “del espiritu de la discordia” tale da frantumare il centro barbaricino in due cruenti partiti guidati dalle due famiglie più potenti “dei Ladu, e degli Orbau”. Un ragazzo dei Ladu, fu ucciso e gettato nella cisterna dello stesso convento: si accusarono i frati di infanticidio. Di qui il loro abbandono.

Limba

Ma a cosa serve il Sardo?

 

di Francesco Casula

 

Nelle mie peregrinazioni  nelle scuole isolane per parlare di storia e lingua sarda, la domanda più frequente che mi si rivolge, non solo da parte degli studenti ma anche dei docenti è la seguente: ma il sardo, a cosa serve? L’interrogativo, del tutto legittimo, sottende però un’unica preoccupazione: la dimensione puramente pratica e utilitaristica. Ora, a parte che una politica a favore della Lingua sarda può essere uno strumento formidabile per creare occupazione –con migliaia e migliaia di nuovi posti di lavoro nella scuola come in molti in altri settori- i vantaggi della conoscenza del sardo sono precipuamente di natura intellettuale, culturale e civile.

La mia esperienza quarantennale di docente –peraltro confermata ampiamente dai  linguisti e dai glottologi, ma anche dagli studiosi delle scienze sociali – mi porta a sostenere che la conoscenza della lingua materna da parte degli studenti serve per una pluralità di obiettivi: prendere coscienza della propria identità etno-storica-linguistica; personalizzare l’esperienza scolastica, umana e civile, attraverso il recupero delle proprie radici; migliorare e favorire lo stesso status linguistico italiano: che oggi risulta essere, in modo particolare nei giovani e negli stessi studenti, povero, banale, improprio, gergale. Al limite dell’afasia..

Ma serve soprattutto per superare e liquidare l’idea del “sardo” e di tutto ciò che è locale come limite, come colpa, come disvalore, di cui “disfarsi” e di cui addirittura “vergognarsi”.

 

(Pubblicato il 31-10-07 su Il Sardegna)

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Limba

      Insegnare il Sardo, insegnare in Sardo.

 

di Francesco Casula

 

 

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Il progetto avviato in due scuole cagliaritane di introdurre l’insegnamento della Lingua sarda nel curriculum scolastico non solo deve essere valutato positivamente ma può essere foriero di benefici riverberi in tutta la Sardegna, tanto che la sperimentazione potrebbe essere estesa a tutte le scuole isolane: in tal senso si sono espressi in un Convegno tenutosi nei giorni scorsi sia l’Assessore regionale della pubblica istruzione Mongiu che il Presidente della Commissione cultura alla Camera Folena.

L’elemento nuovo dell’iniziativa consiste nel fatto che le ore di Sardo saranno obbligatorie e svolte in orario curriculare: superando in tal modo tante sperimentazioni che confinavano sa limba nelle ore pomeridiane o erano rivolte a pochi volenterosi. Si prevede inoltre certo l’insegnamento del Sardo ma anche l’insegnamento in Sardo, perché diventi lingua veicolare: come del resto è già previsto, almeno per le elementari e medie, dalla legge statale 482.

Imparare infatti il Sardo è fondamentale e necessario ma non basta. Una lingua, perché viva, occorre parlarla, scriverla, ascoltarla: nell’ambito privato e in quello pubblico e ufficiale.

Una lezione –oltre che dall’esperienza- ci viene dal linguista italiano Titone :”L’insegnamento della lingua come materia a sé, non produce effetti significativi, se la lingua non è usata come strumento di insegnamento di altre materie e come mezzo per l’espletamento delle attività ordinarie, ossia come mezzo di comunicazione in situazioni di vita”.

 

(Pubblicato il 24-10-07 su Il Sardegna)