Ricordando Eliseo Spiga

 

 

RICORDANDO ELISEO SPIGA

di Francesco Casula

Onore al nostro grande Maestro

Giovedì pomeriggio, in un ospedale cagliaritano, Eliseo Spiga ci ha lasciato.

Se n’è andato in silenzio, senza clamore. Sofferente. Negli ultimi mesi soprattutto, quando le sue fibre fisiche hanno iniziato a cedere. Ma la sua testa continuava, lucida, a produrre. Ha continuato fino agli ultimi giorni a studiare e a scrivere. Stava lavorando per un nuovo romanzo. E stava scrivendo poesie in sardo. Dieci giorni prima di morire è venuto nella mia casa di Flumini di Quartu –abitava a qualche chilometro di distanza, nelle campagne di sant’Isidoro- per ritirare il bando di Concorso del Premio Ozieri, cui voleva partecipare. Negli ultimi due anni infatti si era dedicato anche alla poesia in limba: aveva persino vinto premi nei Concorsi di Escalaplano e Iglesias.

Con Eliseo Spiga scompare un grande combattente, uno degli intellettuali più lucidi e creativi della Sardegna: un intellettuale sanguigno, irregolare e disorganico a Partiti e camarille, renitente e utopistico. Spiga si ribellava infatti allo sfacelo e alla società alienata della apparente razionalità capitalistica del sistema economico e sociale occidentale. In altre parole non si conformava e non si arrendeva alle logiche e alle ragioni della modernizzazione tecnicista, al mito dello Stato e del mercato, al dio moneta

Ci lascia costernati. Abbiamo perso un amico e un maestro. “Un uomo storto” si definiva fra il serio e il faceto: per me, per noi militanti etnicisti, per noi della Confederazione sindacale sarda, era una guida intellettuale e morale, un combattente, fino all’ultimo respiro, perché questa malfatata nostra Isola,  si liberasse dalle catene che la inchiodavano alla dipendenza e alla marginalità.

 

 

Nato ad Aosta il 14 giugno 1930 da genitori emigrati dalla Sardegna per ragioni vagamente politiche. Riportato nell’Isola subito dopo, svolge la sua esistenza a Cagliari e dintorni, compiendo tutti gli studi con scarso impegno e pari profitto.

L’infanzia e l’adolescenza vengono profondamente segnate dalle ultime persistenze comunitarie nel suo paese, Quartucciu, dal trauma della seconda guerra mondiale, fatto di fame paura e malattie, e dalle tormentate vicissitudini della sua famiglia pienamente contadina ed operaia. E’ nel clima culturale dell’immediato dopoguerra, carico di forti emozioni che lambivano anche il suo pur ristretto ambito familiare, che Spiga comincia a sentire l’attrazione delle grandi ideologie che domineranno i decenni successivi.

L’incontro con Emilio Lussu, già leggenda eroica dei Sardi, combattente sardista e antifascista nonché grande scrittore, segnerà definitivamente le sue scelte e i suoi umori per tutti gli anni a venire.

Si dedicherà, infatti, all’attività politica nell’ambito della sinistra, assumendo ruoli diversi sempre segnati dalla sua originaria vena utopica. Agitatore politico, dirigente di partito, militante etnicista, organizzatore di circoli politico-culturali, (come Città e Campagna), giornalista e fondatore dì giornali periodici, (come Nazione sarda e Tempus de Sardinnia)), animatore del movimento per i diritti linguistici dei Sardi, ideatore del primo ed unico sindacato etnico dei lavoratori. la Confederazione sindacale sarda (CSS). Al suo impegno politico accompagna un costante approfondimento dei temi fondamentali della cultura sarda, il sardismo, l’autonomismo e un rinnovamento economico-sociale.

Nel 1968, già uscito dalla militanza di partito, (il PCI) comincerà ad allontanarsi dalle ideologie della sinistra, nei confronti delle quali svilupperà una polemica costante finita successivamente nel distacco totale. E’ di questo periodo la pubblicazione di un libro collo pseudonimo di Giuliano Cabitza: Sardegna,  rivolta contro la colonizzazione, in cui comincia ad affacciare la sua propensione per l’autogoverno comunitario, inteso non soltanto come aspirazione ideale, ma anche come prospettiva politica generale.

Questo libro indica che Cabitza compie una svolta culturale definitiva, mai revocata ed anzi sempre più radicalizzata: soprattutto negli ultimi anni.

La Sardegna, infatti, era diventata il centro dei suo universo, da cui aveva cacciato la città, il partito, quello comunista e gli altri, il marxismo-leninismo, la classe operaia, lo Stato.

La Sardegna non gli appariva più un puntino sperduto nel mappamondo, ma gli si ergeva come torre d’osservazione dei problemi del mondo e come oracolo premonitore di possibili destini diversi dell’umanità. Dopo un’intensa e pluridecennale attività pubblicistica, nel 1998 consegna alla stampa un suo romanzo, Capezzoli di pietra, Zonza editori.

Nel 2000, lo stesso editore Zonza pubblica un altro libro, che Spiga scrive assieme allo scrittore e poeta Francesco Masala e al filosofo Placido Cherchi, intitolato Manifesto della gioventù eretica e del comunitarismo nel quale si tenta di interpretare in riferimento alla realtà sarda corrente i principi e i valori della cultura nuragica e, in particolare, della concezione comunitaristica.

Alla fine del 2006 l’Editrice CUEC cura l’edizione dell’ultimo libro di Spiga col titolo La sardità come utopia, note di un cospiratore. In esso l’Autore, rifiutando le ideologie della modernità quali illuminismo, liberalismo e socialismo, pone la propria biografia come base di un pensiero di terra, come base, cioè, di una elaborazione concettuale sospinta e sostenuta direttamente dalla personale esperienza esistenziale. L’ipotesi dì fondo é che la vita dì ogni essere umano contiene un messaggio, quali che siano la sua importanza e il suo contenuto, e che tale messaggio debba essere confrontato con gli altri messaggi personali per ricostituire  un dialogo capace di diventare fonte di ricomposizione dell’unità del genere umano gravemente minacciato dai pericoli insiti nella crisi dell’età moderna e dell’intera civiltà prodotta dalla Storia.

 

 

Ricordando Eliseo Spigaultima modifica: 2009-11-20T10:59:56+01:00da zicu1
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Un pensiero su “Ricordando Eliseo Spiga

  1. Apo connotu a Eliseo.
    L’apo connotu a zovaneddu, in Casteddu, cando fia andande a s’universidade.
    In fatu de Micheli Thedde e de Micheli Columbu, ambos ollollaesos e paesanos meos, su ‘e tres est issu, Eliseo, chi m’at bestiu ànimu po sa Sardinna e po su sardismu.
    Diemus esser in su ’70, comitzande a li picare capu de abberu a s’istòria de sa Sardinna, a sa polìtica e a sa curtura nostra, su prus a sa limba. Issu sortiat zòvanos, su bonu universitàrios, de cada ala de Sardinna, e nos chistionaiat de colònia, de indipendèntzia, de libertade, e de “LOTTA”, de su bisonzu chi sa Sardinna aiat chi sos fizos suos, mesche sos zòvanos, esseren fatu carchi cosa po mezorare totu sos sardos.
    A mie cussos atòbios m’an afortigau sa raighina de su chi soe oetotu, sardu e sardista, sìncheru e cumbintu.
    L’apo torrau a atobiare custos ùrtimos annos, ca l’apo mutiu a s’iscola mea po unu cursu de “formazione” po professores (L. 26). Semper issu. Un’òmine comunu, passessiosu e craru in su chistionare, chi rennessiat a fagher cumprender a donniunu sas “teorias econòmicas” e sos irbàllios chi an fatu sos polìticos in Sardinna, chircande “modellos” de oras e lassande a un’ala su connotu, su chi semper aiat mantesu totu sos sardos lìberos e meres de issos etotu.
    In Sardinna sos sardos poden istare sanos e alligros, bene chèrtios dae totus e, su prus, ricos de benes e de bonu cherrer, cumente semper sun istaos in totu su tempus colau.
    Po onorare a Eliseo diat tocare a fagher carchi passu a innantis cara a ue naraiat issu: a nos chircare tra nois, a nos intertenner totu paris, a dare prus importu a su chi amus nois chi no a su chi nos cheren dare sos àteros, a nos mantenner frimos e securos in tretos nostros; ca in locu nostru no amus de timer a niunu.
    Como deretu? A legher sos libros suos!

    Michele Podda

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