C’è poca Sardegna nella scuola

sudPeppino Loddo, riconfermato segretario regionale della Flc-CGIL nel recente Congresso, propone alla Regione «di aprire con determinazione la vertenza con lo Stato per ottenere il riconoscimento con standard più favorevoli di quelli nazionali, delle specificità della Sardegna in materia di istruzione e di formazione». Individua quindi i capisaldi: organici, edilizia e dispersione scolastica. Si tratta di obiettivi sacrosanti, soprattutto tenendo conto della drammatica crisi della scuola sarda. Ma che sono insufficienti a sciogliere i nodi che la stritolano. Essi infatti sono certo di ordine strutturale, ma non solo: attengono infatti anche – per non dire soprattutto – alla didattica, ai programmi, ai metodi. Certo i nuovi programmi della Scuola elementare – e, sia pure ancora in misura insufficiente, della media e superiore – raccomandano di portare l’attenzione degli alunni “sull’uomo e la società umana nel tempo e nello spazio, nel passato e nel presente, nella dimensione civile, culturale, economica, sociale, politica e religiosa, per creare interesse intorno all’ambiente di vita del bambino, per accrescere in lui il senso di appartenenza alla comunità e alla propria terra”. Ma si tratta di grida manzoniane, chiacchiere, flatus vocis. La realtà è che la scuola italiana in Sardegna è rivolta a un alunno che non c’è: tutt’al più a uno studente metropolitano e nordista. Non a un sardo. È una scuola che con i contesti sociali, ambientali, culturali e linguistici degli studenti non ha niente a che fare. Nella scuola la Sardegna è assente nei programmi, nelle discipline, nei libri di testo. Si studia l’Italia “dalle amate sponde” e “dell’elmo di Scipio”: di Orazio Coclite e Muzio Scevola, fantasie con cui Tito Livio intende mitizzare Roma. Non si studia invece – perché lo storico romano non poteva scriverlo – che i Romani fondevano i bronzetti nuragici per modellare pugnali e corazze; per chiodare giunti metallici nelle volte dei templi; per corazzare i rostri delle navi da guerra. Ma la Sardegna, con le sue vicissitudini storiche, le dominazioni, la sua civiltà e i suoi tesori ambientali, culturali e artistici è del tutto assente: un diplomato sardo e spesso persino un laureato, esce dalla scuola senza sapere nulla dell’architettura nuragica, della Carta De Logu, della Lingua sarda. (Prof. Francesco Casula, Storico)

Da “Il Giornale di Sardegna” del 16/03/2010

C’è poca Sardegna nella scuolaultima modifica: 2010-03-17T12:19:00+01:00da zicu1
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