Ma a cosa serve il Sardo?
di Francesco Casula
Nelle mie peregrinazioni nelle scuole isolane per parlare di storia e lingua sarda, la domanda più frequente che mi si rivolge, non solo da parte degli studenti ma anche dei docenti è la seguente: ma il sardo, a cosa serve? L’interrogativo, del tutto legittimo, sottende però un’unica preoccupazione: la dimensione puramente pratica e utilitaristica. Ora, a parte che una politica a favore della Lingua sarda può essere uno strumento formidabile per creare occupazione –con migliaia e migliaia di nuovi posti di lavoro nella scuola come in molti in altri settori- i vantaggi della conoscenza del sardo sono precipuamente di natura intellettuale, culturale e civile.
La mia esperienza quarantennale di docente –peraltro confermata ampiamente dai linguisti e dai glottologi, ma anche dagli studiosi delle scienze sociali – mi porta a sostenere che la conoscenza della lingua materna da parte degli studenti serve per una pluralità di obiettivi: prendere coscienza della propria identità etno-storica-linguistica; personalizzare l’esperienza scolastica, umana e civile, attraverso il recupero delle proprie radici; migliorare e favorire lo stesso status linguistico italiano: che oggi risulta essere, in modo particolare nei giovani e negli stessi studenti, povero, banale, improprio, gergale. Al limite dell’afasia..
Ma serve soprattutto per superare e liquidare l’idea del “sardo” e di tutto ciò che è locale come limite, come colpa, come disvalore, di cui “disfarsi” e di cui addirittura “vergognarsi”.
(Pubblicato il 31-10-07 su Il Sardegna)