Giovanni Lavagna, monarchico e filo sabaudo ma “scomodo”.

Giovanni Lavagna, monarchico e filo sabaudo ma “scomodo”.

di Francesco Casula

Giovanni Lavagna è un patrizio algherese, (1761-1838), giurista e magistrato, (fra l’altro farà parte come giudice effettivo della sala civile della Reale Udienza) oltre che avere nella sua vita importanti incarichi amministrativi e politici.
E’ un monarchico legittimista e filosavoia, ma ritiene che la monarchia debba fondarsi nell’arte del governare, nella conoscenza della realtà, persino nella forza, ma non nel dispotismo. Ma soprattutto debba fondarsi nella legalità al di sopra delle parti e garante della liberta e della parità dei suoi sudditi. Una critica chiara che rivolgerà ai tiranni sabaudi soprattutto dopo l’arrivo della Corte sabauda in Sardegna nel 1799: anzi di due corti: quella del re e quella del vice re,, quando si assegneranno gli incarichi importanti solo ai piemontesi.
Ma la sua critica ancor più forte la rivolgerà ai sabaudi quando – sempre in seguito alla loro venuta a Cagliari, come esuli, cacciati da Napoleone che occuperà il Piemonte – decideranno di triplicare le tasse regie (il famoso “Donativo”), che passeranno da 200 mila lire sarde a 600 mila. Per finanziare appunto le due Corti: quella del re e quella del vice re.
Egli ritiene infatti che aumentare a dismisura le tasse regie sia assolutamente illegittimo:
”In sostanza egli nega ogni legittimità in fatto e in diritto all’Editto con cui Carlo Emanuele IV, sentita una delegazione stamentaria, decreta un esorbitante «donativo» straordinario e ne fissa il «riparto» fra le varie classi della popolazione. Il tributo è ritenuto illegittimo sia perché troppo gravoso in relazione alle disperate condizioni economiche del paese e troppo sproporzionato rispetto a simili «donativi» imposti nel passato, sia perché approvato in contrasto con le leggi fondamentali del Regno, cioè da una ristretta delegazione stamentaria e non dai tre Bracci appositamente convocati e investiti della pienezza dei loro poteri” (1).
In altre parole critica l’aumento spropositato del Donativo per un motivo de iure (non viene convocato il Parlamento) e un motivo de facto: la Sardegna attraversa una crisi drammatica: la gente muore di fame e di sete; migliaia di bambini muoiono di vaiuolo; non si paga neppure il “soldo” ai soldati.
“Alle spese di mantenimento e suntuarie della corte il Lavagna dedica particolare attenzione: egli le considera uno sperpero del pubblico denaro che, già inammissibile in tempi normali, diventa addirittura delittuoso se fatto in momenti di carestia e a carico di un popolo povero e oppresso dai tributi”.
Lavagna è dunque un filo sabaudosui generis: onesto e rigoroso, non cortigianesco nè servile. E con la schiena dritta quando si tratta di denunciare sconcezze e infamie così evidenti come quelle di triplicare le tasse in un solo colpo!
Sarà per questo che le sue “Carte” sono state pubblicate nel 1970? Ma sostanzialmente sono sconosciute? Come pure il suo “Diario” che copre gli anni che vanno dal 1796 al 1806 ed è custodito oggi nel “Fondo Tola” della Biblioteca comunaJe di Sassari? Diario che lo stesso cortigianesco storico ufficiale dei tiranni sabaudi, Giusppe Manno, definì “preziosissimo”?
Riferimenti bibliografici
1. Carlino Sole.Le Carte Lavagna e l’esilio di Casa Savoia in Sardegna (Giuffrè editore, Milano 1970), pagina 26.
2. Ibidem, pagina 27.

Giovanni Lavagna, monarchico e filo sabaudo ma “scomodo”.ultima modifica: 2023-10-26T07:03:16+02:00da zicu1
Reposta per primo quest’articolo