CONNOSCHERE SU TEATRU IN LIMBA SARDA: Luigi Matta (1851 -1913 )

CONNOSCHERE SU TEATRU IN LIMBA SARDA:Luigi Matta (1851 -1913)

di Francesco Casula

Luisu (Luigi) Matta nasce a Nuragus il 5 settembre 1851. Dopo alcuni anni
delle scuole elementari, per motivi economici, (l’estrema povertà della sua
famiglia) non potendo proseguire gli studi, lavora nella bottega del padre
che fa il fabbro e insieme fa il contadino. Nel contempo si dedica alla lettura
dei poeti in lingua sarda e rivela grandi doti di improvvisatore. La sua passione
per la poesia sarda lo porta a comporre, per passatempo, all’età di 25
anni, la sua prima canzone dedicata alla Vergine di Bonaria, in cui denota
già di padroneggiare il linguaggio popolare sardo insieme alla buona capacità
di verseggiatore. Intanto decide di farsi prete. Ma per ben due volte le
autorità ecclesiastiche lo respingono: dal collegio Salesiano di S. Pier d’Arena
prima e dal seminario d’Oristano poi. Finché lo accoglierà l’arcivescovo
di Cagliari, Vincenzo Gregorio Berchialla, lo stesso che lo ordinerà sacerdote
l’8 luglio del 1884.
Nello stesso anno viene nominato vicario a San Pietro di Pula (oggi Villa
San Pietro) e due anni dopo viene eletto rettore di Gergei, dove opererà, per
ben 27 anni, fino alla morte avvenuta il 23 aprile 1913 in seguito a una
lunga malattia, all’età di soli 62 anni. Tre anni prima era stato nominato
Canonico. Venne nominato Canonico ordinario con annesso privilegio dei
Protonotari Apostolici il 18 marzo 1910.
Fu oltre che valente oratore, eccellente poeta. Autore di molte composizioni
religiose (gosos, laudes) oltre della canzone di Bonaria già accennata, di una
seconda canzone dedicata alla medesima Vergine nel 1895, di una canzone
dedicata a S. Isidoro, e di una piccola commedia in versi dal titolo “l’Orfanella”,
inedita e di cui non abbiamo il testo.
Ma deve la sua fama soprattutto a due splendide poesie (S’angionedda mia
bella Conchemoru e Tottu in manu mia tengu duas rosas) che compaiono entrambe
nel suo capolavoro, la commedia Sa coia ‘e Pitanu, pubblicata il 15
giugno del 1910. Altre pubblicazioni seguiranno, postume, negli anni
1915,1922,1924,1928, 1938,1951. Ultime in ordine di tempo sono le pubblicazioni
a cura di Fernando Pilia nel 1957; di Silvio Murru (con bella traduzione
poetica a fronte) nel 2009 e di Gian Paolo Anedda nel 2010. A testimonianza
dell’interesse per questo memorabile affresco etnologico ed etnografico
che ebbe – e ancora ha – larga fortuna, specie nel Campidano. Ma
ebbe notorietà anche fuori dalla Sardegna e fu consultata persino da Antonio
Gramsci e Max Leopold Wagner.
Il motivo della pubblicazione è spiegato dall’Autore stesso nella presentazione
della prima edizione, rivolgendosi a is benevolus lettoris: Sa Coia de
Pitanu, chi deu hosi presentu in custa cumme-dia, sighia de una Farsa, non fiat
nascia po conosciri sa luxi de sa stampa, ma cumposta in is oras liberas po ricreazioni
propria. Depustis però chi, ancora manoscritta, hat fattu su giru de is
famiglias in Gergei e in medissimas ateras biddas, i esti istetia rappresentada
cun accoglienzia cortesa in is teatrinus socialis de Monserrau e de Gergei, hapu
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depiu cediri a is replicadas insistenzias de is numerosus e carissimus amigus mius,
is calis dda boliant pubblicada po donai a is compatriottus una lettura amena,
onesta e utili a su populu, scritta in su puru dialettu sardu, asuba de is usus e
costuminis antigus. (Il matrimonio di Pitano, che io vi presento in questa
commedia, seguita da una Farsa, non era nata per conoscere la luce della
stampa, ma composta nelle ore libere per ricreazione propria. Però, dal
momento che, ancora manoscritta, ha fatto il giro delle famiglie in Gergei e
in moltissimi altri pae-si, ed è stata rappresentata con cortese accoglienza
nei teatrini sociali di Monserrato e di Gergei, ho dovuto cedere alle ripetute
insistenze dei numerosi e carissimi amici miei, i quali la volevano pubblicata
per dare ai compatrioti una lettura piacevole, onesta e utile al popolo,
scritta nel puro dialetto sardo, secondo gli usi e costumi antichi).

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