Sa chida santa e le feste pasquali fra sacro e profano

Sa chida santa e le feste pasquali fra sacro e profano

di Francesco Casula

Il connubio e l’ibridazione fra sacro e profano è presente in tutta la cultura popolare sarda come nelle tradizioni e le Feste: che sono nello stesso tempo religiose e profane. Alcuni studiosi fanno risalire alcune feste popolari e religiose addirittura al periodo prenuragico o comunque a quello nuragico in cui le comunità sarde periodicamente si ritrovavano e si riunivano nei “santuari” di allora: a Santa Cristina di Paulilatino come a Santa Vittoria di Serri.
L’intelligenza e la flessibilità della Chiesa cattolica è stata nel sopprimere ma nello stesso tempo di recuperare e mediare quel senso di segno magico-pagano e profano, quell’universo mitico di estrazione folclorico-rurale, proveniente da antichissime abitudini precristiane, mai completamente sradicate, nell’ambito sacro del Cristianesimo e delle sue feste. tanto che oggi non esiste scadenza liturgica importante che non presenti innesti di tipo pagano-profano, che la Chiesa comunque renderà compatibili con la simbologia cristiana, riplasmandoli in questo modo dal Natale alla Pasqua, dalla Quaresima alla Festa dei morti, dalla festa di San Giovanni a quella di Sant’Efisio.
Così un’ampia gamma di soluzioni sincretistiche punteggerà in modo discreto ma persistente lo sviluppo dell’intero anno liturgico, per non parlare della loro presenza nel ciclo esistenziale di ciascun individuo: dalla culla alla bara.
Dicevo della Pasqua (in sardo sa Pasca manna per distinguerla dae sa Paschixedda). Ebbene nelle Feste pasquali, nella settimana santa, nel ricordo rituale e drammatizzato della Passione di Cristo, l’elemento sacro e religioso si coniuga e si unisce a quello profano, riferibile al cosiddetto ciclo dell’anno e a rituali magico propiziatori legati, soprattutto in ambito rurale, alla rigenerazione primaverile della natura. Cosicché nell’elemento che accomuna la liturgia ufficiale della Chiesa e gli usi locali, le cosiddette paraliturgie, vi è la consapevolezza di vivere in quei giorni, una fase di passaggio e di rinnovamento interiore, di transito da una condizione di negatività a una, auspicata e propiziata, di benessere e prosperità di nuova vita.
Abbiamo così due tipologie di rituali: quelli propriamente liturgici, con i riti del sacro oggetto della liturgia di Santa romana chiesa (fino a non molto tempo fa celebrati in latino) e quelli paraliturgici, in genere tramandati dalle Confraternite, dalla gente comune che spesso riprendono e riadattano a uso del popolo, i cerimoniali ufficiali, altre volte si sovrappongono ad essi introducendo, sincreticamente, usi e credenze di origine precristiana. Due tipologie di rituali insomma che a volte convergono a volte sembrano configgere fra loro e, per questo motivo hanno subito talvolta nel corso dei secoli e persino oggi, l’ostracismo e l’opposizione delle autorità ecclesiastiche.
Persino oggi il rapporto fra parroci e sodalizi confraternali, vere e proprie macchine collaudate per trasmettere le paraliturgie, non sempre è stato o tuttora è idilliaco: ma a scontrarsi più che il sacro con il profano spesso è la tradizione sostenuta dalle comunità locali dei credenti con la linea ufficiale della Chiesa. Finché i due binari quello dell’ufficialità e quello della località scorrono paralleli e in rapporto di buon vicinato, non si verifica alcun problema. Le difficoltà emergono invece quando vi sono dei reali o presunti sconfinamenti di campo.
Persino nelle cronache giornalistiche assistiamo a contrasti cuntierras e brias fra Parroci, Confraternite e Pro Loco.

Sa chida santa e le feste pasquali fra sacro e profanoultima modifica: 2023-04-02T10:21:16+02:00da zicu1
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