Notiziario dei soci “Università della Terza Età – Quartu Sant’Elena”
Novembre 2013
S’omine morit imparande
di Francesco Casula
S’omine morit imparande. Recita così un famoso
e antico adagio sardo. A significare che
l’educazione e l’apprendimento non hanno limiti
e confini temporali nella vita dell’individuo:
iniziano con la nascita e terminano con
la dipartita. Per più secoli – soprattutto ad
iniziare dalla rivoluzione industriale e con
l’istituzione della Scuola e fino a qualche decennio
fa – l’apprendimento del sapere è
stato circoscritto sostanzialmente al periodo
scolare, a un’età precisa e limitata dell’esistenza:
quella adolescenziale e giovanile.
Il lavoro – dentro la concezione industrial-illuminista
– doveva venire dopo, ad apprendimento
concluso e finito, in genere nella
scuola ufficiale e di “stato”.
Confinato a uno spazio-luogo – quello scolastico
appunto – separato anche fisicamente
dal lavoro e dalla produzione, esso si poneva
come del tutto “altro” rispetto alla vita, alle
dinamiche sociali e individuali ed era finalizzato
a conoscenze sostanzialmente libresche,
poco attigue quando non in contrasto con i
“saperi” tradizionali, con la cultura “materiale”
legata ai mestieri e insegnata dalla
scuola non ufficiale – o per dirla con Michelangelo
Pira “alla macchia” – gestita di fatto
dagli anziani, veri e propri maestri e docenti
di saggezza. Oggi, fortunatamente questa visione
dell’apprendimento e del sapere è entrata
in crisi: la più moderna e avveduta
pedagogia e didattica si muovono su traiettorie
culturali riassunte dallo slogan della “educazione
permanente”: abbondantemente e
saggiamente anticipate dal pregnante diciu
sardo di cui parlavo all’inizio.
Di qui, per esempio, le campagne di studio e
aggiornamento, più spesso annunciate e pubblicizzate
che realizzate – occorre dire – , rivolte
a giovani e meno giovani inseriti già nel
mondo e nel circuito lavorativo; di qui le
esperienze, in qualche modo paradigmatiche,
delle Università della Terza Età, sempre più
diffuse anche in Sardegna. Di una di queste
vorrei parlare: per liquidare alcuni luoghi comuni
che su di esse vengono diffusi o comunque
circolano, ma soprattutto per
testimoniare una bella esperienza che da anni
si porta avanti a Quartu Sant’Elena.
Molti pensano a una sorta di dopo scuola per
anziani, a corsi di recupero rivolti a qualche
anziano volenteroso che non ha avuto la fortuna
di intraprendere o concludere gli studi:
niente di tutto questo. L’Università della
terza Età di Quartu, è frequentata da una pluralità
di età e con provenienze sociali, culturali,
professionali le più diverse: molti sono
anche laureati e diplomati. Che si incontrano
certo per “imparare” ma anche per stare insieme,
confrontarsi, discutere, socializzare,
divertirsi, vincere la solitudine, sconfiggere
l’idea – tipica di una società tutta giocata sul
produttivismo industrialista – che l’anziano
debba solo aspettare, rassegnato, magari in
solitudine e in angosce, la fine della sua esistenza,
e non possa quindi continuare a vivere
gioiosamente, con gli altri e per gli altri.
Nell’Università della Terza età di Quartu infatti
certo si imparano le lingue (inglese, spagnola,
tedesca, portoghese) e l’Informatica, la
filosofia, la psicologia e l’archeologia, la poesia
e la letteratura sarda, la storia dell’arte,
delle religioni e della Comunicazione ecc. Ma
si partecipa anche a laboratori teatrali e di ricerca
storica. Si canta, si disegna, si pittura e
si apprende il ballo sardo. Si gioca a scacchi
e a bridge. Si fanno attività motorie. Si presentano
libri e si organizzano viaggi e gite.