Repressione

 

Dirigente indipendentista da Giugno in carcere con accuse inverosimili

La strana vicenda di Bellomonte

di Francesco Casula*

Bruno Bellomonte, un dirigente del Movimento indipendentista “A Manca” è stato arrestato a Roma il 10 giugno 2009, con un gran clamore mediatico a livello sardo e italiano. Le accuse sono pesantissime, ma da quello che a tutt’oggi è emerso, i fatti contestati appaiono fumosi e inverosimili. Come lo erano stati quelli che lo portarono all’arresto nel 2006, nell’operazione Arcadia, insieme con altri 10 compagni: in quell’occasione, dopo circa due mesi di carcere è stato rimesso in libertà, in quanto nel periodo incriminato si trovava all’estero e quindi estraneo ai fatti contestatagli. Stavolta, dopo aver trascorso 45 giorni nel carcere di Regina Coeli a Roma, in regime d’isolamento in una piccola cella con la porta blindata chiusa tutto il giorno, con appena 15 minuti di aria giustificati ufficialmente dalla mancanza di personale, il 25 luglio è stato trasferito nella casa circondariale di Catanzaro. Le modalità di trasferimento (12 ore di viaggio trascorse in un pullman dell’amministrazione penitenziaria, dentro una gabbia e con le manette per tutta la durata del percorso con temperature impossibili e soltanto con un panino e una bottiglia d’acqua), risultano inconcepibili: si tratta infatti di un trattamento inumano per un condannato ma ancor più per un cittadino che, fino a prova contraria, è innocente. Il trasferimento non ha tenuto conto, nonostante la richiesta avanzata dal legale, dell’applicazione della Legge 345/75 che prevede di destinare i soggetti in Istituti vicino alla residenza delle famiglie. Il disagio determinato dall’insularità, è logistico, psicologico oltre che economico, anche perché per visitare il Bellomonte i familiari devono affrontare un lungo viaggio di due giorni e spendere circa 400 euro, rendendo impossibile, di fatto, le quattro visite mensili previste dal Regolamento penitenziario. A fronte di ciò il Comitato Territorialità della pena, con una petizione (su cui sta raccogliendo le firme), a sostegno di quanto già richiesto dai familiari, chiede per lui e per tutti i detenuti che si trovano nelle sue condizioni, l’applicazione della Legge 354/75 e del Protocollo d’intesa tra la Regione Sardegna e il Ministero della Giustizia del 07/02/2006 sulla territorialità della pena, affinché la detenzione preventiva in un luogo distante dalla residenza della famiglia non divenga una pesante pena aggiuntiva.

 

*storico

 

(Pubblicato su Il Sardegna dell’8-12-09)

 

 

 

 

Repressioneultima modifica: 2009-12-08T08:54:04+01:00da zicu1
Reposta per primo quest’articolo