La politica dimentica “sa limba”

La politica dimentica “sa limba”

di Francesco Casula

Tutta la partita che attiene alla lingua e alla cultura sarda sembra essere stata cancellata  dall’agenda elettorale di Partiti e coalizioni. Evidentemente pensano che sia secondaria rispetto ad altri problemi. Non capendo invece che essa ha corpose ricadute anche a livello economico e occupazionale: basti pensare ai posti di lavoro che si potrebbero creare con l’insegnamento della cultura e della lingua sarda in tutti i tipi di scuola. A questo proposito l’unico cenno è presente nel decimo punto, dei quattordici presentati dal PSD’AZ al PDL per l’alleanza elettorale: si parla di insegnamento della cultura e della lingua sarda nelle elementari. Una posizione in contraddizione con la stessa proposta di legge sardista al Consiglio regionale del 21 Febbraio 2006, art.6, che proponeva “l’istituzione delle cattedre di lingua e cultura sarda, con relativi programmi didattici e dunque l’insegnamento delle stesse nelle scuole di ogni ordine e grado della Sardegna”.

Non si capisce il perché dell’insegnamento del sardo nelle sole elementari, quando la stessa Legge statale sulle Minoranze linguistiche, la 482 del 1999, prevede l’insegnamento della Lingua sarda e l’utilizzo della stessa come lingua veicolare, anche nelle Scuole medie. Invece di fare passi avanti, ritorniamo indietro!

Una posizione arretrata che mi ricorda tanto uno storico sassarese che ha scritto “Sono d’accordo con certe forme moderate di bilinguismo, ma la lezione universitaria in sardo la trovo controproducente e ridicola. Oggi non avrebbe alcun senso utilizzare il Sardo come linguaggio scientifico, giacchè esso nelle sue due grandi varianti, campidanese e logudorese, è una lingua di fatto rurale, che ha assimilato solo indirettamente i termini più propriamente legati alla vita e alla cultura cittadina”. Come se la lingua sarda fosse adatta per parlare di contos de forredda, ma non di cultura “alta”. Non capendo che:”Ogni e qualunque lingua è pienamente adeguata a esprimere le attività e gli interessi che i suoi parlanti affrontano. Quando questi cambiano, cambia e cresce anche la lingua. In un periodo relativamente breve, qualsiasi lingua precedentemente usata solo a fini familiari, può essere fornita di ciò che le manca per l’uso nella tecnologia, nell’Amministrazione Pubblica, nell’Istruzione”: a sostenerlo è il più grande studioso del Bilinguismo a base etnica, J. A. Fishman.

 

(Pubblicato su Il Sardegna del 10-2-09)

 

La politica dimentica “sa limba”ultima modifica: 2009-02-17T07:23:53+01:00da zicu1
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