Carta de logu

 

Adesso serve una nuova Carta de Logu

 

di  Francesco Casula

 

Il 31 Gennaio scorso lo Statuto sardo ha compiuto 60 anni. E si vedono tutti: è pieno di rughe, malandato, cadente. Per la verità ormai da qualche decennio: se non addirittura fin dalla sua genesi. Nasce infatti già depotenziato e debole, più simile a un gatto che a un leone, secondo la colorita espressione di Lussu. In questo più di mezzo secolo ha subito un processo di progressivo svuotamento e di compressione sia dall’esterno, cioè da parte dello Stato centrale, sia dall’interno, ovvero da parte delle forze politiche dirigenti sarde, che non sanno usare e, spesso, non vogliono utilizzare, gli stessi strumenti, possibilità e spazi che l’autonomia regionale offriva. Basti pensare a questo proposito alla vicenda delle norme di attuazione, che non vengono emanate, o vengono emanate in modo eccezionalmente riduttivo, o che non vengono comunque quasi mai poste in atto, per constatare come le forze politiche sarde abbiano svilito la stessa limitata autonomia, statutariamente riconosciuta.

   Non solo. Nato come Statuto speciale, oggi risulta dotato di meno poteri delle regioni a Statuto ordinario costituite nel ’70 e di fatto rappresenta oramai un ostacolo alla realizzazione di una vera Autonomia, o peggio: serve solo come copertura alla gestione centralistica della Regione da parte dello Stato, di cui non ha scalfito per niente il centralismo. Paradossalmente lo ha perfino favorito, consentendo ai Sardi solo l’amministrazione della propria dipendenza.

La Regione sarda di fatto, in questi 60 anni di storia, ha operato come mera struttura di decentramento e di articolazione burocratica dello Stato.

   Da tempo perciò possiamo ormai considerare consumato il suo fallimento storico, contestuale a quello della Rinascita: come da tempo si è consumata la scissione fra movimento popolare, opinione pubblica e Istituto autonomistico. Che dal senso comune della gente è considerato una controparte, una realtà ostile ed estranea ai Sardi.

   Sono falliti miseramente anche i tentativi di un suo rilancio e rianimazione: prima attraverso la cosiddetta politica contestativa e rivendicazionistica della Regione nei confronti dello Stato degli anni ’70; qualche anno fa, attraverso una Commissione nominata ad hoc dal Consiglio Regionale, chiamata pomposamente “Commissione speciale per l’Autonomia” che ha partorito un documento mostriciattolo, tale da non meritare neppure la discussione in Aula da parte del Consiglio; recentemente con la legge sulla Consulta, seppellita dai cittadini sardi con il referendum.

   Oggi, riprendendo l’Assemblea Costituente sciaguratamente abbandonata dall’attuale maggioranza regionale, è giunto il momento in Sardegna di imboccare decisamente la strada del rifacimento dello Statuto Sardo, una nuova Carta de Logu, una vera e propria Carta Costituzionale di Sovranità per la Sardegna, che ricontratti su basi federaliste il rapporto Sardegna- Stato Italiano e che partendo dall’identità etno- nazionale dei Sardi ne sancisca il diritto a realizzare l’Autogoverno, l’autodecisione, l’autogestione economica e sociale delle proprie risorse e del territorio, il diritto a usare e valorizzare la propria lingua e cultura, a gestire la scuola, i trasporti, il credito, le finanze e l’ordine pubblico. Il potere infine, in settori fondamentali quali la difesa e i rapporti internazionali, di esprimere parere vincolante in merito a tutte le iniziative che tocchino gli interessi vitali della Sardegna.

Ciò comporta il superamento della visione autonomistica: questa infatti, è ancora tutta dentro l’ottica dello Stato centralista –così come in buona sostanza è ancora disegnato dalla Costituzione repubblicana, anche dopo la modifica del titolo V della Costituzione- che al massimo può dislocare territorialmente spezzoni di potere nella “periferia” o, più semplicemente può prevedere il decentramento amministrativo e concedere deleghe parziali alla Regione, che comunque in questo modo continua ad esercitare una funzione di “scarico”, continua ad essere utilizzata come un terminale di politiche sostanzialmente decise e gestite dal potere centrale; che vede il rapporto Stato- Sardegna in termini di semplice dipendenza, che prefigura da un lato l’accettazione di uno Stato ancora totalizzante –nonostante qualche timido tentativo di “dimagrimento”– dall’altro la concessione di uno spazio di gestione amministrativa e politica del tutto ininfluente.

Insomma, uno scambio ineguale, che pone la Regione in uno stato di marcata inferiorità.

 

(pubblicato su L’Unione Sarda il 21-2-08)

Carta de loguultima modifica: 2008-03-06T07:25:00+01:00da zicu1
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