“Pro sa limba nudda”

Solo briciole per la lingua sarda

 

di Francesco Casula*

 

Ad arte, dai nemici della lingua sarda, viene circuitato un luogo comune: che per sa limba si spenda molto. Si tratta di una colossale falsità: per il Sardo si spende pochissimo, per la politica linguistica ancora meno. Sono le fredde cifre a fotografare impietosamente questa realtà, al di là delle chiacchiere che pure tutti fanno sull’importanza dell’identità linguistica  e via via filosofeggiando. E queste cifre ci dicono che, sia la destra che la sinistra, sia Soru che Cappellacci, al Sardo hanno riservato misere e insignificanti briciole. C’è da sperare che nel collegato della Finanziaria –che il Consiglio regionale sta discutendo in questi giorni- o comunque nel prossimo Bilancio 2010, la musica inizi a cambiare. Eppure sarebbe sufficiente applicare, almeno per ora, il Piano Triennale della Lingua sarda, attualmente in vigore, giudicato da più parti uno dei migliori di tutta l’Italia, e che rappresenta, con la sua caratterizzazione a favore della lingua –e non della generica cultura– una importante conquista per il movimento linguistico. Ma ecco alcuni dati che documentano come gli investimenti per il Sardo nei bilanci della Regione sono il fanalino di coda di tutti i settori culturali. E non da oggi, ma fin dal 2004 e oltre. Ebbene nel Bilancio 2009 su un totale di 372 milioni di euro di uscite dichiarate dall’assessorato alla Cultura, per il Sardo si spende poco più 1.270.000 euro! Una vergogna! Ma c’è di più: ben 500.000 di questa ridicola cifra vanno in regalo alle università (che già hanno decine di milioni da altri capitoli di bilancio)  non si sa bene con quale finalità, anzi si sa: per oleare e ingrassare le carriere di qualche baronia. Mi chiedo: ma per quale recondita ragione l’Università di stato deve essere finanziata dalla Regione? Tanto vale che s’istituisca –e si finanzi- una Università tutta sarda e non dipendente da Roma! Ma siamo in presenza anche di un altro paradosso: che lo Stato, tramite il Dipartimento per gli Affari Regionali, spende in Sardegna più della Regione stessa per sa limba, ovvero 2.400.000 euro, quasi il doppio. In questo caso Berlusconi batte sia Soru che Cappellacci e sono confermate le preoccupazioni dei titolari di uffici linguistici che dipendono dalla benevolenza finanziaria del Governo di Roma e non di quello di Cagliari. Qui mi fermo: ma ritornerò con altri dati e altre “vergogne”.

*storico

(Pubblicato su Il Sardegna del 30-7-09)

 

Lingua sarda

Il Governo riduce brutalmente i finanziamenti per la Lingua sarda

IL  BANCO  DI  PROVA  DEGLI  UFITZI

di  Francesco Casula

Nei giorni scorsi Lucia Baire, assessore regionale della Cultura ha incontrato una delegazione dei 198 lavoratori del Servizio Lingua e Cultura sarda in attività negli enti locali dell’isola che protestano per i continui tagli ai fondi erogati dallo Stato, ridotti dai 2.367.000 euro del 2006 ai 135.000 di quest’anno. Finora gli stanziamenti erano stati garantiti dalla legge statale 482/99 sulla tutela delle minoranze linguistiche (fra cui quella sarda), ma dalle prossime annualità i finanziamenti a disposizione rischiano di continuare a calare drasticamente. I “tagli” sono iniziati con il Governo Prodi e quello di Berlusconi ha proseguito. Nell’incontro l’assessore Baire si è impegnata a rappresentare in tempi brevissimi i loro problemi al ministro degli Affari Regionali, Raffaele Fitto, competente sui temi della salvaguardia delle minoranze linguistiche. La situazione è gravissima: con i finanziamenti previsti per il 2010 dei 198 lavoratori impegnati negli Ufitzi de sa limba ne rimarrebbero 37-40. Si tratta di giovani laureati, con una grande professionalità, che hanno investito in cultura e conoscenza, che hanno dietro studi, master, corsi di aggiornamento sulla Lingua sarda. A parte la perdita del posto di lavoro, verrebbe a mancare nei nostri paesi uno strumento fondamentale di promozione e valorizzazione del Sardo. Ricordo infatti che la finalità degli Ufitzi è quello di coordinare e portare avanti tutte quelle attività che attengono all’uso –scritto e orale- del Sardo, (organizzando corsi, offrendo consulenza per le traduzioni, avviando studi e progetti sul Sardo in collaborazione con la scuola). L’assessore Baire sostiene che la Giunta e il suo assessorato sono molto sensibili alle tematiche che riguardano la salvaguardia del Sardo: il finanziamento degli “Ufitzi” è un banco di prova. E ricordo quanto sostiene  Michelangelo Pira nella “Rivolta dell’oggetto”: Il Vicerè non aveva alcun obbligo di essere bilingue; alla traduzione dei suoi ordini potevano provvedere intellettuali bilingui suoi dipendenti. Il presidente della Regione (per dire le istituzioni e organizzazioni politiche sarde autonomiste) ha 1’obbligo di essere compiutamente bilingue: il suo compito non è quello di trasmettere ordini di una sovranità esterna bensì quello di farsi estensione di una sovranità interna partecipando alla costruzione di questa”.

Il Sardo va bene per tutto.

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La lingua sarda insegnata all’Università di Cagliari

Il Sardo va bene per tutto.

di Francesco Casula*

La Lingua sarda irrompe nell’università di Cagliari. Nei giorni scorsi si sono infatti svolti  gli esami del primo corso ufficiale di un insegnamento, Deretu de traballu, (Diritto del lavoro), da parte del professor Gianni Loy nella Facoltà di Scienze politiche. “Altre volte  ci sono stati esami che lo studente ha potuto sostenere in limba, -precisa Loy- ma questo è il primo corso interamente svolto in sardo”. A fianco del Professore che interroga i candidati, -una trentina- compiaciuto, vi è anche Franco Meloni, alto dirigente amministrativo dell’Ateneo cagliaritano e responsabile dello sportello per la lingua sarda dell’università, che ha sostenuto l’iniziativa, perché “est importanti chi si chistionit in limba”. Il professor Loy con il Corso e gli esami di Diritto del lavoro interamente in Sardo, risponde a quegli intellettuali e accademici, nemici della lingua sarda che, pervicacemente continuano a sostenere che essa servirebbe solo per parlare e scrivere di “ contos de foghile o peus de burrumballimines” e non invece di questioni che attengono alla cultura alta, moderna, scientifica e tecnologica. “Sarebbe assurdo –ha scritto uno di loro- o, nella migliore delle ipotesi, comico, pensare di usare le parlate locali per la matematica, la fisica e la filosofia”. Al massimo si può insegnare nelle scuole inferiori ma non certo all’Università. Una risposta a questi “ballallois” l’ha data, nella pratica didattica, il Prof. Loy, utilizzando il sardo come lingua veicolare per trattare temi “alti” e “scientifici” come sono quelli riguardanti il Diritto del lavoro. E a livello teorico ricordo Leibniz – il grande filosofo tedesco- secondo cui non c’è lingua povera che non sia in grado di esprimere tutto. E ancor più faccio riferimento a uno dei massimi studiosi del Bilinguismo a base etnica J. A. Fishman che sostiene: “Ogni e qualsiasi lingua è pienamente adeguata a esprimere le attività e gli interessi che i suoi parlanti affrontano. Quando questi cambiano, cambia e cresce anche la lingua. In un periodo relativamente breve, qualsiasi lingua precedentemente usata solo a fini familiari, può essere fornita di ciò che le manca per l’uso nella tecnologia, nella Pubblica Amministrazione, nell’Istruzione”. E il lessico che il Sardo non possiede? Si prende in prestito dalle lingue che lo possiedono: come fa l’Italiano e come fanno tutte le lingue.

*storico

(Pubblicato su Il Sardegna il 5-5-09)

SA DIE

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SA DIE, una Festa sottovalutata .

di Francesco Casula*

Si celebra oggi Sa Die de sa Sardigna, Festa de su Populu sardu: l’unica Festa auctotona che abbiamo. Tutte le altre infatti –sia civili che religiose- pur importanti, sono Feste importate o imposte dall’esterno. Purtroppo, anche quest’anno, come negli anni più recenti, sarà rievocata in tono minore: sono previste pochissime iniziative e per lo più limitate a Cagliari: come la Cerimonia celebrativa nel Consiglio regionale e la Festa popolare in Piazza del Carmine. Eppure in tutti gli anni novanta è stata una formidabile occasione di incontro e di spettacolo, che ha visto un’entusiastica e diffusa partecipazione popolare, e ha coinvolto migliaia di studenti delle scuole di ogni ordine e grado nello studio della storia sarda. Non si capisce dunque perché, progressivamente, si tenda, di fatto, a liquidarla. Quando oramai non vi erano neppure più contestazioni in merito alla scelta dell’avvenimento e della data: ovvero che si era trattato di una semplice congiura, ordita da un manipolo di borghesi illuministi, per cacciare il viceré e qualche centinaio di piemontesi. A questa tesi infatti ha risposto con grande autorevolezza lo storico sardo Girolamo Sotgiu, che polemizza proprio con l’interpretazione data al 28 Aprile, da storici conservatori e filosabaudi, come il Manno o l’Angius, considerato alla stregua, appunto, di una congiura. Simile interpretazione offusca –a parere di Sotgiu– le componenti politiche e sociali e, bisogna aggiungere senza temere di usare questa parola, <nazionali>, non consentendo di cogliere il reale sviluppo dello scontro sociale e politico né di comprendere la carica rivoluzionaria che animava larghi strati della popolazione di Cagliari e dell’Isola nel momento in cui insorge contro coloro che avevano dominato da oltre 70 anni. Altro che congiura o improvviso ribellismo: la popolazione sarda, dopo secoli di asservimento e di inerzia, per troppo tempo usa a piegare il capo e a curvare la schiena, subendo ogni genere di sfruttamento, soprusi e umiliazioni, con un moto di orgoglio e di dignità e con un colpo di reni, si ribella, alza il capo e raddrizza la schiena dicendo: basta! E caccia i piemontesi e savoiardi, prima da Cagliari e poi da altre città sarde: non per motivi etnici, ma perché rappresentavano la prepotenza e il potere. E’ questo il significato simbolico più profondo, politico e ideale, de SA DIE.

*storico

(Pubblicato su Il Sardegna il 28-4-2009)

 

Scolaro Sassarese

Uno scolaro sassarese  scrive in limba

L’esempio sardo di Franziscu

di Francesco Casula*

Franziscu, un bambino sassarese di 8 anni scrive i temi in limba. E ugualmente in Sardo inventa racconti fantasiosi. Ma sa scrivere anche in italiano e conosce l’analisi logica e grammaticale meglio di molti altri bambini, precisa la maestra, Maria Teresa Caravatti, dell’VIII Circolo scolastico di Sassari, che incoraggia lo scolaro e fa apprezzare sa limba anche agli altri bambini. Sembrano lontani i tempi in cui due maestre nel 1989, in una scuola elementare di Olbia, bocciarono due fratellini, di 2° e 4° elementare, perché “il loro lessico era influenzato dal dialetto”. E ugualmente distante –per fortuna- sembra essere l’attuale atteggiamento del Ministero rispetto a quello del passato. Ricordo che ancora nel 1955, nei programmi elementari si introduceva l’esplicito divieto per i maestri di rivolgersi agli scolari in “dialetto”. E in tempi a noi più vicini, con una nota riservata del Ministero –regnante Malfatti– del 13-2-1976, si sollecitavano Presidi e Direttori Didattici a “controllare eventuali attività didattiche-culturali riguardanti l’introduzione della Lingua sarda nelle scuole”. Una precedente nota riservata dello stesso anno del 23-1 della Presidenza del Consiglio aveva addirittura invitato i capi d’Istituto a “schedare“ gli insegnanti. Certo, non siamo ancora al Bilinguismo, né nella Scuola né nella società, ma abbiamo delle Leggi (europee, statali e regionali) che in qualche modo lo sollecitano e lo favoriscono. Ma soprattutto sta maturando la consapevolezza  anche fra i docenti, che la presenza della lingua materna e della cultura locale nel curriculum scolastico si configurano non come un fatto increscioso da correggere e controllare ma come elementi indispensabili di arricchimento, di addizione e non di sottrazione, che non “disturbano” ma anzi favoriscono lo sviluppo comunicativo degli studenti perché agiscono positivamente nelle psicodinamiche dello sviluppo. E che nell’insegnamento occorra partire dall’individuazione del retroterra linguistico, culturale, personale, familiare, ambientale dell’allievo e del giovane, non per fissarlo e inchiodarlo a questo retroterra ma, al contrario, per arricchire il suo patrimonio linguistico. E per potenziare l’autostima, come ha scritto Fabritziu Dettori, giovane sassarese impegnato sul fronte del bilinguismo, che per primo ha fatto conoscere ai giornali il caso di Frantziscu.

*storico

(Pubblicato su Il Sardegna del 14-4-09)

 

Identità

L’Identità nella poesia estemporanea locale

 

di Francesco Casula

 

 

 

 

La poesia sarda improvvisata dopo il periodo buio del fascismo, in cui venne proibita, ha ripreso con forza dopo la guerra. Oggi, pur senza la diffusione degli anni ’50 e ’60, continua ad essere praticata, seguita e studiata. Soprattutto nei paesi. Proprio questo pomeriggio a Seulo si terrà un Incontro, organizzato dall’Associazione culturale “Su Scusorgiu” (Tesoro nascosto) in cui si discuterà dei poeti estemporanei, specie di quelli seulesi: da Giovanni Murgia a Espedito Murgia,  a  Cosimo Murgia.

Con il Convegno l’Associazione, vuole soprattutto rivolgersi ai giovani, offrendo testimonianze di vita della propria comunità, per riscoprire la propria storia e rafforzare la propria identità, arricchendoli di strumenti idonei a contrastare la globalizzazione selvaggia che domina la società moderna e che rischia di far perdere all’individuo la sua specificità.

A tal proposito mi sembra quanto mai attinente quanto scrive il liberal americano Jeremy Rifkin nel suo ultimo libro “La fine del lavoro” : solo riuscendo a costituire comunità locali forti e capaci di autosostenersi sarà possibile battere lo spiazzamento della tecnologia e del mercato globale che minacciano il benessere se non la sopravvivenza del consorzio umano.

Il Convegno sarà introdotto dal Prof. Enzo Murgia, vicepresidente dell’Associazione che affronterà il rapporto fra poesia dotta e poesia estemporanea, cui seguirà la relazione di Don Luca Fadda che parlerà della Lingua sarda nella liturgia, con i Gocios e le Perdicas.

 

(Pubblicato su Il Sardegna del 14-12-07)

 

Parco Gennargentu

Il no dei Sardi al Parco statale del Gennargentu

 

di Francesco Casula

 

  • Il Ministro all’Ambiente ripropone il Parco del Gennargentu e divampa nuovamente la polemica. Un documento del Movimento sardo pro territorio parla “di tentativo di riesumare il cadavere del Parco; di un modello di parco che non lascia alcun spazio nè alcuna prospettiva di trasformazione economica e di sviluppo; di statalismo ecologista burocratico e vessatore che ha ucciso intere comunità terrestri e marine, usi secolari, culture materiali profondamente radicate nei territori e nella storia di popolazioni di molte regioni”. E conclude “non siamo più disponibili a sopportare un autentico genocidio sociale, economico e culturale e la libertà dei  sardi non è in vendita”.
  • Certo si può essere d’accordo o meno con la posizione del Movimento pro territorio, ma è indubitabile che che le popolazioni gravitanti sul Gennargentu vivano l’stituzione del Parco statale come delle “nuove chiudende”, come un ulteriore esproprio delle loro terre. Non si capisce diversamente la loro opposizione, peraltro condivisa e spesso organizzata dai rispettivi Consigli comunali e dai Sindaci, a prescindere dal colore politico.
  • All’ottimo Pecoraro Scanio che sta conducendo importanti battaglie di ambientalismo sociale (a favore delle energie alternative e dell’agricoltura biologica, contro gli OGM, il nucleare, etc) suggeriamo sommessamente di archiviare una buona volta il Parco statalista. I sardi non lo vogliono: hanno subito fin troppi sequestri della loro terra, ad iniziare dalle basi e servitù militari.

 

(Pubblicato su Il Sardegna del 12-12-07)

Parco Gennargentu

Il no dei Sardi al Parco statale del Gennargentu

 

di Francesco Casula

 

  • Il Ministro all’Ambiente ripropone il Parco del Gennargentu e divampa nuovamente la polemica. Un documento del Movimento sardo pro territorio parla “di tentativo di riesumare il cadavere del Parco; di un modello di parco che non lascia alcun spazio nè alcuna prospettiva di trasformazione economica e di sviluppo; di statalismo ecologista burocratico e vessatore che ha ucciso intere comunità terrestri e marine, usi secolari, culture materiali profondamente radicate nei territori e nella storia di popolazioni di molte regioni”. E conclude “non siamo più disponibili a sopportare un autentico genocidio sociale, economico e culturale e la libertà dei  sardi non è in vendita”.
  • Certo si può essere d’accordo o meno con la posizione del Movimento pro territorio, ma è indubitabile che che le popolazioni gravitanti sul Gennargentu vivano l’stituzione del Parco statale come delle “nuove chiudende”, come un ulteriore esproprio delle loro terre. Non si capisce diversamente la loro opposizione, peraltro condivisa e spesso organizzata dai rispettivi Consigli comunali e dai Sindaci, a prescindere dal colore politico.
  • All’ottimo Pecoraro Scanio che sta conducendo importanti battaglie di ambientalismo sociale (a favore delle energie alternative e dell’agricoltura biologica, contro gli OGM, il nucleare, etc) suggeriamo sommessamente di archiviare una buona volta il Parco statalista. I sardi non lo vogliono: hanno subito fin troppi sequestri della loro terra, ad iniziare dalle basi e servitù militari.

 

(Pubblicato su Il Sardegna del 12-12-07)

Limba

Lingua sarda

Valorizazione, standard e ufitzializatzione.

Sos pedrumascros de sa limba

de Frantziscu Casula

Naro deretu chi oe sena standard non bi podet esser peruna ufitzializatzione e sena ufitzializatzione sa limba sarda est destinada a si che morrer o a esser confinada in carchi furrungone, in carchi festa paesana pro cantare batorinas e noitolas. O impreada pro narrer brullas, carchi paristoria o, mancari, irrocos e frastimos.

S’unica manera, oe, pro sarvare e valorizare sa limba sarda est s’ufitzializatzione. Eo isco bene chi medas non sunt de accordu cun custa positzione: puru intra cussos chi parent a favore de sa limba.

Difatis in custu casu su diciu latinu “Tertium non datur” non est assetiadu e no andat bene pro faeddare de sas positziones chi sunt in campu subra de sa Limba sarda: chi non sunt duncas duas ma tres. A sos favorevoles e a sos contrarios toccat de azunghere cuddos chi non narant emmo ma mancu nono de su totu, ma un’ispetzia de “Ni”. Non sunt feminas ma mancu mascros: sunt viados, pedrumascros.

   Custa positzione carchi annu faghet, in medas cumbennius, est istada presentada gosi: ”Valorizzazione sì, ufficializzazione no”.

   Cun issa sunt de acordu medas, mescamente professores de s’universidade sarda: una cedda intrea, gasi totu de manca

Eo so cunbintu chi oe subra de s’standardizazione, pro lu narrer a sa latina:”non est discutendum”. Proite ischimus bene chi sena s’unificatzione peruna limba si podet imparare in sas iscolas, si podet impreare in sos ufitzios, in sos ziornales, in sas televisiones, in sas retes informaticas, in sa publicidade.

In su tempus coladu, pro annos e annos custa tropera de intelletuales istatalistas teniant sa bibirrina de s’unidade nazionale, chi sa Limba sarda ufitzializzada podiat amalezare e sciusciare e oe bogant imbetzes a pillu ateras dudas e arrenghescios, artziende ballas de pruere pro coglionare a sa zente.

   Issos, sunt tzertu prus abistos de sos contrarios: ant istudiadu e duncas non podent negare s’importantzia de sa limba nadia in s’isvilupu de sas pessonas; connoschent  sos iscritos de Gramsci subra de su Sardu e puru sos linguistas italianos prus mannos comente a Giacu Devoto o a Tulliu de Mauro, ismentigandesi però chi ambos duos difendent su bilinguismu e duncas, pro sos sardos, sa limba sarda.

   Unu chi narat “ni” a sa Limba sarda est Antonello Mattone de s’Universidade de Tatari, istoricu de manca chi at iscrittu: Sono d’accordo con certe forme moderate di bilinguismo, ma la lezione universitaria in sardo la trovo controproducente e ridicola. Oggi non avrebbe alcun senso utilizzare il Sardo come linguaggio scientifico, giacchè esso nelle sue due grandi varianti, campidanese e logudorese, è una lingua di fatto rurale, che ha assimilato solo indirettamente i termini più propriamente legati alla vita e alla cultura cittadina.

   Sa bibirrina e s’arrenghesciu  de sos academicos comente a Mattone est chi sa limba sarda no est capassa de faeddare de cultura urbana e scientifica e duncas de modernidade, proite limba de campagna, de sartu, de pastores e de massajos.

   La pessat a sa matessi manera – paret chi si siat coidadosamente postu de accordu –  un’ateru professore mannu, italianu custa borta, su linguista Alberto Sobrero, (In “Introduzione all’Italiano contemporaneo”, Ed. Laterza, 2 voll.). Isse iscriet cun assentu, chi est zustu chi non si depant  scaresciri, stramancare e burrai sas limbas locales ma sarebbe assurdo o, nella migliore delle ipotesi, comico, pensare di usare le parlate locali per la matematica, la fisica e la filosofia.

   A custos chi pessant chi sas limbas locales – e duncas pro nois su Sardu – serbant pro allegare solu de contos de foghile o peus de burrumballimines e non de chistiones importantes e de modernidade, rispondet unu semiologu comente a Stefano Gensini (In “Elementi di storia linguistica italiana”, Minerva Italica, Bergamo 1983). Amentende Leibniz – filosofu e intellettuale tedescu mannu meda e importante ma pagu connotu – narat chi non b’est limba pobera chi non siat capassa de allegare de totu.

A sa matessi manera chistionant filosofos e linguistas comente a Ferdinand de Saussurre (In “Corso di linguistica generale”,Laterza, Bari,1983) e L. Wittgenstein (In “Osservazioni filosofiche” Einaudi, Torino,1983); ma mescamente respondet su prus mannu istudiosu de bilinguismu a base etnica, J. F. Fishman, (In “Istruzione bilingue”, Ed. Minerva Italica, 1972) chi gosi iscriet:Ogni e qualunque lingua è pienamente adeguata a esprimere le attività e gli interessi che i suoi parlanti affrontano. Quando questi cambiano, cambia e cresce anche la lingua. In un periodo relativamente breve, qualsiasi lingua precedentemente usata solo a fini familiari, può essere fornita di ciò che le manca per l’uso nella tecnologia, nell’Amministrazione Pubblica, nell’Istruzione.

 

(Pubblicato su Liberatzione sarda di Settembre-Ottobre)

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