L’educazione civica del governo Meloni? Una brodaglia di retoricume ital-patriottardo.

L’educazione civica del governo Meloni?
Una brodaglia di retoricume ital-patriottardo.
di Francesco Casula
Il 7 Agosto scorso, sul sito del Ministero dell’Istruzione e del Merito, è stato pubblicato un comunicato stampa relativo alle Nuove Linee Guida per l’insegnamento dell’Educazione Civica, che entreranno in vigore nel corrente anno scolastico. Per capire di che parliamo bisogna risalire all’introduzione dell’insegnamento dell’Educazione Civica, previsto per 33 ore all’anno (non aggiuntive, ma di fatto sottratte al monte orario delle singole discipline), avvenuto nel 2019 ad opera del Ministro, sempre leghista, Bussetti. Ebbene, tali linee guida, se possibile, peggiorano quelle precedenti del 2019, in modo particolare per quanto attiene alla retorica, beceramente nazionalista e patriottarda: 1. Educazione, secondo il Ministero (e dunque il governo Meloni) significa educare all’amor patrio. Il termine “patria” come quello di “nazione” ricorre in modo ossessivo, fino alla nausea. Nel contempo occorre l’integrazione come “rafforzamento del senso di appartenenza alla comunità nazionale”. Ovvero assimilazione tout court. Il messaggio è chiaro, almeno per noi Sardi: vogliamo diventare buoni ed “educati”cittadini? Dobbiamo negare la nostra sardità, (storia cultura, lingua, tradizioni) per “assimilarci” agli italiani. Nelle linee guida “viene evidenziato il nesso tra senso civico e sentimento di appartenenza alla comunità nazionale definita Patria, concetto espressamente richiamato e valorizzato dalla Costituzione”. In realtà nella Carta Costituzionale la parola Patria compare solamente due volte, quasi accidentalmente: nell’art. 52 sul servizio militare (“difesa della Patria”) e nell’art. 59 sulla nomina dei senatori a vita (“cittadini che hanno illustrato la Patria”). Il carattere fondamentale della nuova Italia fu individuato nel suo essere una Repubblica (termine che ricorre 86 volte, senza contare i titoli), democratica, la cui sovranità appartiene al popolo (mai definito come “italiano”). Non una “patria” o una “nazione”. E comunque sia, chi ricorda al Ministro Valditara e alla Meloni che per noi Sardi la Patria (e la Matria) è la Sardegna? Perché sardi sono i nostri padri e le nostre madri? E chi egualmente ricorda che dunque, la nostra Nazione è la Sardegna non l’Italia? 2. Altro pressante suggerimento del Ministro nelle nuove linee guida è quello di far conoscere l’Inno “Fratelli d’Italia” e il Tricolore con la sua storia. Bene. Non tanto sommessamente occorrerà ricordare, soprattutto all’urlatrice parafascista amica di Vox, diventata Presidente, che “Fratelli d’Italia è un Inno brutto, bellicista, militarista e militaresco, ultraretorico. Ma che soprattutto riassume una “storia” falsa e falsificata: “Dall’Alpe a Sicilia dovunque è Legnano; ogn’uom di Ferruccio ha il core e la mano; I bimbi d’Italia si chiaman Balilla; il suon d’ogni squilla i Vespri sonò”. Mi chiedo: che c’entrano i combattenti della Lega lombarda, i Vespri siciliani, Francesco Ferrucci, morto nel 1530 nella difesa di Firenze, Balilla, ragazzino che nel 1746 avvia una rivolta a Genova contro gli austriaci, con l’Italia, il suo “Risorgimento”, la sua Unità? C’entrano un’acca. Comunque sia, noi Sardi il nostro Inno nazionale lo abbiamo già: è su “Patriota sardu a sos feudatarios” più noto anche come “Procurade ‘e moderare” di Francesco Ignazio Mannu. Peraltro l’Inno ufficiale della Regione sarda! Ricordo agli smemorati che il Presidente della Regione con decreto n. 49 del 24 aprile 2019 ha dato attuazione a quanto stabilito dalla Legge Regionale n. 14 del 4 maggio 2018 che riconosce il componimento melodico tradizionale “Su patriota sardu a sos feudatarios”, Inno ufficiale che “contribuisce a sottolineare i caratteri dell’autonomia speciale riconosciuta dalla Costituzione alla Sardegna e ad accentuare il senso di appartenenza dei sardi a un comune territorio, avendo come obiettivo il rispetto, la cura e la valorizzazione delle peculiarità che lo contraddistinguono e lo sviluppo delle potenzialità che possiede”. E il Tricolore? A m,e personalmente viene l’orticaria solo al gurdarlo. La nostra bandierà sono i 4 Mori. So che a qualcuno non piace: preferirebbe l’Albero deradicato arborense. Questo piace anche a me, ma ritengo che la stragrande maggioranza dei Sardi, storicamente ormai, abbia interiorizzato, nella mente e nel cuore, in Sardegna come nell’emigrazione, i Quattro Mori come loro vessillo, simbolo e bandiera. Con buona pace del Ministero italiota che invitiamo a tenersi le sue “Linee guida”. Non ci interessano. Saremo noi Sardi a elaborare le nostre: quelle che meglio si attaglino alla nostra Identità culturale ed educativa.
 
 
 
 
 
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Lo sturpo dell’identità della Sardegna

Lo stupro dell’Identità della Sardegna

di Francesco Casula

La storia dei Sardi, come nel passato, continua ad essere caratterizzata da quella che Giovanni Lilliu, in un interessantissimo libro chiama “La costante resistenziale”, che ha loro permesso di conservare il senso d’appartenenza ovvero “quell’umore esistenziale del proprio essere sardo, come individui e come gruppo che, in ogni momento, nella felicità e nel dolore delle epoche vissute, ha reso i Sardi costantemente resistenti, antagonisti e ribelli, non nel senso di voler fermare, con l’attaccamento spasmodico alla tradizione, il movimento della vita e della loro storia, ma di sprigionarlo il movimento, attivandolo dinamicamente dalle catene imposte dal dominio esterno”.
Costante resistenziale che ben si attaglia anche all’oggi e alla “rivolta” in atto contro la speculazione energetica, con una mobilitazione e un protagonismo mai visto e che attraversa l’intera Isola: ubiquitariamente. Con manifestazioni, sit-in, assemblee popolari. E con una raccolta di firme, a decine di migliaia, per una proposta di legge popolare “Pratobello 2024” in grado di bloccare o comunque limitare la speculazione energetica e lo scempio delle migliaia di Pale e degli smisurati campi fotovoltaici.
Ancora una volta i Sardi, come tante volte nella loro millenaria storia, fin dai tempi della dominazione romana, costantemente “resistono” alle ruberie, agli sfregi e agli stupri ancora oggi inferti da “chi viene dal mare”: speculatori o meglio veri e propri colonizzatori, faccendieri, affaristi e predatori incalliti, invasivi, invadenti e sbrigativi, che sono entrati (e i più), vogliono entrare in casa nostra. Senza permesso. Al di fuori e contro la nostra volontà.
Sono predatori venuti da tutto il Pianeta, d’oltreoceano e d’oltralpe, che hanno deciso di mettere a ferro e fuoco, ogni angolo di questa terra promessa, votata al ruolo di genio naturale, trasformata per scelte scalmanate e devastanti in terra di ulteriori servitù: come se non bastassero quelle militari.
Vengono in Sardegna per sfruttare e depredare le nostre risorse, deprivandocene: vento e sole, terra e mare. Suolo e sottosuolo. Per devastare manomettere e squassare il nostro territorio: imbruttendo il nostro paesaggio. Violentando l’ambiente. Sradicando gli alberi. Peraltro senza alcun ritorno neppure in termini economici e finanziari per la Sardegna e i Sardi. Per produrre energia “verde”, pulita e bella e pronta all’Italia, ma soprattutto al Nord. E consegnare i colossali profitti dei mostri delle Pale e dei campi eolici a imprese e fondi finanziari di mezzo mondo.
Ma non solo. Vogliono interrare la nostra storia, la nostra cultura, la nostra identità linguistica e persino antropologica. Occorre infatti ricordare che Il territorio non è solo un luogo, uno spazio fisico. È un complesso di identità geografiche, ambientali e paesaggistiche. Ma soprattutto storiche e archeologiche. Artistiche e architettoniche. Letterarie e linguistiche. Antropologiche.
Con l’assalto delle Pale e delle distese fotovoltaiche ci sarebbe un vero e proprio scempio e scasso della Identità complessiva dei Sardi, che sarebbe gravemente non solo ferita ma brutalmente devastata e manomessa, forse irrimediabilmente.
Ad essere colpiti sarebbero soprattutto i paesi, accelerando lo spopolamento già in atto, e con essi soprattutto i pastori e contadini, cui sarebbero sottratti ulteriori spazi ma cui causerebbero anche danni enormi. A tal proposito voglio ricordare quanto sostenuto dal dottor Domenico Scanu, presidente Medici per l’Ambiente- Isde Sardegna, secondo il quale le pale eoliche, oltre che generare campi elettromagnetici e rumore, hanno già ridotto la produzione del latte.
Con un ulteriore crisi delle campagne e della pastorizia e dunque lo spopolamento dei paesi, soprattutto quelli dell’interno, la Sardegna si ridurrebbe a forma di ciambella: con uno smisurato centro abbandonato, spopolato e desertificato, anzi, funereo. Cimiteriale. Senza più uno stelo d’erba: popolato da distese infinite di pannelli cinesi e mostri eolici. Sarebbe questa la transizione ecologica?
E le comunità di paese, spogliate di tutto: in morienza. Di contro, con le coste sovrappopolate e ancor più inquinate e devastate dal cemento e dal traffico. Coste da cui “ammirare”, anche loro, un bel po’ di Pale, con i nuovi parchi eolici offshore.
E i Sardi? Con Ottana e la sua industrializzazione si voleva trasformare i pastori in operai, tutti rigorosamente con la tuta al posto della mastruca. E oggi? Tutti lavapiatti e camerieri? Neppure: perché non è detto che a subirne gli effetti nefasti non sia anche il turismo e l’appetibilità della nostra Sardegna. Per cui i giovani, ancor più di oggi sarebbero senza avvenire e senza progetti. E tutti senza più un orizzonte né un destino comune. Senza sapere dove andare né chi siamo. Girando in un tondo senza un centro: come pecore matte.
Una Sardegna ancor più colonizzata e dipendente. Una Sardegna degli speculatori, dei predoni e degli avventurieri economici e finanziari di mezzo mondo, di ogni risma e zenia.
Una Sardegna ridotta a un territorio, uno spazio anonimo: senza storia e senza radici, senza cultura e senza lingua. Disincarnata e sradicata. Ancor più globalizzata e omologata. Senza identità. Senza popolo. Senza più alcun codice genetico e dunque organismi geneticamente modificati (OGM). Ovvero con individui apolidi. Cloroformizzati e conformisti. Sarebbe un etnocidio: una sciagura e una disfatta etno-culturale e civile, prima ancora che economica e sociale.
Evitare ciò è possibile o comunque limitarne i danni. Per intanto continuando a raccogliere decine di migliaia di firme per “Pratobello 2024”.

In campo il mondo della cultura sarda.

In campo il mondo della cultura sarda.

Contro il colonialismo energetico e a sostegno della “Pratobello 2024”
Un gruppo di intellettuali, storici, linguisti, docenti universitari, insegnanti, scrittori e poeti sardi, editori, conduttori televisivi giornalisti e artisti, firmatari della presente, solidarizza con la battaglia dei Comitati costituitisi in tutta la Sardegna contro la speculazione energetica e invita tutti i sardi a firmare la proposta di legge “Pratobeĺlo 2024”.
Con il decreto Draghi (D. Lgs. n. 199/2021) il governo ha recepito la direttiva UE 2018-2001 sull’uso dell’energia prodotta da fonti alternative. A seguito di questa norma si è scatenata una valanga di progetti da parte di società italiane e straniere interessate ai forti incentivi pubblici più che agli impianti eolici e fotovoltaici. Per la sola Sardegna finora sono stati presentati 825 progetti che, se attuati, comporterebbero una produzione energetica sufficiente ad alimentare quasi tutta l’Italia. Ciò comporterebbe la devastazione ambientale della nostra Isola che è anche la regione più ricca del mondo di monumenti archeologici.
La presidente Todde ha accettato il limite minimo di 6,2 Gw assegnato dal governo alla Sardegna. Questa quota corrisponde a tre volte il fabbisogno della Sardegna, per cui due terzi sarebbero destinati all’esportazione senza alcun vantaggio per gli utenti sardi. Oltretutto, il decreto Draghi, vietando qualsiasi moratoria, chiarisce anche che non vi sono siti non idonei per l’installazione degli impianti in questione. La Giunta regionale, viceversa, ha approvato una inutile moratoria puntualmente impugnata dal Governo e si appresta a individuare i siti “non idonei”, cioè quelli che saranno presi in esame dopo i siti “idonei” anche oltre il limite di 6,2 Gw.
L’art. 3 dello Statuto regionale attribuisce alla Regione Sarda potestà legislativa in materia di urbanistica ed edilizia. Avvalendosi di tale potestà la Regione può stabilire delle regole che potrebbero impedire la realizzazione della maggior parte degli impianti. Tuttavia, a sei mesi dall’insediamento, la nuova Amministrazione non si è avvalsa di tale potestà né sembra intenzionata ad avvalersene.
Per questi motivi i Comitati popolari, costituitisi spontaneamente per difendere la Sardegna dalla devastazione di centinaia di nuovi impianti industriali, hanno deciso di avvalersi dell’art. 29 dello Statuto presentando una proposta di legge d’iniziativa popolare denominata “Pratobello 2024”. Questo nome ricorda la rivolta pacifica con la quale nel 1969 la popolazione di Orgosolo si oppose con successo all’occupazione del prato comunale da parte dell’Esercito.
Dall’inizio di agosto in tutti i comuni sardi è in atto la raccolta delle firme necessarie per la presentazione di tale proposta di legge. Le adesioni hanno superato in pochi giorni il numero di 10.000 firme richiesto dallo Statuto. Ma è opportuno che la proposta sia sottoscritta dal massimo numero possibile di sardi. Solo di fronte a una massiccia mobilitazione popolare il Consiglio regionale avrà piena contezza dell’importanza che il popolo sardo attribuisce alla difesa dell’ambiente e delle migliaia di beni culturali che punteggiano l’intero territorio dell’Isola.
Per questi importanti motivi e per evitare che la Sardegna sia devastata da avidi speculatori che possono contare sulla favorevole legislazione statale, invitiamo tutti i sardi a sottoscrivere, entro il 15 settembre, la proposta di legge “Pratobello 2024” recandosi negli uffici dei comuni di residenza.
Mauro Maxia (studioso di linguistica e filologia), Francesco Casula (storico), Bruno Agus (poeta improvvisatore), Bruno Michele Michele Aresu Gravellu Aresu (pittore e scrittore), Andrea Andrillo (musicista e cantante), Antonio Appeddu (studioso di agronomia e scrittore di Contos), Tonino Bussu (scrittore bilingue), Pinuccio Canu (poeta sardo), Franco Carlini (scrittore e poeta bilingue), Eliano Cau (scrittore e poeta bilingue), Lucia Chessa (docente), Marcello Cocco (giornalista), Antonio Contu (autore di opere teatrali in lingua sarda), Tina Cosseddu (cantante), Paolo Cossu (Editore Grafica del Parteolla), Mariangela Dui (scrittrice e giornalista), Clara Farina (attrice), Giovanni Gelsomino (scrittore), Franca Marcialis (docente e scrittrice bilingue), Alessandro Mongili (sociologo e docente universitario), Rita Anna Rita Olmetto (matematica), Giovanni Piga (romanziere e poeta in lingua sarda), Paolo Pisu (scrittore), Gigi Porceddu Scultore (scultore), Enrico Putzolu (conduttore televisivo), Ennery Taramelli (storica e critica d’arte), Ninni Tedesco Calvi (docente e giornalista), Gisella Vacca (attrice), Mauro Peppino Zedda (archeoatsronomo scrittore).