17 marzo 1861: non c’è niente da festeggiare. Nasceranno non una ma due Italie, di cui una ridotta a “colonia”

17 marzo 1861: non cè niente da festeggiare
Nasceranno non una ma due Italie, di cui una ridotta a “colonia”.
di Francesco Casula
I vincitori delle elezioni, prima ancora di iniziare a governare annunciano vi voler istituire una nuova Festa “nazionale” che celebri e ricordi l’Unità d’Italia proclamata il 17 marzo del 1861. Si tratterebbe di una scelta infame: quella data sarà infatti funesta per la Sardegna e per tutto il Meridione, perchè li trasformerà in vere e proprie “colonie interne”.
Nicola Zitara, all’inizio degli anni ’70, con alcuni intellettuali fra cui, Anton Carlo e Carlo Capecelatro che verranno poi chiamati nuovi meridionalisti, iniziò una revisione del “vecchio meridionalismo” e dell’intera “Questione meridionale” dissacrando quanto tutti avevano divinizzato: il movimento e il processo, considerato progressivo e progressista del Risorgimento; mettendo in dubbio e contestando le magnifiche sorti e progressive dello Stato unitario, sempre celebrato da chi a destra, a sinistra e al centro aveva sempre ritenuto, che tutto si poteva criticare in Italia ma non l’Italia Unita e i suoi eroi risorgimentali.
Zitara e i nuovi meridionalisti (cui oggi aggiungeremmo un altro valente nuovo meridionalista, Pino Aprile) – in modo particolare, ripeto, Edmondo Maria Capecelatro e Antonio Carlo, quest’ultimo fra l’altro per molti anni docente incaricato di diritto del lavoro all’Università di Cagliari – ritengono che il Meridione con la Sardegna, sia diventata con l’Unità d’Italia una “colonia interna” dello Stato italiano e che dunque la dialettica sviluppo-sottosviluppo si sia instaurata soprattutto nell’ambito di uno spazio economico unitario – quindi a unità d’Italia compiuta – dominato dalle leggi del capitale.
Si muovono in sintonia con studiosi terzomondisti come P. A. Baran e Gunter Frank che in una serie di studi sullo sviluppo del capitalismo tendono a porre in rilievo come la dialettica sviluppo-sottosviluppo non si instauri fra due realtà estranee o anche genericamente collegate, ma presuma uno spazio economico unitario in cui lo sviluppo è il rovescio del sottosviluppo che gli è funzionale: in altri termini lo sviluppo di una parte è tutto giocato sul sottosviluppo dell’altra e viceversa.
Così come sosterrà anche Samir Amin, che soprattutto in “La teoria dello sganciamento”, per uscire dal sistema mondiale,riprende alcune analisi che ha sviluppato nelle opere precedenti sui problemi dello sviluppo/sottosviluppo, centro/periferia, scambio ineguale.
Per Amin il sottosviluppo è l’inverso dello sviluppo: l’uno e l’altro costituiscono le due facce dell’espansione – per natura ineguale – del capitale che induce e produce benessere, ricchezza, potenza, privilegi in un polo, nel ”centro” e degradazione, miseria e carestie croniche nell’altro polo, nella “periferia”.
Nel sistema capitalistico mondiale infatti i centri sviluppati (i Nord del Pianeta) e le periferie (i Sud) sottosviluppati sono inseparabili: non solo, gli uni sono funzionali agli altri. Ciò a significare che il sottosviluppo non è ritardo ma supersfruttamento. In questo modo Amin contesta la lettura della storia contemporanea vista come possibilità di sviluppo graduale del Sud verso i modelli del Nord, in cui l’accumulazione capitalistica finirà per recuperare il divario.

17 marzo 1861: non c’è niente da festeggiare. Nasceranno non una ma due Italie, di cui una ridotta a “colonia”ultima modifica: 2022-10-15T19:14:42+02:00da zicu1
Reposta per primo quest’articolo