PEDRU MURA E LE SUE “RIMAS NOBAS”

PEDRU MURA*

Il Garcia Lorca sardo (Isili 1901-Nuoro 1966)

Pedru Mura  nasce il 23 Febbraio 1901 a Isili (Ca), “cittadina ridente del vecchio e sonante Sarcidano, che si affaccia come una fanciulla alle floride pianure del Campidano”, scriverà il poeta stesso in una sua nota autobiografica. In cui ci informa anche che suo padre faceva l’artigiano: costruiva e vendeva caldaie di rame. Frequenta di mala voglia la scuola elementare, fino alla quarta classe, poi segue i fratelli nel lavoro di suo padre. Ben presto si pentirà per non aver proseguito le scuole elementari e gli nacque subito –è sempre il poeta stesso a rivelarcelo- la passione alla lettura della poesia, tanto che in poco tempo imparò a memoria la Divina Commedia e La Gerusalemme Liberata, unici testi, insieme a L’Orlando Furioso, che aveva a disposizione nella sua casa di Isili.

Fin da giovanissimo inizia a poetare: ecco come lo ricorda lui stesso ”Una domenica sera vidi amici e altri giovani ascoltando una gara poetica che si svolgeva dentro una bettola. Entrai anch’io e cantai un’ottava: Avevo tredici o quattordici anni: scoppiarono tutti in un fortissimo applauso, tanto che mi tentarono a cantare ancora. Da quel giorno mi esibivo ogni tanto specialmente in occasioni di feste”. Costituirà il suo noviziato poetico: a 18 anni comincerà a scrivere le sue prime poesie in rima com’era l’uso di quei primi anni del Novecento.

Finita la guerra, nel 1925 si trasferisce a Nuoro dove si sposerà e aprirà una bottega di articoli di rame, che vendeva nei paesi vicini, avendo così l’occasione di conoscere le condizioni della Barbagia di allora. In seguito all’esperienza dell’acquisto, nel 1936, di una cartoleria-libreria, rivelatasi fallimentare, partì in Africa orientale come volontario e vi rimase per tre anni, fino al 1939. E’ in questo periodo che scrisse varie liriche. Ritornato a Nuoro frequenta uomini di cultura e poeti del calibro di Gonario Pinna, Raffaello Marchi, Gavino Pau. Intanto, soprattutto negli anni Cinquanta-Sessanta la sua biblioteca si era arricchita con numerosi autori latini,sardi ,italiani e stranieri.

Nel 1955 concepì un progetto di pubblicazione delle sue poesie in sardo-nuorese e ne predispose la copertina e il comunicato: ”Con questo fascicolo ha inizio la pubblicazione delle mie poesie. Cento operette diverse che presento al popolo sardo amante della poesia dialettale, convinto che saprà vagliarle con lo stesso spirito con cui amo la Sardegna”. E prosegue: “Sono versi scaturiti dal pianto di centinaia di famiglie sarde (de cussas chi non tenent santos in corte) tra le quali ho passato molti giorni della mia vita dividendo con esse gioie e dolori. In questa modesta opera, ho tentato di esprimere aspirazioni e speranze del nostro popolo abbandonato da secoli. Chiedo scusa a certi lettori se dai miei versi non emana profumo (de sa petta arrustia) e chiedo scusa a tutti se non ho fatto meglio come forse avrei potuto se le circostanze della vita non mi avessero inchiodato col mio martello all’incudine sulla quale per molti anni cercai l’aurora riuscendo solo a scalfirle un fosso”.

“Il progetto –scrive autorevolmente Nicola Tanda, il massimo studioso e conoscitore di Pedru Mura e della sua poesia- documenta abbastanza il livello di consapevolezza e di maturazione degli anni precedenti la sua partecipazione al premio Ozieri…iniziò a prendervi parte fin dal 1957 ed ebbe numerose progressive affermazioni…non impacciato nella rima, raggiunse subito risultati letterariamente notevoli e fu in grado di arricchire la lingua poetica sarda attingendo i procedimenti formali dai testi della lirica italiana, spagnola ed europea”.

Morì il 16 Agosto del 1966.

 

Presentazione del testo [poesia tratta da Sas poesias d’una bida, Edizione critica a cura di Nicola Tanda (trad. G. M. Poddighe) 2D Editrice Mediterranea, Sassari-Cagliari 1992 pagg.64-66].

 

Di questo poeta, rimasto sostanzialmente inedito durante la sua vita, la prima raccolta di liriche fu pubblicata nel 1992 col titolo Sas poesias d’una bida a cura di Nicola Tanda e ripubblicata in una nuova edizione critica, sempre a cura dello stesso Tanda (con la collaborazione di Raffaella Lai nel 2004 per la CUEC editrice) secondo cui  sempre più spesso la lingua poetica di Predu Mura si avvale non solo dei procedimenti della lingua poetica contemporanea ma anche della carica simbolica di metafore bibliche o dantesche come di metafore ricavate dal mondo naturale. Soprattutto prevale, dal punto di vista dei significati, un fortissimo senso della giustizia e un fervido sentimento cristiano”.

Con Fippo operaiu ‘e luche soliana Pedru Mura nel 1963 vinse il prestigioso premio Ozieri, (che poi rivincerà nel 1960 con la poesia Sos chimbe orfaneddos e nel 1965 con Prena sa notte ‘e crarore): dello stesso Premio divenne poi membro onorario.

In questa poesia rivela una straordinaria originalità, indicando il modo di fare poesia in lingua sarda, come una via attraverso la quale imprimere una spinta modernizzatrice a una tradizione forse a rischio di crisi.

Pedru Mura nella sua poesia e segnatamente in Fippo operaiu, -che secondo Nicola Tanda può considerarsi il suo testamento poetico- esprime una forte carica espressiva, con uno stile essenziale e moderno: canta cantones friscas, lui un tempo operaiu ‘e luche soliana ed ora oscuru artisanu de versos currende un’odissea ‘e rimas nobas.

E nutre la speranza –ricordiamo che sono gli anni della programmazione e del primo Piano di rinascita- che finalmente una nuova aurora possa nascere per la Sardegna, attraverso uno sviluppo e una prosperità che sappia coniugare e saldare tradizione e modernità, vecchio e nuovo, passato e presente: Gai fortzis su sole/in custa die de chelu/est bénniu a cojubare/frores de neulache/cun fruttos de meladidone.( Così forse il sole/in questo giorno di cielo,/è venuto a congiungere /i fiori dell’oleandro/con le bacche rossobrune del corbezzolo) .

 

 

Giudizio critico

Scrive Nicola Tanda a proposito dell’opera poetica di Pedru Mura, dopo aver ricordato l’edizione, da lui stesso curata, di Sas poesias de una bida che comprende le raccolte Cantos ultimos, cantos quasi ultimos, cantos anticos e de su tempus pitzinnu: “Il sistema letterario sardo, elemento fondamentale del testo complessivo di questa cultura, si è aperto, grazie alla sua opera, alle esperienze più interessanti della lingua poetica contemporanea. Avendo alle spalle l’intero patrimonio della poesia e della cultura, Mura ha arricchito la lingua poetica sarda di nuovi significanti, immettendola nel grande filone classico-romanzo europeo, e di nuovi significati, rompendo definitivamente con la tradizione dell’odio e della vendetta.Ha aperto con le frontiere dell’ethos barbaricino alla cultura della pace e del perdono, senza le quali è impossibile edificare  una società degna di rispetto. L’operazione letteraria compiuta con questi testi ha contribuito al rafforzamento dell’automodello della cultura sarda che ha ripreso energia dal basso e che funziona secondo nuovi orientamenti”.

[Nicola Tanda-Dino Manca, Introduzione alla letteratura, Ed. Centro di studi filologici/CUEC, Cagliari, 2005, pag.311-312].

 

FIPPO OPERAIU ‘E LUCHE SOLIANA

E commo Deus de chelu

A chie canto

Cust’urtima cantone cana?

A bentanas apertas

a su tempus nobu promissu

a Sardigna

barandilla de mares e de chelos?

Su bentu ghettat boches.

Commo m’ammento:

unu frore rùju

una melagranada aperta

una tempesta ‘e luche

cussa lapia ‘e ràmene luchente!

Fippo operàiu ‘e luche soliana

commo so’ oscuru artisanu de versos

currende un’odissea ‘e rimas nobas

chi mi torret su sonu ‘e sas lapias

ramenosas campanas

brundas timballas e concas

e sartàghines grecanas.

Cada corfu ‘e marreddu

allughia unu sole

e su drinnire

de una musica ‘e framas

m’ingravidabat su coro

e mi prenabat sos ocros

d’unu mare ‘e isteddos.

Frailàrju ‘e cantones friscas

camino a tempus de luche

pudande sos mezus frores

in custa paca die chi m’abarrat

prontu a intrare

in su nurache ‘e s’umbra.

Gai fortzis su sole

in custa die de chelu

est bénniu a cojubare

frores de neulache

cun fruttos de meladidone.

 

Traduzione

ERO OPERAIO DI LUCE SOLARE

E adesso, Dio del cielo

a chi intono

quest’ultimo canto canuto?

A finestre spalancate

al tempo nuovo promesso

alla Sardegna

balcone di mari e di cieli?

Il vento mi sussurra voci.

Ora ricordo:

un fiore rosso

una melagrana spaccata

una tempesta d i luce

quel paiolo di rame luccicante!

Ero operaio di luce di sole

ora sono un oscuro artigiano di versi

che corre un’odissea di rime nuove

che mi rendano il suono

dei paioli ramati,

campane rilucenti stampi

conche e grecaniche impronte.

Ogni colpo di martello

mi accendeva un sole

e il tintinnio

di una musica di fiamme

mi gonfiava il cuore

e mi riempiva gli occhi

d’un mare di stelle

Fabbro di fresche canzoni

cammino a tempo di luce

cogliendo i fiori migliori

in questo po’ di giorno che mi avanza

pronto a varcare

il nuraghe dell’ombra.

Così forse il sole

in questo giorno di cielo,

è venuto a congiungere

i fiori dell’oleandro

con le bacche rossobrune del corbezzolo,

 

 

ANALIZZARE

Nella lirica Nicola Tanda ritrova “analogie ungarettiane,quasimodiane, lorchiane” che però “vengono calate in un universo antropologico diverso, “il muro d’ombra” diviene “su nurache ‘e s’umbra”, “balaustrata di cielo”, “barandillas de mares de chelos”, “l’operaio di sogni” di Quasimodo ”operaiu ‘e luche soliana”; sinestesie ardite come “musica ‘e framas”, “frailàrju ‘e cantones friscas”, analogie come “una tempesta ‘e luche”, “unu mare de isteddos” sono associate a calchi danteschi, del dolce stil nuovo (un’odissea ‘e rimas nobas), e indicano una ricerca di nuovi percorsi, di aperture e saldature fra circuiti vecchi e nuovi che non comportano perdita di identità, come nell’orientamente solito dei poeti sardi in lingua italiana, anzi la rafforzano e ne fanno un vessillo.

In tal modo il poeta di Isili, riplasma l’immaginario sardo con una scansione lirica che si risolve in valori fonosimbolici del tutto nuovi e sorprendenti, grazie anche all’uso raffinatissimo che fa di alcune esperienze che gli provengono sia dalla poesia ermetica italiana che da certe civiltà sub regionali (Garcia Lorca e Nazim Hikmetz). 

“Tanto che –cito ancora una volta Tanda-  Fippo operaiu ‘e luche soliana, una poesia scritta da un ramaio che si dilettava a comporre versi fino dall’età di tredici anni e che, quindi, sapeva unire l’artigianato del rame con l’artigianato della poesia, rappresenta certamente il vertice dell’esperienza poetica di Pietro Mura e probabilmente di quella sarda contemporanea”.

 

 

FLASH DI STORIA À

 

 -Il nuovo bilinguismo letterario

“[…]Ed ecco la lirica in lingua sarda immediatamente alla scuola della contemporanea poesia, italiana e straniera, più viva e consapevole. Pietro Mura, e con lui, come abbiamo detto, Benvenuto Lobina, e successivamente Antoninu Mura Ena hanno iniziato unoperazione letteraria nuova. Hanno messo in moto la funzione poetica della vecchia lin­gua sarda e hanno usato sperimentalmente i procedimenti formali del linguaggio poetico contemporaneo, lo hanno adeguato, con mediazione ardita, alla straordinaria meravi­glia di nuovi significanti e di nuovi significati. Hanno ripla­smato limmaginario sardo con una scansione lirica tutta interna e hanno ricreato una lingua poetica scavata nelle profondità del soggetto, risolvendola in valori fonosimboli­ci del tutto nuovi e insospettati. Non solo Mura, non solo Lobina, non solo Mura Ena, si sono assoggettati alla scuola del Novecento. Una folta schiera di poeti (“astronauti sem­bravano”) ha prodotto una poesia in grado di permeare tutti, di coinvolgere gli strati sociali alti e quelli più umili, poeti colti, dunque, e poeti che la tradizione orale, almeno inizialmente, aveva alimentato e nutrito. Unoperazione semantica, o meglio semiotica, che ha rimesso in discussione quel modello culturale che la società degli anni Sessanta proponeva e che anche i ‘Novissimi’ contestavano, quello della monocultura industriale e dell’o­mologazione. Si è prodotta allora una rottura a livello di significato e uno scarto a livello di significanti. La mono­cultura industriale che massifica e mette in forse l’esistenza delle lingue, le lingue tagliate, ha provocato un sussulto di appartenenza, una tensione e un riscatto a livello antropo­logico. Il tema-problema della identità linguistica assume, in questo contesto, un rilievo che non aveva mai avuto in precedenza, neanche nei momenti più accesi della lotta autonomistica. Il Premio Ozieri ne diviene il vero catalizza­tore e ne assume, in quegli anni di indifferenza e di ‘benessere’, la guida. Quel modello dell’industria a senso unico, totalmente dipendente dall’esterno, estraneo allavocazione  antropologica del territorio, viene contestato dai poeti e con esso il progetto economico del Piano di Rinascita e insieme, viene rigettato il modello della fierezza barbaricina e il codicedella vendetta, arcaici e inutilizzabili in un futuro civile e democratico.

Da allora la scelta della lingua sarda nelle sue varietà, vienecondivisa da un numero sempre crescente di scrittori dipoeti che vogliono appropriarsi dei procedimenti formalidella lingua poetica e delle culture contemporanee e si assisteall’avanzata di una produzione letteraria nuova. Il rinnovamento metrico diventa elemento di rottura e pro­duce l’abbandono degli schemi della poesia della tradizione e una nuova libertà espressiva. Si contaminano procedi­menti formali del passato e del presente con risultati di sincretismo che esaltano al massimo la capacità del vecchio volgare romanzo che, sopravvissuto nel volgere dei secoli, diviene uno strumento di comunicazione straordinaria­mente moderno, in grado di farcircolare messaggi aggiornati, esperienze nuove e di permeare le coscienze e fondare finalmente, nel confronto, un automodello culturale. La scelta della lingua diviene segno di rinnovamento di codici linguistici ed espressivi. Si inaugura una nuova stagione poetica e dunque una vita nuova’ in lingua sarda. I percor­si appaiono ben distinti e differenziati: le due coordinate principali della comunicazione sono ormai litaliano e/o il sardo, un vero e proprio bilinguismo letterario. Le altre vie appaiono piuttosto sentieri, crocevia, non direttrici di mar­cia. La Sardegna, finalmente, da ‘non luogo‘ diventa ‘luogo‘, non di un esclusivo recupero memoriale, ma luogo dellim­maginario che produce il progetto di un‘identità dinamica, dal quale deriva lenergia vitale e morale di un nuovo modello di sviluppo economico e civile […]”.

[Nicola Tanda, Introduzione a Pedru Mura, Sas poesias Sas poesias d’una bida, nuova edizione critica a cura di Nicola tanda con la collaborazione di Raffaella Lai, CUEC Editrice, Cagliari 2004,pagg.XII-XIII-XIV].

 

Lettura. [questa poesia è tratta da Pedru Mura, Sas poesias Sas poesias d’una bida, nuova edizione critica a cura di Nicola Tanda con la collaborazione di Raffaella Lai, CUEC Editrice, Cagliari 2004, pagg.6-7].

 

 

L’HANA MORTU CANTANDE

L’hana mortucantande

 chin sa cantone in bucca.

E mi l’han accattau

in s’àndala predosa ocros a chelu

chin su fror’ ‘e sa morte

ispat’  in fronte.

Fit solu chin su frittu

e chin sa malasorte;

chin su bentu mosséndeli sos pilos

e in artu sa luna, pompiande.

Non l’hat cubau nemmancu su dolu.

Sosmortores fughios,

che umbra mala,

los hat bidos su ribu.

E sos seros de luna

cando dormin sas predas

si sedet a contare in segretesa

a isteddos e nues

comente l’hana mortu,

Est ruttu chen’ischire d’haer viviu;

chen’ischire de morrere:

l’hana mortu cantande

chin sa cantone in bucca.

 

Traduzione

CANTAVA E L’HANNO UCCISO

Cantava e l’hanno ucciso

col canto sulle labbra.

E me l’hanno trovato

nel sentiero di pietra occhi al cielo

con il fiore della morte

in fronte spalancato.

E’ rimasto solo col freddo

con la malasorte;

col vento che gli morde i capelli

e in alto, testimone, la luna

quando le pietre dormono

si siede a raccontare in gran segreto

a stelle e nuvole

come l’hanno ucciso.

E’ caduto senza sapere

d’aver vissuto;

senza sapere di morire;

cantava e l’hanno ucciso

col canto sulle labbra.

 

 

COMPRENDERE E VALUTARE

Altre attività didattiche per lo studente

 

Approfondimenti

-Nella sua poesia Pedru Mura “rompe definitivamente –come afferma Nicola Tanda- con la tradizione dell’odio e della vendetta” e con “Gli antichi sardi pelliti e mastrucati, <belli feroci e prodi> come li definiva Satta”. Approfondisci questa nuova visione presente nel poeta di Isili.

 

Confronti

-Confronta la poesia di Pedru Mura con alcune liriche di Quasimodo o di Garcia Lorca, mettendo in rilievo analogie e diversità.

 

Ricerche (anche a mezzo Internet)

-Servendoti anche di Internet registra le poesie in cui è maggiormente presente il messaggio cristiano del perdono e della pace.

 

Spunti vari

-La speranza di una “nuova aurora” nella poesia di Mura.

-la modernità della sua lingua poetica

 

 

Bibliografia essenziale

Opere dell’Autore

-Sas poesias d’una bida, Edizione critica a cura di Nicola Tanda (trad. G. M. Poddighe) 2D Editrice Mediterranea, Sassari-Cagliari 1992.

 

Opere sull’Autore

-Nicola Tanda, Introduzione a Sas poesias d’una bida, Edizione critica a cura di Nicola Tanda (trad. G. M. Poddighe) 2D Editrice Mediterranea, Sassari-Cagliari 1992.

-Nicola Tanda-Dino Manca, Introduzione alla letteratura, Ed. Centro di studi filologici/CUEC, Cagliari, 2005.

-Salvatore Tola, La Letteratura in lingua sarda,Testi, autori, vicende, CUEC editrice, Cagliari 2006.

*Tratto da Letteratura e civiltà della Sardegna, volume I, di Francesco Casula, Grafica del Parteolla Editore, Dolianova, 2011, pagg.254-261

 

 

 

PEDRU MURA E LE SUE “RIMAS NOBAS”ultima modifica: 2013-08-12T08:20:30+02:00da zicu1
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