Studi Angioy

 

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Continua (seconda parte)

 

l’autogoverno con il riconoscimento da parte della comunità nazionale dei debiti contratti verso la Sardegna”. Al di là di queste differenti accentuazioni riteniamo che l’Autonomia e la battaglia per l’Identità, e per il riscatto non debba essere più propriamente ricondotta a singoli fatti e avvenimenti storici ma è evidente che alcuni le hanno segnate profondamente più di altri e fra questi vi sono certamente i grandi moti antifeudali e angioyni in cui Lussu più di altri –e noi con Lui- per esempio, ritrova le ragioni ideali dell’Autonomia identitaria. 3) Le radici identitarie e della “nazione sarda” secondo lo storico sassarese Federico Francioni. Secondo Federico Francioni, che ricostruisce minuziosamente e con grande rigore storico e documentale- le radici identitarie e “nazionalitarie” sarde, dal 1000 fino ai nostri giorni, esse iniziano a emergere con forza fin dal periodo giudicale (9). All’interno della complessiva questione identitaria si pone con forza la questione della Lingua sarda: per esempio nel poeta ecclesiastico Gerolamo Araolla (1545-fine secolo XVI), che alle lingue castigliana e catalana contrappose una lingua sarda che potesse vantare una sua dignità sul piano letterario. Non è questa la sede per verificare i risultati del tentativo di Araolla: certo è che in lui si inizia a delineare un embrionale coscienza del rapporto fra nazione e lingua. Che sarà ancor più forte nello scrittore Gian Matteo Garipa, orgolese (?-1640) che nella presentazione di “Legendariu de santas virgines et martires de Iesu Christu” scriverà : « Totas sas nationes iscrien & istampan libros in sas proprias limbas naturales insoro…disijande eduncas eo ponner in platica s’iscrier in sardu pro utile de sos qui non sun platicos in ateras limbas, presento assos sardos compatriotas mios custu libru »(10). Invito a notare i termini, estremamente chiari e significativi: parla di lingua naturale –oggi diremmo materna- che tutte le nazioni, compresa la sarda, hanno il diritto-dovere di utilizzare per rivolgersi ai “compatrioti”, ovvero ai sardi, abitanti dunque della stessa “patria”. , Ma è soprattutto nel vivo dello scontro politico e sociale che – a parere di Francioni- prende sempre più corpo l’idea di nazione sarda. E cita il triennio rivoluzionario 1793-1796 che vedrà protagonista principale Giovanni Maria Angioy. I Sardi, prendono coscienza di sé e del proprio essere “popolo” e “nazione” prima quando si battono con successo contro l’invasione francese poi quando cacciano i piemontesi da Cagliari con il “Vespro Sardo” del 28 Aprile 1794. Al di là delle cause che stanno alla base di questo evento –scrive ancora Francioni (11)- e della stessa dinamica di quelle giornate, fu indubbiamente l’esasperazione dell’atteggiamento colonialistico, quasi razzista dei ministri regi (ampiamente documentato da uno storico in questo verso insospettabile come il Manno) la classica goccia che fece traboccare il vaso. Il senso di appartenenza identitaria e di “nazione sarda” sarà fortemente presente nella stampa e negli scritti di quel periodo di grandi cambiamenti. si afferma nel “Giornale di Sardegna” un foglio periodico organo ed espressione del gruppo più dinamico e politicamente più progressivo degli Stamenti sardi. Ancor più forte sarà il sentimento di “popolo sardo” e di “comunità nazionale” nell’Inno di Francesco Ignazio Mannu “Su patriottu sardu a sos feudatarios”; ”nell’Achille della sarda liberazione”; nella lettera “Sentimenti del vero patriota sardo che non adula” in cui l’istanza dell’abolizione del giogo feudale si coniuga con un atteggiamento anticoloniale e un sentimento nazionale sardo . Ancor più chiaramente tale “Identità sarda” emerge nel Memoriale al Direttorio di Giovanni Maria Angioy (Agosto 1799) in cui –sempre secondo il Francioni (12) – l’Alternos cerca di cogliere e di interpretare i tratti distintivi, peculiari e originali della individualità sarda, cominciando dal quadro geografico e morfologico, proseguendo con cenni sugli usi, i costumi, le tradizioni, i rapporti comunitari, l’atteggiamento dei sardi verso gli stranieri fino a quello che si potrebbe chiamare un abbozzo “del carattere nazionale”isolano. In queste pagine non c’è solo il risentimento anticoloniale o il rimpianto per gli antichi diritti e i privilegi acquisiti dalla Sardegna nel corso dei secoli: il punto di approdo dell’esperienza e della riflessione angioyna nell’esilio parigino è ormai una repubblica sarda sia pure (come del resto era inevitabile) sotto il protettorato della Grande Nation. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 1) Edizioni Della Torre 1988, pag.22 2) Costanza resistenziale sarda di Giovanni Lilliu, ed. Fossataro, Cagliari, pag.41 3) La Civiltà dei Sardi, dal paleolitico all’età dei nuraghi di G. Lilliu, Nuova Eri edizione, pag. 418 4) La Sardegna, Enciclopedia a cura di Manlio Brigaglia, vol.3°. L’eredità delle origini, Ibidem, op. cit. pag. 418 segg. 5) Costante resistenziale sarda, op. cit. pag.50 6) Ibidem, op. cit. pag.52 7) Ibidem. op. cit. pag.49 8) “Introduzione allo Statuto sardo” pubblicato nel 1998 a cura dell’Assessorato Affari regionali. 9) Federico Francioni in “La Sardegna” a cura di Manlio Brigaglia, vol. 2°, Edizioni Della Torre. 10) Gian Matteo Garipa, “Legendariu de santas virgines et martires de Iesu Crhistu”, Papiros Editore, Nuoro 11) Francioni, op. cit. 12) Ibidem 1° CAPITOLO Contesto storico (politico, sociale e culturale) in cui si situa il triennio rivoluzionario (1793-96) e l’opera angioyna. Il triennio rivoluzionario caratterizzato fra l’altro dallo “scommiato” dei Piemontesi da Cagliari prima e dalla Sardegna poi (da Alghero come da Sassari) ma soprattutto dalla rivoluzione agioyna e antifeudale degli anni ’95-’96 non sono spiegabili se non all’interno degli avvenimenti internazionali degli anni ’90 e le rivoluzioni contadine sarde degli anni ’80, quando quasi ovunque in Sardegna –ma soprattutto nel Sassarese- fu necessario rincorrere all’invio di truppe da parte dei savoia per l’esazione dei tributi feudali. A Thiesi, Ittiri, Uri, Sorso, Bulzi, Sedini, Osilo, Plaghe ecc. ecc. il saccheggio dei magazzini baronali e il rifiuto di pagare i tributi e i gravami dei nobili era ormai all’ordine del giorno fin dall’agosto del 1789, l’anno della rivoluzione francese. “Ciò perché –come scrive Girolamo Sotgiu(1)- il regime feudale era ormai entrato in una contraddizione non più tollerabile con le esigenze dei contadini, tanto da dover ricorrere all’impiego della forza per non essere travolti”. Probabilmente furono anche i fatti che avvenivano in Francia con la rivoluzione francese dell’’89 ma soprattutto in Piemonte a far maturare la situazione. Il diffondersi delle idee rivoluzionarie –in alcuni ceti non ristrettissimi- contribuì infatti a far maturare la consapevolezza che era venuto il momento di resistere ai soprusi soprattutto là dove il regime feudale era più prepotente e insopportabile. A ciò occorre aggiungere la vicenda piemontese: con la dichiarazione (Settembre ’92) di guerra della Francia a Vittorio Amedeo III e l’occupazione della Savoia prima e di Nizza poi (27 Settembre ’92). Dentro queste vicende si inserisce 1-Il tentativo francese di conquista nel ’92-’93 della Sardegna, sia per il valore dei porti sardi, soprattutto in caso di una inevitabile guerra con l’Inghilterra; sia per potersi giovare del grano e del bestiame sardo con cui approvvigionare l’esercito e impinguare le casse dello stato che la guerra e la rivoluzione avevano ormai svuotato. Su vantaggi che la Francia avrebbe potuto trarre dal possesso della Sardegna si scrissero interi volumi. Specialmente nel 1860 quando parve che Cavour volesse cederla a Napoleone III in cambio dell’ambita soluzione della questione romana- ma per persuadersene è sufficiente considerare la sua posizione geografica strategica, al centro del Mediterraneo e ricordare che sui destini della nostra Isola incombette il piano francese di costituire attraverso proprio il Mediterraneo un poderoso sbarramento con le due testate a Tolone e a Diserta frammezzato dai massicci pilastri di Sardegna e Corsica. 2-Il piano di conquista che fu già di Luigi IX. Fu un astuto monarca francese, Luigi IX a concepirlo per primo nel lontano 1200: egli parlò di missione divina, di pace e di giustizia tanto che fu canonizzato. I cagliaritani a queste fandonie allora non cedettero: tanto che nel Luglio 1269 non vollero aprire le porte del loro formidabile castello al monarca che fu poi chiamato San Luigi dai Francesi e lo costrinsero a partire per Tunisi dove morì. 3-Nuovi tentativi di conquista nel 1527 e 1637 Mentre la Corsica verrà assicurata alla Francia nel 1769 con la battaglia di Pontenuovo, per la Sardegna ogni tentativo si infranse a causa della resistenza dei suoi abitanti: nel 1527 dalla flotta di Andrea Doria sbarcò un corpo di truppe francesi che al comando di Renzo Ursino, dopo parecchi scontri e l’occupazione di Sassari, fu costretto a reimbarcarsi; nel Febbraio 1637, truppe francesi comandate dal conte di Hancourt, sbarcarono nei pressi di Oristano, occupando e saccheggiando la città ma, intervenute le milizie sarde, furono costrette a una precipitosa fuga. 4- Il tentativo di Napoleone e Truguet. La repubblica francese, sorta dalla rivoluzione dell’89, nel Novembre del 1792 decretava di accordare o meglio imporre la libertà e l’eguaglianza a tutti i popoli che volessero rivendicarle. Con questo pretesto, che nascondeva scopi imperialistici non molto diversi da quelli di Luigi IX, il governo francese si accingeva all’occupazione della Sardegna. L’impresa sembrava facile. “Era nota ai

Studi Angioyultima modifica: 2009-05-14T11:27:00+02:00da zicu1
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