La lingua della Carta de Logu

La lingua della Carta de Logu

di Francesco Casula

La lingua che utilizza Eleonora nel suo codice è la lingua sarda. “Il sardo colto – scrive un grande studioso della Carta,, Marco Tangheroni – che va visto nel quadro di una consapevole volontà politica dei Giudici di Arborea di presentarsi come interpreti e guide dell’intera nazione sarda”.
E aggiunge: “Il termine «nazione sarda» è usato correntemente nel Trecento, e in misura crescente quanto più la guerra accentuava le differenze e le contrapposizioni con «la nazione catalana». Così ad esempio, da una connotazione neutra essa assume nella propaganda catalana una caratterizzazione dispregiativa: “es nacion que tots temps es estrada en servitud”.
Un sardo-arborense che é una miscela di logudorese e di campidanese. Scriveva Camillo Bellieni su questo sardo: “È un dialetto vivo ancora sulle colline che sovrastano il Campidano maggiore, fra Abbasanta, Ghilarza, Neoneli e Sorgono, in una zona ristretta.Un tempo essa arrivava fino ad Oristano e più oltre. Il dialetto è fondamentalmente il logudorese nei suoi svolgimenti morfologici, ma è influenzato da accidenti fonetici del campidanese, che di giorno in giorno prende sempre più piede verso il settentrione dell’Isola. È un linguaggio ricco e armonioso che ha tutta la dignità necessaria, per dare forma solenne alla legge”1.
Bellieni scriveva ciò nel 1929: ma oggi cosa sostengono gli studiosi a proposito del Sardo della Carta de Logu?
Più o meno la pensa come Bellieni, una studiosa come Antonietta Dettori: “I confini storici dell’area di produzione e fruizione del codice di leggi – il Giudicato d’Arborea – includevano le plaghe agricole del Campidano settentrionale e della Marmilla e penetravano con le curatorie barbaricine nella zona montuosa dell’interno dell’Isola. Una posizione mediana che ponevano il territorio sulla linea di confluenza dell’area campidanese con l’area logudorese e lo apriva inoltre a una componente culturale esterna, mercantile e commerciale, etnicamente differenziata che trovava sbocco nella «finestra» mediterranea costituita dal golfo di Oristano”2.
È proprio così, basta leggere la Carta per avvedersi che in essa è presente una lingua “mediana” o “di mesania”. Occorre però porsi anche un’altra domanda: che fine ha fatto oggi il sardo-arborense?
Questa la risposta data da uno storico sardo di prestigio come Francesco Cesare Casula: “Abbattuti definitivamente nel XV secolo i confini ex giudicali e giudicali arborensi, anche le aree delle parlate sarde si sfecero, si sfumarono, si mischiarono. La lingua nazionale d’Arborea scomparve quasi del tutto, fagocitata dal moderno campidanese (o vecchio calaritano) forte dell’autorità governativa iberica che operava nella città di Cagliari e che in qualche modo si avvaleva oltre che del catalano e del castigliano anche del sardo popolare per farsi intendere”3.
Note bibliografiche
1. Camillo Bellieni, Eleonora d’Arborea, G. Gallizzi, Sassari, 1978, (che riproduce testualmente quella apparsa nel 1929 per le edizioni della Fondazione “Il Nuraghe” di Cagliari), pagina 70.
2. Italo Birocchi-Antonello Mattone (a cura di), La Carta de Logu d’Arborea nella storia del diritto medievale e moderno, Editori Laterza, Bari 2004, pagina 139.
3.Francesco Cesare Casula, Dizionario storico sardo, Carlo Delfino Editore, Sassari, 2003. pagina 849.

La lingua della Carta de Loguultima modifica: 2024-05-29T18:09:17+02:00da zicu1
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