A proposito di un Convegno dell’Associazione culturale SCIDA-Giovunus indipendentistas

A proposito di un Convegno dell’Associazione culturale SCIDA-Giovunus indipendentistas

 

I NUOVIGIOVANI SARDI E L’INDIPENDENTISMO

di Francesco Casula

Dei giovani si parla e si straparla nei dibattiti televisivi e nei media in genere: ma essi non ci sono quasi mai. Ci sono gli adulti e gli anziani. Che si impancano a maîtres à penser, distribuendo in modo ossessivo e martellante le loro elucubrazioni. Con banalità e luoghi comuni sul disagio giovanile e sui giovani, di volta in volta catalogati come integrati, ribelli o scansafatiche e bamboccioni.Le analisi per lo più ondeggiano fra il giovanilismo patetico e il buonismo giustificazionista da una parte, e il “noi eravamo diversi”, tipico dei laudatores temporis acti, ovvero dei nostalgici e dei reazionari di ogni risma, dall’altra. Ovvero fra il lassismo, con cui si cerca di accattivarseli e conquistarseli, “lisciandoli”, e la repressione. Sono due facce di una stessa medaglia: ottimi espedienti per “scaricarli”, lavandosi le mani. Invece di responsabilizzarli, mettendoli di fronte alle loro responsabilità.

Per sfuggire a questo dilemma nefasto i giovani occorre farli parlare e scrivere, in prima persona, perché siano loro – da protagonisti – a dirci cosa sono, cosa vogliono cosa pensano. Molti giovani sardi – per lo più universitari – li abbiamo sentiti recentemente in occasione di un interessante Convegno, svoltosi a Cagliari alla Casa dello studente e riguardante una problematica di grande spessore storico e politico: ”Il ruolo dei giovani nella lotta di liberazione nazionale”. Ebbene il quadro che ne è emerso è quello di una generazione che discute con serietà e competenza di questioni nevralgiche che spesso gli adulti dimenticano e trascurano. Ha introdotto il Convegno uno degli organizzatori, Andria Pili, con un excursus storico sulle dominazioni che si sono succedute in Sardegna dai Fenici fino ad oggi, individuando con nettezza i caratteri precipui degli “imperialismi”: quello proto capitalista di Fenici e Punici; quello territoriale romano e bizantino; quello commerciale pisano-genovese. Per arrivare all’imperialismo teocratico di Bonifacio VIII, a quello aragonese e spagnolo e ai Savoia che grazie al possesso della Sardegna – ottenuta per un baratto di guerra – possono finalmente assurgere al rango reale. Dal processo risorgimentale italiano afferma Pili nacque lo stato unitario italiano. Questo, dalla sua nascita sino alla disfatta del regime fascista, è stato animato da un feroce nazionalismo imperialista nella cui retorica la Sardegna è stata inquadrata come un avamposto con un ruolo chiave nell’impresa di un Mediterraneo egemonizzato dalla potenza italica. Caduto il fascismo, il nazionalismo italiano è sopravvissuto sotto altre sponde, nella retorica giacobina della Repubblica una ed indivisibile e nell’intoccabilità del mito risorgimentale: Il ruolo della Sardegna nella repubblica italiana è ora mediato attraverso l’imperialismo della Nato, le cui basi militari nell’Isola sono funzionali al controllo di un’importante area geopolitica occidentale (tanto che si può quasi parlare di imperialismo e subimperialismo). Che le si condivida o meno si tratta di analisi storico-politiche ormai abbondantemente presenti in molti storici che iniziano a mettere in discussione la versione ufficiale e oleografica del Risorgimento e dell’Italia una e indissolubile. Contro la quale i giovani indipendentisti sardi vogliono lottare compartecipando “alla più generale lotta per l’autodeterminazione di tutti i popoli del mondo, che sarà – secondo il Pili – il leitmotiv del secolo XXI, verso cui la nostra generazione è stata proiettata”.

Pubblicato su Sardegna Quotidiano del 3-4-2013

 

A proposito di un Convegno dell’Associazione culturale SCIDA-Giovunus indipendentistasultima modifica: 2013-04-03T10:45:54+02:00da zicu1
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