Nuovo Statuto

E ora il Nuovo Statuto Regionale

di  Francesco Casula

Ora subito il Nuovo Statuto. I sardisti, i federalisti, gli autonomisti più convinti, presenti sia nei Partiti che hanno vinto le elezioni sia in quelli che le hanno perse, prendano l’iniziativa perché in tempi brevi venga istituita l’Assemblea Costituente e dunque sia riscritto il nuovo Statuto. Si potrà obiettare che ben altri sono i problemi drammatici cui il nuovo governo regionale deve porre mano: ad iniziare dalla povertà –di fasce sempre più larghe di sardi- dalla disoccupazione e dal precariato. Certamente. Ma pensiamo davvero che si possano risolvere emergenze di tal fatta senza dotarci di un Nuovo Statuto? Pensiamo davvero che, cambiati i “macchinisti” non occorra cambiare anche la “macchina”, che permetta ai Sardi di imboccare la strada del lavoro e del benessere?

Lo Statuto sardo è vecchio, malandato e cadente. Per la verità ormai da qualche decennio: se non addirittura fin dalla sua genesi. Più simile a un gatto che a un leone lo definì Lussu. E’ un ferrovecchio inservibile e inutilizzabile per far fronte ai nuovi problemi –economici ma non solo- che la globalizzazione ci pone: di qui l’esigenza della sua riscrittura, ex novo. Di qui la necessità improcrastinabile di una nuova Carta de Logu, che ricontratti su basi federaliste il rapporto Sardegna-Stato Italiano e che partendo dall’identità etno-nazionale dei Sardi, ne sancisca il diritto a realizzare l’autogoverno, l’autodecisione, l’autogestione economica e sociale delle proprie risorse e del territorio. Un tale Statuto abbisogna del contributo dell’intera comunità sarda: di qui la necessità dell’Assemblea Costituente. Essa non rappresenta solo uno strumento più democratico per riscrivere la Carta Costituzionale della Sardegna che regoli con un nuovo patto fra i Sardi, i rapporti fra la Sardegna, l’Italia e l’Europa e insieme definisca le prerogative e i poteri di una Comunità sovrana; essa può essere l’occasione per mettere in campo il protagonismo e la partecipazione diretta dei Sardi, per realizzare un grande e profondo movimento di popolo che prenda coscienza della sua Identità e nel contempo sia aperto alle culture d’Europa e del mondo, pronto a competere con le sue produzioni materiali e immateriali, finalmente deciso a costruire un futuro di prosperità e di benessere.

 

(Pubblicato su Il Sardegna del 17.02.2009)

 

 

 

 

Il Partito dell’astensione alle stelle.

di Francesco Casula

Il 15-16 febbraio, esattamente un terzo dell’elettorato sardo (il 32,5%) non ha votato. Cui occorre aggiungere le migliaia e migliaia di schede bianche.Gli astensionisti rappresentano dunque il più forte partito in Sardegna. Quasi nessuno –sia fra i commentatori che fra gli esponenti politici- ha dato rilievo a questo dato. Pure drammatico e preoccupante, almeno per chi ha a cuore la partecipazione e il coinvolgimento dei cittadini nelle scelte che dovrebbero riguardare tutti. Probabilemte non se ne parla per cattiva coscienza: almeno da parte dei “politici”. Verso cui evidentemente la sfiducia è in costante e progressivo aumento. Non si spiega diversamente il massiccio astensionismo, nonostante il colossale trascinamento al voto –di parenti, famigli, amici- da parte di un immane esercito di candidati, -più di 900- e il tambureggiare costante e ossessivo dei media negli ultimi due mesi. Con l’astensionismo, quote sempre maggiori di opinione pubblica e di cittadini manifestano una reazione di rifiuto e di reiezione della “politica” tout court, vista come “cosa sporca”, “affare per mestieranti”, da cui dunque stare alla larga e da evitare. La responsabilità maggiore è da ricondurre ai Partiti e al sistema politico nel suo complesso che da più di un decennio tende sempre più a “modernizzarsi”, “americanizzandosi”. Un sistema che ricorre cioè a un uso ormai consolidato e vieppiù spregiudicato dei nuovi mezzi di comunicazione di massa, di tecniche più sofisticate di psicologia di massa, di linguaggio, di controllo dell’informazione. Attraverso tali tecniche, Partiti, uomini politici e programmi vengono “venduti”, prescindendo dai contenuti: quello che conta, che si valorizza – come in tutte le operazioni di marketing – è l’involucro, la confezione, l’immagine.

La politica si svuota così di contenuti e diventa pura e asettica gestione del potere: il conflitto tra i Partiti – più apparente che reale – diventa lotta fra gruppi, spesso trasversali, in concorrenza fra loro per assicurarsi questa gestione. La battaglia politica perciò diventa priva di “telos”, di finalità. E poiché i gruppi politici si battono fra loro avendo come unico scopo la conquista e la gestione del potere, idee politiche, ideologie, programmi e progetti si riducono a pura simulazione: sono effimeri e interscambiabili. Di qui la sfiducia e l’astensionismo, ormai di massa.

(Pubblicato su Il Sardegna del 24-2-2009)

 

 

Il pacco nucleare tradotto in cifre.

di Francesco Casula

Il quotidiano L’Unità, il 28 Febbraio scorso riferisce degli sbeffeggiamenti degli ambientalisti francesi nei confronti degli italiani: il “piazzista” Berlusconi, questa volta, si sarebbe beccato il “bidone” del piazzista d’oltralpe Sarkosy. Ben quattro centrali nucleari di terza generazione, dalla tecnologia superata, costosissime –fra i 20-25 miliardi di euro- che copriranno un misero 4% dei consumi totali di energia e che non daranno i frutti prima del 2020. Ad aver già sperimentato il “pacco” è stata la Finlandia nel 2002: l’unico paese europeo –oltre la Francia- a decidere di costruire un nuovo reattore. Ebbene, nonostante le assicurazioni e le promesse, le strutture non sono sicure, hanno lamentato le autorità di Helsinki, la consegna è slittata dal 2009 al 2012 e i costi sono lievitati del 50%. Nonostante ciò il Governo continua a spargere a piene mani fiducia nelle magnifiche e progressive sorti del nucleare, che sarebbe poco costoso e sicuro. Sottacendo i costi reali: negli Usa -dove non si realizza più un reattore dal 1979 e oggi Obama punta tutto sulle energie rinnovabili- hanno calcolato che una nuova centrale nucleare, operante nel 2010-2015 produrrebbe elettricità al costo di oltre 6 cents di dollaro per kilowattora contro i 5 cents del gas, i 5,34 del carbone, i 5,05 dell’eolico, ritenuto costoso e che però come il solare è rinnovabile all’infinito. Per non parlare dei costi dell’uranio 235, le cui riserve, oltretutto, al ritmo di consumo attuale, sono limitate a qualche altro decennio: fra un quarantennio ci sarà un’enorme scarsità. Dimenticandosi, a proposito della sicurezza, che a tutt’oggi, non esistono soluzioni concrete al problema delle scorie. Ed è un’eredità con un potere radioattivo che non si estinguerà prima di 50.000 anni, nella migliore delle ipotesi. E mentre oggi nel mondo abbiamo 250 mila tonnellate di rifiuti altamente radioattivi, nel 2050 ne avremo un milione. Oggi tutte le scorie sono in attesa di sistemazione definitiva, stoccate in siti temporanei o lasciate sul luogo di produzione. Sia come sia, centrali nucleari i Sardi non ne vogliono: il loro futuro energetico non può che essere rappresentato dalle fonti rinnovabili. Le stesse che in Sardegna –come ha opportunamente sostenuto nei giorni scorsi Soru- faranno sì che l’Isola abbia, entro il 2013, il 40% dell’energia consumata prodotta grazie a loro.

 

(Pubblicato su Il Sardegna del 3-3-2009)

 

 

Nuovo Statutoultima modifica: 2009-03-06T08:26:00+01:00da zicu1
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