Truncare sas cadenas

S’omine morit imparande.


di Francesco Casula

 

S’omine morit imparande. Recita così un famoso e antico adagio sardo. A significare che l’educazione e l’apprendimento non hanno limiti e confini temporali nella vita dell’individuo: inizia con la nascita e termina con la dipartita.

   Per secoli – soprattutto ad iniziare dalla rivoluzione industriale e con l’istituzione della Scuola- l’apprendimento del sapere è stato circoscritto sostanzialmente al periodo scolare, a un’età precisa e limitata dell’esistenza: quella giovanile.

   Oggi, fortunatamente questa visione dell’apprendimento e del sapere è entrata in crisi: la più avveduta pedagogia e didattica si muovono su traiettorie culturali riassunte dallo slogan della “educazione permanente”, precorse e anticipate dal pregnante diciu sardo di cui parlavo all’inizio.

Di qui le campagne di studio rivolte a giovani e meno giovani inseriti già nel circuito lavorativo; di qui le esperienze, in qualche modo paradigmatiche, delle Università della Terza Età.

 Su queste circolano molti luoghi comuni: molti pensano a corsi di recupero rivolti a qualche anziano volenteroso che non ha avuto la fortuna di intraprendere o concludere gli studi: niente di tutto questo.

   Nelle Università della terza età si fa ben altro. Ho presente in modo particolare quella di Sanluri che quest’anno ha raggiunto ben 221 iscritti. Presieduta dalla professoressa Vincenzangela Fenu, che dopo decenni di insegnamento di latino e greco nei licei, con passione affronta questa nuova esperienza, in essa certo si impara l’Inglese e l’Informatica, la Letteratura e la Storia sarda e italiana, il Diritto, la Psicologia e l’Arte. Ma si tengono anche corsi di educazione all’ascolto della musica o sulla ceramica o come confezionare costumi o cestini per il pane. Inoltre si organizzano viaggi e convegni: particolarmente interessante quello sulla Storia della maschera con relativa Mostra. E si affrontano temi come il divorzio e l’aborto, la fecondazione assistita o il piano urbanistico comunale. Ci si incontra certo per “imparare”, ma anche per stare insieme, discutere, socializzare, sconfiggere l’idea – tipica di una società tutta giocata sul produttivismo industrialista – che l’anziano debba solo aspettare, magari in solitudine, la fine della sua esistenza, e non possa invece continuare ad imparare e a vivere  gioiosamente, con gli altri e per gli altri. Sconfiggendo depressione  e angosce.

 

(Pubblicato su Il Sardegna dell’1-11-08)

 

S’omine morit imparande.ultima modifica: 2008-11-06T08:07:21+01:00da
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