IL NATALE SARDO IL NATALE DI CAMBOSU

IL NATALE SARDO IL NATALE DI CAMBOSU
di Francesco Casula.
Salvatore Cambosu in Miele Amaro, il suo capolavoro, -che possiamo, considerare un’antologia, un catalogo generale dell’identità sarda, della sua storia e della sua civiltà – ora come etnologo e antropologo, ora come demologo e storico, ma soprattutto come narratore e poeta, racconta dall’interno, dal sottosuolo, facendosi portavoce del popolo, una sardità non mitizzante ma ancorata alla realtà. E con essa descrive riti e tradizioni. Fra i tanti temi a lui molto cari e tra i più frequentati vi è il Natale. Ecco cosa scrive in proposito nel capitolo Poesie Natalizie liete e tristi :« Da secoli, ogni anno, nella notte di Natale, il popolo sardo dalle contrade pastorali alle pianure dei contadini, nelle chiese illuminate, nenie anonime, ora langui¬de ora dolorose. Esse si arrestano alle porte delle nostre città, in qualcuna sono ospitate, appena come curiosità pit¬toresche. Certo, ci vuole proprio un villaggio perché un bambino come Gesù possa nascere ogni anno per la prima volta. In città non c’è una stalla vera con l’asino vero e il bue; non si ode belato, e neppure il gri¬do atroce del porco sacrificato, scannato per la ricorrenza. In città è persino tempo perso andar cer¬cando una cucina nel cui cuore ne¬ro sbocci il fiore rosso della fiamma del ceppo. E infine, con tante luci che vi oscurano le stelle, è troppo pretendere attecchisca la speranza che, alla punta di mezzanotte, i cie¬li si spalancheranno e dallo squar¬cio s’affaccerà una grotta azzur¬ra con den¬tro il trono di Dio, e Dio come il sole. Aria da Vangeli apocrifi nei villaggi, e l’attesa dei prodigi non è turbata dagli antichissimi canti. Dal nord al sud, da levante a ponente. Chi voglia ascoltare le launeddas non vada tra i pastori, che non le conoscono, e sembra una stranezza: vada invece tra i contadini dei Campidani. Lassù, tra i monti, a Martis e Aggius, una stella si muove da un punto all’altro della chiesa. Nurchis delega San Giuseppe a cantare questo fram¬mento d’un dramma sulla Natività (o sulla fuga in Egit¬to?): Alluggetemi Maria / molta di fritt’e istracca; / vi lassu in pren¬da la acca / fatta de maccia spinosa. / Semu Giuseppe e la Sposa / cun Gesù in compagnia … Alloggiatemi Maria / morta di freddo e sfinita / vi lascio in pe¬gno un cancello / fatto di rovo spinoso. / Siamo Giuseppe e la Sposa / con Gesù in compagnia. Alcuni di questi frammenti si sono associati ai canti delle feste pagane delle Calende, formando un genere di poesia ibrida che in qualche villaggio viene ancora canta¬ta ed eseguita mimicamente per le strade. Gruppi di per¬sone percorrono le vie cantando e fermandosi alla porta d’ogni casa, in attesa del «donum calendarium». Dàtemi su calendariu / chi siat bonu e manno / chi mi duret un’annu / un’annu e una chida / chi a posta so’ bennìda / pro bo lu cherre’ cantare. / Già isco chi lu tenides / si mi nde cherides dare / de su chi hazis in domo … Datemi il dono calendario / che sia buono e grande / che mi du¬ri un anno / un anno e una settimana / che apposta san venuta / per volervelo chiedere in canto. / So di certo che lo avete (che ne dispone¬te) / se me ne volete dare / di quanto avete in casa … E continua con l’episodio della Natività: Otto dies est a como / chi su Segnore est naschìdu / a cantare est bessìdu / minoreddu e tantu abbistu. / In nomen de Gesù Cristu e de sa mama Maria … Otto giorni fa a oggi / il Signore è nato / è uscito (di casa) a cantare / bambinello e (già) tanto vispo. / In nome di Gesù Cristo e di sua madre Maria. Qua e là si cantano i gosos natalizi – i quali sono quasi certamente derivati dai «Cori» che rappresentava¬no una parte importantissima nei drammi sacri dei secoli scorsi e formavano due gruppi: uno di quelli che erano veri e propri cori; l’altro dei «Ninnidos de Nostra Sennora» canti della culla, eseguiti da un solo personaggio nelle an¬tiche rappresentazioni, e precisamente dalla Madonna. E, per quanto oggi si cantino in coro, essi hanno conservato la forma dell’antica ninnananna religiosa. (Secondo lo Spa¬no, antichissimo è in Sardegna il senario, perché adatto a una naturale modulazione e al suono delle launeddas). Senario ritornello Celesti, tesoru / d’eterna allegria / dormi vida e coru / riposa nnia. Celeste tesoro / d’eterna allegria / dormi vita e cuore / riposa ninna nanna. ————————— Dormi cun riposu / dormi fillu miu / divinu pippiu / de su mundu gosu / fillu graziosu / de s’anima mia. Dormi con riposo / dormi figlio mio / divino bambino / del mon¬gaudio / figlio grazioso / dell’anima mia. Secondo ritornello in settenari: Su veru Redentore / passat da-e sas alturas / cagliadebos crea¬: / ca dormit su Segnore. Il vero Redentore / passa dalle alture / fate silenzio creature / hé dorme il Signore. ———————————- Strofe sole lustrosu / Ninnia, sole ermosu / lassa su lagrimare / ca est ora de lis dare a sos ojos reposu / dormi d’eternu resplendore. Ninna nanna sole splendido / cessa di lacrimare / ché è tempo di dare / agli occhi riposo / dormi sole abbagliante / d’eterno splen¬dore. E invece in un Racconto, Il Natale in Sardegna scrive «Nei miei ricor¬di non c’è posto per un Natale senza neve. Il Bambino nasceva ogni anno, in quella chiesa pisana, intie¬pidita dal calore della folla, tra una sparatoria, un abbaiare e uno scam¬panio frenetico. Nevicava. Le donne, inginocchiate sul pavimento nudo, cantavano …. Tutto ormai era a po¬sto. La stella d’Oriente, che aveva viaggiato per gioco di fili dal porto¬ne al tabernacolo, dove c’era il pre¬sepe nascosto da una tendina, ades¬so era a perpendicolo sulla testa del celebrante. La tendina rimossa, il Bambino sgambettava nudo, e Ma¬ria era china sulla culla di paglia. La felicità poco durava. Di punto in bianco le donne intonavano, in no¬me suo, un’altra ninna nanna: il cuore materno, a tanto breve di¬stanza dal primo vagito del Bambi¬no, già presagiva tra i ceri accesi e il profumo degli incensi, l’ombra della Croce sul nudo Calvario».
 
 
 
 
 
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IL NATALE SARDO IL NATALE DI CAMBOSUultima modifica: 2022-12-16T09:29:52+01:00da zicu1
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