“Racconti sardi. Grazia Deledda” ce li racconta Francesco Casula

“Racconti sardi. Grazia Deledda” ce li racconta Francesco Casula

 

Catartica Edizioni ha pubblicato 6 straordinari Racconti di Grazia Deledda, di cui ho scritto la Prefazione. Ecco alcuni stralci.

Occorre ricordare che Deledda frequenta solo le scuole elementari, dopo è autodidatta e impara a scrivere, più che dai libri, ovvero dalla scuola propria, dalla scuola impropria, (per utilizzare il lessico di Michelangelo Pira), ascoltando i racconti degli anziani, specie dei pastori negli ovili, dove accompagnata da un fratello e dai cugini, spesso si recava. E’ lei stessa a riferirci che ai libri preferiva l’ascolto di storie meravigliose e fantastiche, specie in inverno, davanti al caminetto, nelle notti interminabili. Istorias ispantosas di cui scrive in questi sei Racconti: di amori impossibili (Di Notte); di superstizioni, di incantesimi e di magie (Il Mago e Ancora Magie); di leggende, di streghe e avventure cruente e inverosimili (La Dama bianca); di amori disperati (In Sartu). Istorias maravizosas descritte con una potenza narrativa impareggiabile, con una parola che signoreggia e lievita e incentiva il pensiero e l’immaginazione oltre il dettato asciutto ed essenziale. Ma non si tratta della parola d’annunziana, del “verbo” che è tutto. Ovvero di pura forma, ridotta a orpello o decorazione, a musica o immagine ridondante, semplice prodotto estetico o luccicore sontuoso. Certo il rischio è presente. Come talvolta è presente l’enfasi e il compiacimento idillico, nella descrizione della natura e del paesaggio sardo, dei suoi colori e odori e profumi:”C’era un fresco incantato, là sotto. Dai massi sovrapposti dell’altura piovevano grandi grappoli di rovi verdeggianti e di biancospino fiorito. Le rose canine, diafane, sfumate in colore d’ambra, olezzavano acutamente, e il ruscelletto attraversava gorgogliando il sentiero per poi sparire tra le alte ferule anch’esse fiorite, di cui Manzèla teneva ancora un grosso e lungo gambo fra le mani”. Ma in genere evita tale rischio, perché la descrizione della natura non è fine a se stessa ma fa da sfondo e contesto in cui inserisce e rappresenta gli stati d’animo dei suoi personaggi: “Filando ritta sulla porta, Saveria vedeva il mare in lontananza, nell’estremo orizzonte, confuso col cielo di platino in estate, nebbioso in inverno: cucendo presso la finestra scorgeva una immensità di vallate stendentisi ai piedi delle sue montagne, e sentiva il caldo profumo delle messi d’oro ondeggianti al sole, e il sussulto del torrente che scorreva fra le rocce e i roveti montani. In quella casa piccina e nera, col tetto coperto di musco giallo e rossastro, ombreggiata da un vecchio pergolato, fra tanta festa di cieli azzurri e di immensi orizzonti silenziosi, da due anni, Saveria scorreva la vita più felice che si possa immaginare, accanto al suo giovane sposo dai grandi occhi ardenti e le labbra rosse come i frutti delle eriche fra cui conduceva i suoi armenti, la sola sua ricchezza. Si chiamava Antonio. Anch’esso dacché aveva sposato la piccola signora dei suoi sogni da pastore, viveva felicissimo…” . La felicità di Saveria e Antonio, ben si armonizza con la natura e il paesaggio solcati come sono da lampi di magia che creano nel lettore stati d’incanto, come se avesse attraversato un paese sereno e felice. O quando il sole già alto riflette e simboleggia «l’ardore» di Predu:”Il sole, già alto, dardeggiava la pianura, e Predu sentiva il sangue ondeggiargli ardente, a sbalzi, a meandri, a vampate, infiammandogli il viso e la testa. Manzèla invece, tirato il fazzoletto su gli occhi, proseguiva tranquilla, col viso dorato, composto come quello di una madonnina latina del Quattrocento. La luce intensa dell’aperta campagna dava un riflesso chiarissimo ai suoi grandi occhi, rendendoglieli quasi grigi e trasparenti, e Predu, guardandola intensamente, si sentiva morir dalla voglia di prendersela fra le braccia, come un piccolo agnello bianco e spaurito, e di coprirla di baci”. Sei racconti da leggere, da gustare e da assaporare, da godere: certo per la cifra letteraria, artistica ed estetica. Ma anche dal punto di vista etnico, etnologico e antropologico. E finanche storico.

“Racconti sardi. Grazia Deledda” ce li racconta Francesco Casulaultima modifica: 2020-06-01T17:46:49+02:00da zicu1
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