COMPRA SARDO
E FAI CRESCERE
LA TUA TERRA
di Francesco Casula
Durante la dominazione romana la Sardegna era il granaio dell’Impero. Sfamava non solo gli eserciti ma le plebi della Capitale. Cui il senato, per cloroformizzarle e depotenziare possibili tentazioni ribellistiche, offriva appunto panem (sardum) oltre che circenses. Ancora nel 1612-13 le esportazioni sarde per il 94% consistevano nel grano. E ancora nel 1883 la Sardegna – prima della rottura dei trattati doganali con la Francia, operata dalla visionaria e delirante politica crispina che faranno crollare i prezzi dei prodotti agricoli – esporta nel resto d’Italia ma soprattutto in Francia ben 35.000 bovini oltre che carni, formaggi, pelli e lana. E oggi? I sardi spendono 18 milioni l’anno per acquistare pane forestiero e pre-cotto. E su dieci bistecche che comprano e consumano ben sette sono d’importazione. Le stesse percentuali – e forse persino maggiori – riguardano la frutta e gli ortaggi sempre più spagnoli, francesi e sudamericani. Il tutto per impoverire ulteriormente la Sardegna e i Sardi. I cui soldi, vieppiù s’involano altrove: in Italia ma più spesso fuori, all’estero. Ma anche per ammalarli, avvelenandoli con cibi, spesso, spazzatura. Contaminati. Con le carni gonfiate dalle bioproteine. Per cercare di combattere tali processi, quanto mai opportuna arriva l’iniziativa “COMPRA SARDO”, promossa dal Comitato Identità e Futuro, dalla Coldiretti Sardegna e altre associazioni, con una proposta di legge di iniziativa popolare corredata da ben ventimila firme per tutelare i territori e difendere l’economia sarda. “Puntando sulle produzioni tradizionali da valorizzare sul mercato e rendendo evidenti le specifiche identità con l’etichettatura”: hanno sostenuto Modesto Fenu, Presidente del Comitato Identità e Futuro nonché combattivo consigliere sardista della Provincia di Cagliari, e Marco Scalas della Coldiretti. Sarebbe veramente una svolta – è sempre Fenu ad affermarlo – se la filiera agroalimentare avesse finalmente un marchio unico, identitario e di qualità. Vorrebbe dire sbarrare la strada una volta per tutte alle contaminazioni e ai tentativi sempre più selvaggi di plagio. Difficile non convenire e, in toto. Ora tocca al Consiglio regionale: che discuta e approvi nel minor tempo possibile la proposta di legge. Non vorremmo infatti che venga riposta e dimenticata in qualche cassetto polveroso del Palazzo.
Pubblicato su SARDEGNA QUOTIDIANO DEL 4-1-2012