Garipa

 

 

Garipa, un letterato dimenticato dai Sardi

 

di Francesco Casula

 

“Il sardo non è un dialetto ma una lingua a sé quantunque non abbia una grande letteratura”. Questa frase è contenuta in una lettera, scritta da Gramsci alla sorella Teresina dal carcere. In essa l’intellettuale sardo rivela una serie di intuizioni formidabili sul ruolo del Sardo. Sbaglia però Gramsci in merito alla lingua sarda che non avrebbe prodotto “una grande letteratura”. La verità è che lui non la conosceva e ancora oggi la produzione in Limba è sostanzialmente sconosciuta e interrata. Gli esempi sono innumerevoli, ma mi piace segnalarne uno in particolare: quello di Gianmatteo Garipa, il più grande scrittore in lingua sarda del secolo XVII.

Garipa nel 1627 pubblica a Roma su Legendariu de Santas Virgines et Martires de Jesu Cristu, una serie di racconti tradotti dall’Italiano pro s’utile dessos devotos dessa natione sua. Di estremo interesse sono le motivazioni che apporta per spiegare il perché dell’utilizzo del Sardo: tutte le nazioni –sostiene- scrivono e stampano i libri nelle proprie lingue naturali, e dunque  anche la Sardegna, in quanto nazione, deve scrivere i suoi libri in Sardo. Anche perché si tratta di una lingua che occorre certo arricchire e affinare, ma non è inferiore alle altre lingue neolatine. Anzi, proprio perché è la più vicina al latino è degna di essere utilizzata: nexuna de quantas limbas si platican est tantu parente assa latina formale quantu sa Sarda.

Essa inoltre è clara e intelligibile, naturalmente se iscrita e pronunciada comente convenit.

 

(pubblicato  su Il Sardegna il 20-2-08)

Garipaultima modifica: 2008-03-06T07:25:00+01:00da zicu1
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