Ritornare al monolinguismo?

Ritornare al monolinguismo?

 

di Francesco Casula

La Camera dei deputati ha approvato a larghissima maggioranza un disegno di Legge costituzionale, per riconoscere l’Italiano come Lingua ufficiale della Repubblica. Hanno votato contro solo la Lega Nord e Rifondazione comunista. Si è così creata una sorta di unione sacra che ha visto alleati –alla faccia del bipolarismo e dell’alternatività dei due poli- DS e Margherita, AN e Forza Italia con cespugli vari. Tutti insieme, appassionatamente, in nome di un neocentralismo linguistico e culturale: compresi molti deputati sardi. Evidentemente dalla lingua biforcuta. Che in Sardegna parlano il linguaggio dell’Autonomia e del Federalismo, di Lingua sarda e di valorizzazione della cultura locale e a Roma invece si intruppano nei rispettivi Partiti, che ancora una volta hanno mostrato il volto di sempre: biecamente statalista e italocentrico. Con avvedutezza i Costituenti –e parlo di Einaudi, De Gasperi, e Togliatti- non avevano formalizzato il monolinguismo nella Costituzione, lasciando le porte aperte ad altre lingue: pensavano sicuramente alle regioni di frontiera (Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, in cui sarà presente e praticato il bilinguismo) ma probabilmente non escludevano che anche in altre regioni, certo insieme all’italiano, fossero adottate a livello ufficiale, altre lingue. Per quanto riguarda la Lingua sarda dovremo aspettare ben cinquant’anni perché venga riconosciuta e valorizzata: prima con la Legge regionale n.26 del 15 Ottobre 1997 e poi con la Legge statale n.482 del 15 Dicembre 1999. La Legge 26 riconosce al Sardo “pari dignità rispetto alla lingua italiana”; quella dello Stato va oltre: riconosce e tutela i sardi come minoranza linguistica, in attuazione dell’articolo 6 della Costituzione. Si tratta di un riconoscimento che si fonda sul diritto personale e collettivo di una comunità etno-linguistica, la cui lingua gode di pari dignità e, almeno per ora, di pari opportunità solo parziali. A parte il possibile uso nell’amministrazione e nei media, la lingua sarda gode ai sensi della legge 482 di una condizione privilegiata all’interno della scuola: infatti in quella primaria e in quella secondaria di primo grado è possibile insegnare il Sardo ma soprattutto insegnare in Sardo le diverse discipline del curriculum scolastico, nella convinzione che l’acquisizione del sapere e la formazione possano avvenire indifferentemente in Italiano e/o in Sardo. Ne risulta così un panorama nuovo dell’istruzione in Sardegna, che assume la lingua come elemento costitutivo dell’identità e della cultura. Questa prospettiva merita un’attenzione particolare non solo per le sue valenze culturali e identitarie, ma anche per le sue implicazioni economiche e occupazionali. Ebbene la Camera dei deputati con l’approvazione del disegno di legge vorrebbe cancellare quanto faticosamente si è ottenuto sul versante del bilinguismo in Sardegna e non solo. Pensavamo che il paradigma “una lingua, uno stato” appartenessero a tempi bui e ormai consegnati al passato. Dobbiamo prendere invece atto che la maggioranza del Parlamento italiano, a quei tempi è ancora legato e abbarbicato. Nei paesi più grandi e democratici d’Europa e del mondo (Spagna, Stati Uniti, Canada,etc) il bi/multilinguismo da decenni è ormai assodato e operante. Anzi, la pluralità linguistica è tutelata e riconosciuta. I gruppi dirigenti, colti e civili lo capiscono. E lo ha ben capito anche la Chiesa cattolica, che con il Concilio Vaticano II ha riscoperto le ragioni della pluralità linguistica, promovendo in tutto il mondo esperienze di alfabetizzazione nelle lingue native. L’onda del pluruilinguismo va avanti nelle nostre società e un freddo studioso di prospezioni economiche come John Naisbit, prevede una crescita ulteriore dei fattori di plurilinguismo. Il parlamento italiano invece è fermo al monolinguismo. Si dirà che la lingua sarda continuerà ad essere valorizzata. Ma questo è il punto: non si tratta solo di valorizzarla ma di utilizzarla socialmente, ufficialmente: costringere l’uso del Sardo in ambito privato –ha scritto l’antropologo Bachisio Bandinu- significa solo <biascicare parole per saziarsi di esse>. Quando invece il parlare è un’operazione sociale e politica che attiene alle basi materiali della significazione e della comunicazione, in ogni sfera delle situazioni di vita e degli accadimenti storici. Che i nostri deputati non pensino ancora che il bilinguismo attenti all’Unità dello Stato?!  (Pub         Unione Sarda del 3-4-07)

Ritornare al monolinguismo?ultima modifica: 2007-06-25T09:55:00+02:00da zicu1
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