Carlo Felice

Risposta a un amico

SULLO SPOSTAMENTO DELLA STATUA DI CARLO FELICE

di Francesco Casula

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Un amico virtuale, Libero Parsifran, mi scrive una Lettera aperta in cui, dopo aver riconosciuto la bontà delle mie posizioni nel denunciare gli errori e gli “orrori” di certa storiografia, tutta tesa a mistificare (quando non falsificare o, semplicemente interrare) la storia sarda, con garbo manifesta la sua non condivisione dello spostamento della statua di Carlo Felice.

Il professor Giuseppe Melis, promotore del Comitato, nato il 28 aprile scorso, con l’obiettivo appunto di spostare la statua del re ottuso e sanguinario, con dovizia di argomentazioni e motivazioni ha risposto ai dubbi dell’amico Libero Parsifran. Da parte mia vorrei dunque sottolineare solo alcuni aspetti attinenti alla vexata quaestio:

  1. Le statue dei tiranni, peraltro volute e innalzate da loro stessi o dai loro pretoriani ed ascari,ma certamente non dai popoli, si abbattono. Così è stato storicamente. Bene: che facciamo a fronte della statua di Carlo Felice, che ancora campeggia, in bella mostra, al centro di una Piazza della capitale della Sardegna? La lasciamo dove sta, perché ormai fa parte della storia e dell’architettura cagliaritana?

Io penso di no. Nella storia non c’è niente di irreversibile. Né di intoccabile. Anche perché la storia non è necessariamente un processo razionale, come pensava e teorizzava il grande filosofo tedesco Georg Wilhelm Friedrich Hegel (ciò che è reale è razionale). Dunque oggi, se i cittadini cagliaritani e i suoi rappresentanti lo vogliono, si può decidere di “correggere” un ciclopico errore storico.

Le statue i popoli le innalzano e le dedicano ai loro eroi, a  sas feminas e a sos omines de gabale (alle donne e agli uomini di valore): non ai loro carnefici. Quella statua è un insulto, un offesa per l’intero popolo sardo ma soprattutto per le centinaia di vittime: di democratici sardi, impiccati, fucilati, condannati al carcere a vita, perseguitati. Solo perché combattevano per la libertà. Contro l’odioso sistema feudale e la tirannide di Carlo Felice, il peggiore fra i sovrani sabaudi. Egli infatti da vicerè come da re fu crudele, feroce e sanguinario (in lingua sarda incainadu), famelico, gaudente e ottuso (in lingua sarda tostorrudu). E ancora: Più ottuso e reazionario d’ogni altro principe, oltre che dappocco, gaudente parassita, gretto come la sua amministrazione, lo definisce lo storico sardo Raimondo Carta Raspi. Mentre per un altro storico sardo contemporaneo, Aldo Accardo, – che si basa sulle valutazioni di Pietro Martini – è Un pigro imbecille.

Scrive il Martini (peraltro storico filo monarchico e filo sabaudo):”Non sì tosto il governo passò in mani del duca del Genevese, la reazione levò più che per lo innanzi la testa; co­sicché i mesi che seguirono furono tempo di diffidenza, di allarme, di terrore pubblico”.

Rimuovere la statua di un tiranno significa dimenticare la storia? Sconvolgere l’architettura di Cagliari?

Noi del Comitato proponiamo di “rimuovere” la statua per collocarla in un Museo: non di abbatterla. La riteniamo infatti un “manufatto”, persino con elementi di “bene culturale”, architettonico, scultorio. E’ dunque giusto che venga conservato e non distrutto. Ma non esibito. Esposto in una pubblica Piazza. Come fosse un eroe da omaggiare e non un essere spregevole, oggetto di sprezzo e ludibrio.

Lo spostamento di quella statua, sarebbe un evento formidabile per l’intera Sardegna: innescherebbe processi di nuova consapevolezza identitaria e di  autostima. E insieme – dato a cui sono estremamente interessato – potrebbe favorire la curiosità, il risveglio e l’interesse per la storia sarda. 

  1. Per quanto attiene alla questione sulla “Nazione” italiana, il discorso sarebbe troppo lungo. Rimando ad altri miei scritti e allo stesso libro su “CARLO FELICE E I TIRANNI SABAUDI”.

Schematicamente: l’Italia è uno stato non una nazione. Il sogno di D’Azeglio: fatta l’Italia (lo stato intendeva), facciamo gli italiani (ovvero la nazione italiana), è miseramente fallito.

Era un sogno impossibile: la nazione può diventare stato: così è successo nella storia. Ma nutro seri dubbi che lo stato diventi nazione: quello italiano comunque non lo è diventato. L’unica strada che ha davanti è che riconosca le nazioni presenti al suo interno (fra cui

quella sarda) e diventi uno stato plurinazionale e confederale. Il fallimento dello stato “unitario” è sotto gli occhi di tutti: negando e opprimendo le nazioni presenti, con le loro peculiarità etno-storiche, culturali, linguistiche ecc. sarà viepiù “diviso”.

  1. Io sarei “ostile” verso gli storici e storiografi che “mistificano” la realtà storica? Non ostile, semplicemente critico, fortemente critico e indignato:segnatamente quando a omettere, censurare,mistificare e falsificare la nostra storia sono gli storici sardi.
  2. Io “rancoroso” verso la storia? Nemmeno per sogno. Nessun ripiegamento nostalgico o risentito verso il passato: ma il passato sepolto, nascosto, rimosso, si tratta prima di tutto di dissotterrarlo e conoscerlo, perché diventi fatto nuovo che interroga l’esperienza del tempo attuale, per affrontare il presente nella sua drammatica attualità, per definire un orizzonte di senso, per situarci e per abitare, aperti al suo respiro, il mondo lottando contro il tempo della dimenticanza. Un passato che – solo apparentemente perduto – occorre ritrovare perché è durata, eredità, coscienza. In esso si innesta infatti il valore dell’Identità, non statico e chiuso, non memoria cristallizzata ma patrimonio che viene da lontano e fondamento nel quale far calare nuovi apporti di culture, di vite individuali e sociali che determinano sempre nuove identità.
Carlo Feliceultima modifica: 2016-12-27T15:01:31+01:00da zicu1
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