Sul 25 Aprile meno polemica e più memoria.
di Francesco Casula
Un 25 aprile zeppo ancora di polemiche. Si dirà: per responsabilità anche di chi vuole riproporre una ricorrenza datata, roba vecchia, in quanto il Fascismo è morto e servirebbe solo all’antifascismo per vivere di rendita, parassitariamente. Si dirà ancora che occorre finalmente una “pacificazione” fra i due fronti opposti e che su tutti i morti, della Resistenza come della Repubblica sociale italiana di Salò, occorre riversare la nostra pietas. Certo: è morto il fascismo storico. Ma pensiamo veramente che siano morte e sepolte le coordinate ideologiche, culturali e persino economiche e sociali che hanno fatto nascere, alimentato e fatto crescere e vivere il fascismo? Pensiamo sul serio che la cultura – o meglio l’incultura – della guerra e della violenza, del sopruso, della sopraffazione e dell’intolleranza, dell’ipocrisia e del perbenismo, del servilismo e dell’informazione addomesticata e velinara, sia morta per sempre? Certo per tutti i morti di quella vicenda tragica non possiamo che nutrire tutta intera la nostra pietas: ma per favore senza metter sullo stesso piano oppressi e oppressori; chi si batteva per la libertà e chi invece ce la voleva togliere ed eliminare. Tener viva la memoria e la verità significa ricordare infatti a chi lo dimentica e a chi non l’ha mai saputo che la Repubblica sociale, fu uno stato fondato sulla tortura, sulla persecuzione razziale e politica, sulla distruzione fisica degli avversari, sulla delazione: né settanta né cento anni bastano a cancellare tutto questo. E chi ancora inneggia a quello stato fantoccio dei nazisti non ha diritto di cittadinanza in un mondo libero. Come non hanno diritto di cittadinanza quei cialtroni e falsari che autoaccreditatisi storici, vorrebbero persino cancellare e azzerare l’olocausto e i lager, negandone addirittura l’esistenza. Evidentemente Primo Levi, nei suoi deliri onirici si è inventato Auschwitz e tutti gli storici hanno fantasticato su ben 900 campi di sterminio e di concentramento disseminati soprattutto in Germania e nell’Europa orientale ma anche in Italia (Fossoli, Bolzano, Trieste, Borgo San Dalmazzo). Che si continui dunque nella celebrazione del 25 aprile come Festa della Liberazione ma soprattutto come momento e occasione di studio, di discussione sul nostro passato che non possiamo né rimuovere, né recidere né dimenticare.
Pubblicato su SARDEGNA Quotidiano del 25 aprile 2012