Michelangelo Pira e la rivoluzione anagrafica
di Francesco Casula
Michelangelo Pira nella Premessa a quel saggio magistrale che è <La rivolta dell’oggetto>, ci parla di un bambino di un paese della Barbagia, che in prima elementare, il primo giorno di scuola, si sentì dire che il suo nome e il suo cognome non erano quelli che credeva di sapere fin dalla nascita e con i quali fino a quel momento era stato «chiamato» da tutti, riconosciuto e istituito come soggetto: ma erano altri. Nei quali si sentì trattare come un alunno-oggetto e nei quali faticò non poco a riconoscersi e a re-istituirsi come soggetto.
Quel bambino, -che poi è lo scrittore stesso- che per tutti era sempre stato fino ad allora, Mialinu de Crapinu: per la famiglia come per la comunità ma soprattutto per se stesso, a scuola, nella scuola “ufficiale”, dello Stato, si sente nominare Pira Michelangelo. Di qui la lacerazione e la mutilazione culturale prodotta dalla negazione della sua identità, specie linguistica.
L’attualità di questi giorni ci ripropone il problema denunciato da Pira, risolto questa volta positivamente: il leader di Sardigna Nazione, Sebastiano Cuspostu, ha chiesto e ottenuto che anche nella carta di identità –e dunque anche per lo Stato e la burocrazia- il suo nome sia Bustianu e non più Sebastiano, ovvero nella propria lingua madre, il Sardo, e non nella lingua ufficiale dello Stato, l’Italiano.
Il cambio del nome è stato possibile –oltretutto senza alcuna spesa- grazie all’articolo 11 della Legge nazionale 482 del 1999 che tutela le minoranze linguistiche.
(Pubblicato il 6-6-07 su Il Sardegna)